L’arrivo dei vari contingenti crociati alle porte di Costantinopoli si protrasse lungo un periodo di diversi mesi poiché, alla chiamata alle armi di Papa Urbano II e alla predicazione di Pietro l’Eremita, non si era formata e raggruppata un’unica massa di armati ma i diversi fanti e cavalieri seguirono i propri signori e principi.

Ogni condottiero aveva infatti il proprio seguito e, oltre al supremo ideale religioso, covava più o meno intensamente un personale e concreto interesse in quella spedizione, cosa che nel prosieguo della Crociata avrebbe poi creato diverse tensioni in merito al comando e alla linea di condotta da seguire: la “Crociata degli straccioni” di Pietro l’Eremita e Goffredo di Buglione con le forze della Lorena giunsero da Nord, lungo la vecchia strada militare che dalla Germania meridionale entrava in Ungheria, gli eserciti della Francia settentrionale guidati da Stefano di Blois, Roberto di Normandia e Roberto di Fiandra scesero l’Italia per imbarcarsi per Durazzo, come fecero anche i Normanni di Boemondo, che non molto tempo prima avevano guerreggiato contro il Basileus ed erano visti con forte sospetto dai Romani, mentre, infine, Raimondo di Saint Gilles marciò con i Crociati della Francia meridionale lungo la Dalmazia.

Alessio I Comneno era conscio del fatto che le schiere che convergevano verso la capitale non venivano per mettersi agli ordini e al servizio dell’Imperatore e la presenza dei Normanni e le notizie di incidenti e saccheggi lungo il territorio romano attraversato non avevano fatto altro che accrescerne i timori e la cautela per quella grande spedizione, inizialmente concepita contro i Turchi per restaurare il limes orientale ma che guardava con sempre più trepidazione a Gerusalemme e alla liberazione del Santo Sepolcro.

I primi ad arrivare a Bisanzio dunque furono i cosiddetti “straccioni”, dipinti per molto tempo dagli studiosi solo come masse indisciplinate dedite al saccheggio e non solo (vengono loro addebitati i pogrom di Giudei in Renania) ma che certamente vi facevano parte anche signori di un certo lignaggio col proprio seguito di armati.

Il problema degli “straccioni”, folla eterogenea di poveri, volenterosi, avventurieri e fanatici, era la carenza di logistica e mezzi finanziari che li spingeva a trovare in loco, anche con le ruberie, una qualche forma di vettovagliamento causa che portò il Basileus a garantire loro un rapido trasbordo in Anatolia e un minimo di rifornimenti.

Questa prima spedizione ebbe vita brevissima, stroncata nel sangue dai Selgiuchidi.

Il secondo gruppo crociato ad arrivare a Costantinopoli fu quello di Ugo di Vermandois, fratello del re di Francia. Alessio lo accolse con tutti gli onori e, dopo un primo tentennamento, Ugo gli prestò giuramento come suo vassallo: tale fatto costituì un precedente per tutti i Crociati che giunsero successivamente, ai quali il Basileus chiedeva homagium et fidelitas (condizione necessaria per poter essere trasportati in Asia dalle navi imperiali).

Alessio I riuscì quindi, con uno sforzo relativamente limitato, ad affermare le proprie richieste sui capi crociati e ad ottenere una delicata supremazia in cambio di sostegno logistico e di guide per attraversare l’Asia Minore. Non si conosce nel dettaglio i testi degli accordi ma in generale si ritiene che il fulcro del patto ruotasse all’impegno di restituire all’Imperatore tutti i territori che un tempo facevano parte dell’Impero. I Crociati, secondo il giuramento di vassallaggio, avrebbero avuto in cambio terre e rendite.

Quanto poteva considerarsi estendibile la pretesa territoriale? Si consideravano come territori perduti dai Romani quelli prima o dopo il 1071? E la Terra Santa dunque?

Alessio, si ritiene, non esternò comunque in maniera esplicita la portata delle pretese in modo tale da renderle interpretabili in base ai successi che la spedizione avrebbe colto ed inoltre, preoccupato più di garantirsi la fedeltà giuridica dei Crociati, non si curò di capire cosa rappresentasse per i cavalieri occidentali il rapporto di vassallaggio, in cui un signore concedeva una terra già in suo possesso e non era nell’onere del vassallo doversela guadagnare con le armi, cosa che nel diritto bizantino non era contemplato dato che era il Basileus a concedere secondo propria discrezione privilegi e indulgenze.

Le due parti trattarono in base alle loro rispettive tradizioni e abitudini mentali e questo portò al grosso conflitto che condizionò tutta la Crociata: le esigenze di sicurezza e i diritti arrogati da Costantinopoli collidevano con le aspettative dei cavalieri.

Il raggiungimento di un accordo fu comunque un sollievo per tutti e nell’estate del 1097, partendo dalla base di Kibotos, Crociati e Romani iniziarono a dirigersi verso i territori selgiuchidi.

La prima tappa fu la città di Nicea, metropoli che fu sede di due Concili e ora posta a capitale del sultanato turco. Una conquista militare della città avrebbe garantito il diritto dei Crociati al saccheggio ma né Alessio I né gli abitanti erano intenzionati a permettere tale scempio e così, mentre la guarnigione selgiuchide abbandonava la fortezza, le aquile imperiali vennero issate sulle mura.

Dopo questa prima vittoria e un ultimo incontro tra i comandanti e il Basileus presso Pelecano, l’esercito crociato, affiancato da un contingente romano guidato da Taticio, riprese l’avanzata.

A Dorileo ci fu una grande battaglia che vide ancora la sconfitta dei Turchi e permise la liberazione della regione occidentale dell’Asia Minore; poi l’armata scese lungo le antiche strade militari verso Iconio e la Cappadocia, contrade deserte e infestate da nomadi turcomanni che non si riuscirono a recuperare, per poi giungere alla catena montuosa del Tauro, le cui località abitate da comunità cristiane siriane e armene salutarono con gioia i liberatori.

Quando i Crociati si trovarono di fronte la piazzaforte di Antiochia e il mare (quindi si riallacciarono le comunicazioni dirette con Costantinopoli) si riaprì la questione del rispetto degli accordi poiché Antiochia era una città prospera e molto ambita per via del suo essere termine delle rotte commerciali carovaniere e marittime.

Approfittando delle difficoltà incontrate nell’assediarla e delle notizie dell’avvicinarsi di un esercito turco di soccorso, il normanno Boemondo chiese per sé la città se fosse riuscito a penetrarvi; tale richiesta fu dibattuta dagli altri capi crociati ma si giunse al compromesso di accordarla a Boemondo se non si fosse presentato Alessio a reclamarla.

I Crociati riuscirono effettivamente a fare breccia ma dovettero a loro volta subire un tragico assedio da parte dei Turchi, con la fuga di alcuni cavalieri e dello stesso comandante romano Taticio, che si risolse con l’epico ritrovamento della Santa Lancia che aveva trafitto Gesù durante la Crocifissione e la miracolosa sconfitta degli infedeli.

A quanto pare, Alessio Comneno stava effettivamente giungendo con una spedizione di soccorso ma incontrati i fuggiaschi di Antiochia credette nell’annientamento dei Latini, decidendo di non avventurarsi oltre e di consolidare le recenti acquisizioni costiere.

Si formò quindi il primo principato crociato indipendente in Terra Santa.

La Crociata fu in quel momento sul punto di sciogliersi: Boemondo, appagato di Antiochia, si disinteressò dal proseguire, l’Imperatore era tornato a Costantinopoli, poiché secondo il diritto bizantino non era tenuto a prestare aiuto a tutti i costi, mentre gli altri condottieri posero allo stesso Basileus un ultimatum per farlo finalmente giungere nel Nord della Siria a prendere possesso dei suoi domini.

Passarono mesi e continuò lo stallo: solo nella primavera del 1099 arrivarono degli ambasciatori romani a chiedere la consegna di Antiochia. Boemondo rifiutò e la delegazione imperiale si diresse allora ad Arqa, città assediata dai Crociati.

Le due parti si accusarono reciprocamente di avere infranto gli accordi: gli Occidentali dissero che l’Imperatore non era corso in loro aiuto quando la situazione si era fatta critica mentre i Romani esigevano la riconsegna di Antiochia.

I Romani offrirono allora ricchi doni e la promessa che in capo a due mesi il Basileus si sarebbe presentato con un grande esercito di rinforzo ma ormai si era giunti ad un punto morto perché Boemondo con i suoi Normanni non avrebbe ceduto senza combattere la sua nuova capitale e, in fin dei conti, Alessio I aveva bisogno che i Crociati rimanessero in Terra Santa a fare da cuscinetto contro i Turchi e permettere il consolidamento del limes anatolico.

Fu così che si giunse alla fine definitiva di ogni velleità di proseguire nella comune impresa: Alessio rinunciò ad ogni pretesa sulla Palestina e i Crociati continuarono verso Gerusalemme.

La frattura in quel momento creata non si rimarginò più e fu all’origine di ogni successiva diffidenza, incomprensione ed ostilità tra Occidente e Bisanzio che portarono sciaguratamente prima al Sacco del 1204 e poi al mancato aiuto del 1453.

autore: JACOPO ROSSI

FONTE:

Ralph-Johannes Lilie, Bisanzio la Seconda Roma, Newton Comton Editori, 2006

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