L’imperatore, abbattuto il muro rimasto deserto, li inseguì. Molti caddero, molti di più furono presi: a stento riuscì a sfuggire a tale pericolo Samuele, che si salvò grazie a suo figlio: questi, che resisté valorosamente contro gli assalitori, lo mise su un cavallo e lo mandò nel castello di Prilep. L’imperatore fece accecare i circa quindicimila bulgari che, raccontano, aveva catturato e comandò che i mutilati, a gruppi di cento ognuno dei quali guidato un orbo, tornassero da Samuele.
(Giovanni Scilitze)

Giovinezza

Morto Giovanni Zimisce, che non lasciava eredi, si spalancarono le porte all’avvento al potere di Basilio II di diciotto anni e Costantino VIII di sedici. Erano ambedue figli di Romano II.
I due fratellastri erano molto diversi tra loro, Costantino non aveva nessun interesse per lo stato, mentre Basilio aveva una mente rapida come il lampo ed un’energia inesauribile. Questa sua grande passione per la politica e per l’arte della pugna, lo avevano reso, però, del tutto arido alle arti letterarie. Non possedeva le qualità intellettuali di Leone il Saggio o Costantino Porfirogenito, piuttosto era un freddo calcolatore e un validissimo tattico.
I suoi antichi e famosi parenti, imperatori eruditi, esaltarono, con il dono della loro conoscenza, il cerimoniale di corte, sotto Basilio, invece, esso fu ridotto all’osso. Michele Psello scrive “ ed egli in pubblico o durante le udienze ai funzionari di palazzo era sempre vestito dell’abito di porpora, non già quella troppo accesa, ma quella cupa, qua e là illuminata da poche perle”. Anche nell’aspetto non assomigliava ai suoi avi, piccolo e tarchiato, aveva una foltissima barba e pallidi occhi celesti, un aspetto tutt’altro che regale. La sua figura, invece, veniva esaltata quando montava a cavallo. Era, in effetti, un cavaliere perfetto e sublime. Suo padre era stato un sibarita, Basilio mangiava poco e stava alla larga dalle donne, fu uno dei pochi o forse l’unico Basileus ad non sposarsi mai. Michele Psello scrive di lui “L’iride lucente, era d’un azzurro volto al grigio, e il sopracciglio non era basso e folto, né femminilmente disteso in linea retta, bensi alto, arcuato, e tradiva l’orgoglio dell’uomo. Gli occhi non erano infossati, con qualcosa di furbo e di bieco, e neppure di quelli sporgenti che danno un’aria vacua, ma scintillavano d’un bagliore virile. Il capo pareva tornirsi tutto su di un unico perno in una perfetta sfericità, e gli s’impostava tra le spalle a mezzo d’un collo ben saldo e moderatamente slanciato,….aveva una statura più bassa della media ma la figura era ben proporzionata.”

basilio II

Guerre civili

Quando salì al trono dimostrò tutta la sua forza di volontà. Non volle solamente regnare ma anche governare, come disse Norwich. Relegò suo fratello e co-imperatore, per altro compiacente, al disbrigo delle faccende delle corte.
Subentrarono però due ostacoli: il primo, legato alla parentela più prossima, era incarnato dalla figura di suo prozio  l’eunuco Basilio, figlio illegittimo di Lecapeno. Il secondo problema, molto più astioso, era la difficile prassi della successione al trono. La clamide imperiale non era ereditaria e anche se più volte, gli stessi Imperatori, imposero con la forza la propria discendenza, essa non aveva nessuna base giuridica. Negli ultimi sessant’anni si erano spartiti il diadema ben tre generali, tutti grandiosi e validissimi combattenti e strateghi dell’arte della pugna. Fu grazie alle loro invitte capacità belliche che riuscirono ad imporsi anche nella purpurea corte imperiale.
Poteva, ora, un giovane uomo che Michele Psello definiva come “ancora un giovane cui fiorisce come è detto la prima peluria”, ambire al trono d’oro solo perché porfirogenito?

Il regno di Basilio non poté nascere sotto peggiori auspici. I primi nove anni di governo passarono sotto l’ombra invadente del grande ciambellano, altri tredici furono spesi nel combattere una guerra fratricida. Due generali si misero di traverso contro l’ascesa al trono di Basilio II. Uno si chiamava Bardas Foca , nipote dell’Imperatore Niceforo I, l’altro invece era Bardas Sclero, domestico delle armate d’Oriente, vale a dire il generale più importante del regno.
Il primo a colpire fu Sclero che si fece proclamare Basileus dalle sue truppe, e nell’autunno del 977 aveva già al suo attivo due vittorie significative e l’appoggio della flotta meridionale. Dopo pochi mesi conquistò Nicea e sferrò un attacco anfibio verso la capitale. Sul mare l’esito fu deciso dalla fretta. La flotta del Corno d’Oro era fedele all’imperatore che impiegò pochissimo tempo a respingere gli attacchi.
Una volta respinto il primo tentativo, Basilio si focalizzò sul probabile attacco di terra. Qui fece un nuovo errore tattico, decise, dopo essersi consultato con la corte, di affidare la contropartita imperiale nelle mani di Bardas Foca. La notizia fu il classico “fulmine al cielo sereno”, e apparì strana anche al diretto interessato che però rispose alla chiamata con forza e alacrità. Si tolse il saio, si era fatto monaco da poco tempo, e si mise subito al lavoro. Reclutò con i soldi di Basilio, un  grosso esercito a Cesarea in Capadocia.
La guerra civile durò tre anni.
La battaglia finale si combatté nella primavera del 979. Bardas Foca, vedendo che le sue truppe stavano soccombendo, sfidò a duello il generale nemico. Sclero accettò, e fu coraggioso, perché Foca era un gigante. Cominciò una contesa che sembrava tratta di peso dall’Iliade: all’improvviso Sclero fu visto piegarsi in avanti sulla sella e scivolare a terra con la testa coperta di sangue. La guerra civile sembrava finita, invece non fu così.

Mentre Bardas Foca si godeva la meritata vittoria, e l’accrescersi vertiginoso del suo potere e della sua figura militare-politica sulla scena imperiale, si venne a sapere che Sclero non era morto, e appena egli riuscì a cavalcare, scappò e si rifugiò presso il califfo di Baghdad. Ma non tutto il male venne per nuocere. Infatti questo periodo di guerra civile permise al giovane Basilio di studiare da imperatore. Conobbe così i meccanismi che regolavano l’esercito, la marina, la Chiesa, i monasteri e tutti i dipartimenti.
Nel 985 decise di agire da uomo di comando e da imperatore. Con uno stratagemma riuscì a liberarsi del prozio che fu arrestato. Il giovane sovrano divenne, finalmente, padrone in casa propria. Eppure la sua gioia fu di breve durata, appena un anno dopo altri problemi sorsero all’orizzonte, Samuele, autoproclamato Zar dei Bulgari, aveva invaso la Tessaglia. Il re bulgaro aveva approfittato della guerra civile a Bisanzio per aumentare il proprio territorio e reinsediare il patriarcato autocefalo. Aveva dato pure una parvenza di continuità ai governi precedenti associando al proprio trono, Romano fratello del defunto zar Boris.
Nel 980 Samuele effettuò la prima incursione in Tessaglia e ripeté gli stessi attacchi negli anni successivi, finché, nel 986 riuscì a conquistare la capitale del tema, vale a dire Larissa. Questa notizia costrinse Basilio ad agire. L’Imperatore armò un grosso esercitò, che guidò lui stesso, a partì  per colpire  l’invasore. Fece un grosso errore, quasi sicuramente dovuto all’inesperienza sul campo, aspettando la retroguardia, alle Porte di Traiano, le truppe romee s’infilarono in un’imboscata e furono decimate. Basilio che, ambiva ad essere l’imperatore più efficace della storia di Bisanzio, fu preso dalla collera e dalla vergogna. Mentre tornava a Costantinopoli giurò solennemente che tutta la Bulgaria l’avrebbe pagata cara e fu di parola.

Quando Bardas Sclero seppe della disfatta contro i Bulgari, armato dal califfo con uomini e mezzi, si autoproclamò Basileus per la seconda volta, ma giunto in Anatolia capì che i nobili avrebbero appoggiato semmai Bardas Foca. La debolezza politica di Basilio era evidentissima, così, il comandante in capo, popolarissimo tra i generali e gli strateghi d’Oriente, si proclamò Basileus, e propose a Sclero di dividere l’impero. Una parte, l’occidente, compresa Costantinopoli e dall’altra, l’oriente, comprensiva di tutte le province al di là del Bosforo. Sclero accettò e cadde nella trappola. Fu arrestato e rinchiuso per sempre in una prigione.

Foca decise di colpire velocemente e divise in due tronconi il suo esercito: una parte fu inviata ad occidente, precisamente ad Abido sull’Ellesponto, la seconda, invece, si trincerò a Crisopoli. Basilio non si scompose, l’unico suo bisogno immediato era trovare un alleato che gli garantissi uomini e mezzi per combattere l’ennesima guerra fratricida. Ebbe un regalo inaspettato, ossia la proposta di Vladimiro, principe di Kiev figlio di Svjatoslav. Il sovrano slavo promise l’invio di un contingente di seimila Variaghi, in perfetto assetto da guerra, con una sola richiesta in cambio, ossia la mano della sorella dell’Imperatore cioè la principessa porfirogenita Anna. La corte romea rimase sconvolta da questa proposta, mai una figlia nata nella porpora aveva sposato un principe barbaro, che per altro non godeva di grande stima “internazionale”. Leggende narravano che avesse ben ottocento concubine! C’era però un lato positivo. Vladimiro, che poi per altro divenne santo qualche anno dopo la sua morte, stava cercando una religione per il proprio popolo e dopo aver sondato sia l’Islam, sia in il rito cattolico romano, che quello ebraico, non era rimasto convinto di nessuna delle tre. Mandò così degli emissari a Costantinopoli, sotto richiesta di Basilio, che una volta entrati in Santa Sophia, e presieduto la divina liturgia, furono cosi entusiasti che non sapevano più se erano in terra o in paradiso. Basilio acconsentì al matrimonio alla sola condizione che il Principe di Kiev si facesse ortodosso.
L’attesa durò quasi un anno, alla fine del dicembre del 988 le vedette imperiali del Mar Nero intravidero a settentrione le prime di una lunga serie di navi vichinghe e a gennaio tutta la flotta kieviana gettò l’ancora nel Corno d’Oro. Sbarcarono seimila enormi giganti, che al comando dell’imperatore qualche settimana dopo colpirono di notte nell’accampamento di Foca, distruggendo e ammazzando tutti, tre sottufficiali consegnati all’imperatore furono uno impiccato, uno impalato e l’altro crocifisso. Bardas Foca ritornò con l’altra metà dell’esercito e assediò Abido che resistette, Basilio mandò una spedizione di soccorso con a capo sul fratello Costantino.
All’alba di sabato 13 aprile l’imperatore diede l’ordine di attacco, le schiere di ribelli furono scompaginate, e trucidate, poi la leggenda parla di Foca che vedendo Basilio II cavalcare avanti e indietro fra le file dei suoi variaghi con a fianco suo fratello Costantino, spronò il suo cavallo con la spada sguainata verso l’imperatore. Basilio rimase immobile stringendo con la mano destra la spada e con la sinistra un’icona miracolosa della Vergine. Ad un tratto il generale vacillò e cadde preso da vertigini, quando la compagine imperiale arrivò lo trovò morto, il suo esercito si dissolse come neve al sole.

Ora rimaneva solo un altro pretendente Bardas Sclero ma vecchio e stanco il generale era innocuo e acconsentì alle condizioni di pace estremamente generose che Basilio gli offrì. Poi gli chiese “ Come mi devo comportare affinché non accada nulla di tutto questo?” e il vecchio disse “Bisogna tenergli la briglia (riferito ai nobili) sul collo, tassarli senza pietà, strozzarli con le tasse, perseguitarli anche ingiustamente perché cosi sarebbero stati troppo occupati per inseguire le loro trame ambiziose.” Quei consigli Basilio non li dimenticò mai.

Basilio Imperatore e distruttore dei Bulgari 

vladimiroL’imperatore preso dai problemi in patria si dimenticò della promessa fatta con Vladimiro. Basilio fece partire subito la sorella che si imbarcò per Kiev. Mai in tutta la storia russa cerimonia fu più fatidica, la conversione del principe segnò, infatti, l’ingresso della Russia nella comunità cristiana. La chiesa russa fu cosi fin dalla sua creazione subordinata al patriarcato di Costantinopoli e la sfortunata Anna non trovò la sua nuova vita meno insopportabile di quanto avesse temuto. Vladimiro cambiò drasticamente stile di vita e divenne un difensore della cristianità in odore di santità.
Nel 989 Basilio aveva trentuno anni ora la pace regnava nell’Impero e poteva dedicarsi al suo compito che si era prefisso: annientare l’impero bulgaro. Quando arrivò la primavera del 991, l’imperatore partì per Tessalonica. Da quel momento e per i suoi successivi quattro anni non allentò mai la presa sulla Bulgaria. Il suo nuovo esercito, che lui stesso aveva addestrato, non soffriva né il caldo né il freddo, Basilio riconquistò molte città, altre furono assediate altre addirittura rase al suolo. Non fece grandi avanzate e neppure grandi ed epiche battaglie, era sua convinzione che il successo dipendesse dalla capacità organizzativa. La disciplina era tutto per questo tipo di tattica, e quindi i soldati dovevano rimanere sempre nei ranghi, mai eccedere con atti eroici. La strategia di Basilio garantiva progressi lenti ma sicuri e non sorprende che all’inizio del 995, quando l’imperatore dovette partire per la Siria, le conquiste erano relativamente poche. Ma anche se la sua tattica era cosi lenta e magari poco spettacolare, Basilio dimostrò di essere anche un combattente veloce e spietato. Quando l’emiro di Aleppo lo chiamò in soccorso, costituì un esercito di quarantamila uomini e mosse verso Antiochia. Data la lunga distanza e la cronica mancanza di tempo, l’imperatore fece montare sul dorso di muli tutto l’esercito che arrivò appena in tempo per difendere Aleppo dagli attacchi dei Fatimidi. Lo sconforto che colpì le truppe nemiche fu grande, si ritrovarono a combattere in netta inferiorità numerica, e di li a poco furono costretti a scappare incalzati da Basilio.

Sistemata la situazione in Oriente, il Basileus tornò verso la Capitale e attraversando l’Anatolia si accorse di quanti poderi erano stati confiscati dai nobili a discapito dei piccoli proprietari terrieri che formavano il nerbo del suo esercito. Molti patrizi commisero l’errore fatale di riceverlo con grandi onori e grande sfarzo che insultò profondamente Basilio,  già poco propenso al lusso e di animo parco. Il 1° Gennaio 966 l’imperatore emanò un editto molto importante “La Novella” : i diritti sulla terra, per esseri validi, dovevano risalire almeno a sessantun anni prima ossia al regno di Romano I. Tutti i possedimenti posteriori a quella data dovevano essere restituiti immediatamente al proprietario precedente o alla sua famiglia, senza nessun obbligo di indennizzo per le migliorie effettuate. Tutte le crisobolle imperiali, comprese quelle firmate dallo stesso imperatore, erano considerate decadute e venivano annullati tutti i conferimenti di terra effettuati dal ciambellano Basilio, a meno che non fossero riconvalidati dallo stesso imperatore. Moltissime famiglie nobili divennero improvvisamente povere , altre caddero in rovina. Chi riuscì a godere delle riforme agrarie furono i piccoli proprietari terrieri che ebbero la possibilità di riacquistare le terre avite. Basilio costrinse di pagare l‘allenlengyon direttamente al latifondista, questo permette così al villaggio insolvente di non pagare le tasse ma di chiederle direttamente al magnate. Questa misura ebbe un duplice effetto: da un parte infliggeva un nuovo colpo ai dynatoi (i potenti), dall’altra dava maggiore sicurezza al fisco per le entrate dovute all’allelengyon.

La situazione interna si stava stabilizzando e la politica estera dava un altro segno di inaspettata vitalità. Pochi mesi dopo arrivò una ambasceria di Ottone III che chiedeva in sposa una nobildonna romea. Basilio non chiedeva di meglio. Un futuro matrimonio, tra i due grandi imperi, avrebbe contribuito a mantenere la pace nell’Italia Meridionale (dopo la guerra fatta dal padre Ottone II). I sogni però non si concretizzarono e dopo diversi tentativi fatti, il progetto andò in fumo . Pare che la colpa principale sia imputabile all’intromissione di un tal Crescenzio, capostipite della famiglia più influente di Roma, che non vedeva di buon occhio un’unione matrimoniale tra Ottone e Basilio. Eppure l’imperatore germanico non si diede per vinto e con forte determinazione chiese nuovamente una sposa romea. Basilio lo accontentò e optò per Zoe la più bella delle sue nipoti. Ma la sfortuna volle che questo matrimonio, pur nato sotto i migliori auspici, “non s’avea da fare”. La sposa romea arrivò a Bari, dove doveva incontrarsi con il suo novello sposo, ma lo trovò morto. Questo luttuoso avvenimento fece naufragare definitivamente la difficile collaborazione tra i due colossi geopolitici del periodo. In effetti, vedendo la situazione attraverso l’occhio moderno, il matrimonio avrebbe permesso la riunificazione delle due “pars” sotto un unico scettro e forse la storia contemporanea sarebbe totalmente diversa. Ma la storia, come si conosce bene, non si fa con “i se” e i due imperi rimasero separati per sempre.

basiliobulgari

Basilio decise che era giunto il tempo di chiudere la faccenda bulgara. Fra l’anno 1000 e il 1004 l’imperatore, con un susseguirsi di campagne militari, riconquistò tutta la parte orientale della penisola balcanica. Samuele era ora alle prese con un nemico che sapeva muoversi con velocità, tra boschi, pianure e monti. Le truppe romee non soffrivano né il caldo né il freddo, combattevano su tutti i terreni, colpivano e fuggivano. L’avanzata imperiale fu lenta, almeno fino alla battaglia di Cimbalongo, nell’angusta gola che dal Serrai conduce alla valle dell’alto Struma. Più che una battaglia campale fu un’imboscata, caddero nella trappola quindicimila bulgari che furono presi prigionieri. Qui tutta la rabbia repressa esplose e Basilio poté vendicarsi e mantenere la sua promessa. Di ogni centuria accecò novantanove uomini, e al centesimo risparmiò un occhio perché potesse condurre i compagni alla presenza del loro re. Ai primi di ottobre la triste processione si trascinò fin dentro la fortezza dello zar a Prespa: vedendo i miseri resti della sua gloriosa armata, Samuele già ammalato morì di crepacuore.

La guerra continuò fino al 1018 quando Basilio espugnò la loro capitale. Per la prima volta dalla venuta degli slavi nel VII secolo, tutta la penisola balcanica era tornata sotto il controllo di Bisanzio.

Epilogo

Basilio_IIBasilio oltre che essere spietato e brutale in guerra, era pure un ottimo amministratore e si dimostrò molto compassionevole con i suoi nuovi sudditi. Pretese contributi modesti pagabili anche in natura, ridusse il patriarcato ad arcivescovado, ma lasciò la chiesa bulgara autonoma. La Bosnia e la Croazia furono amministrate dai principi locali sotto la protezione imperiale. L’aristocrazia bulgara si integrò presto con quella romea tanto che poté ricoprire importanti incarichi e divenne parte integrante della società imperiale. Ad Oriente, dopo l’ultima spedizione attuata nel 1023, Basilio istituì otto nuovi temi disposti in un grande arco che, partendo da Antiochia si dispiegava verso est. Era il sovrano assoluto di domini che andavano dall’Adriatico all’Azerbajan.

Si sentiva ancora pieno di forze quando progettava l’invasione della Sicilia allorché nel 1025 una decina prima di natale morì all’età di sessantasette anni. Basilio era stato un imperatore eccezionale, primo tra i generali, sicuramente brillante nel campo amministrativo, governò con saggezza Stato e Chiesa. Le sue campagne non erano esaltanti ed epiche, ma erano paragonabili ad un fiume in piena o ad una colata lavica, lente ma inesorabili. Michele Psello dice “Non conduceva le campagne contro i barbari alla maniera dei più tra i sovrani, che escono a metà primavera e rientrano sul morir dell’estate: per lui a segnare l’ora del rientro era l’estinguersi stesso del fine per cui s’era mosso.”
Nessuno lo amò, sul trono non salì uomo più solo. Basilio era brutto, sporco, rozzo, goffo ,incolto e di un’avarizia quasi patologica.L’unica cosa che gli stava a cuore era la grandezza di Bisanzio. Non meraviglia, dunque, che sotto di lui Bisanzio abbia raggiunto l’apogeo. In una cosi fallì: non lasciò eredi.
Ancora nel XIII secolo uno scrittore romeo definiva Eraclio e Basilio II come i più grandi imperatori di Bisanzio. In effetti questi due nomi, i più grandi della storia bizantina, simbolizzano l’età eroica di Bisanzio, che l’uno dei due inaugurò e l’altro la concluse.
Basilio chiuse gli occhi il 15 Dicembre. Il 16 il declino era già cominciato.

Bibliografia 

J.J. Norwich, Bisanzio, splendore e decadenza di un impero, Mondatori 2001.
G. Ostrogorsky,  Storia dell’impero bizantio, Einaudi 1968.
M. Psello, Imperatore di Bisazio, traduzione a cura di Silvia Ronchey, Fondazione Lorenzo Valla 1998.

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Di Nicola

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