LA COREGGENZA NEI SOLIDI DELLA DINASTIA DI ERACLIO

Il VII secolo rappresenta sicuramente uno dei periodi di maggior importanza per la storia dell’impero romano d’oriente, sia per quanto riguarda la decisiva “svolta” sociale e amministrativa di questo in chiave più propriamente “bizantina” e orientale, sia per gli eventi politico-militari che sconvolsero lo stato.

Protagonista indiscussa di questa grande trasformazione fu la dinastia di Eraclio I, che mantenne il potere a Costantinopoli in modo quasi ininterrotto dal 610 al 711; questi sovrani, in particolare lo stesso Eraclio e il nipote Costante II, agirono su ogni aspetto della società imperiale, semplificando il sistema amministrativo tardo romano, riconoscendo il greco (la lingua maggiormente diffusa in oriente) come lingua dello stato e persino intervenendo su complesse questioni religiose. Il loro più importante contributo va però individuato nella militarizzazione dell’impero, che grazie alla creazione dei temi riuscì a sopravvivere alle terribili pressioni militari dei popoli vicini[1].

Un altro aspetto del tutto particolare che caratterizzò il regno di Eraclio I e dei suoi successori fu la ferma volontà di creare una dinastia duratura; per tale operazione essi si avvalsero di un complesso intervento sul cerimoniale di corte e di un vasto lavoro di propaganda rivolto a tutte le categorie della società imperiale. Proprio nel VII secolo, infatti, la consuetudine della coreggenza conobbe un utilizzo su vasta scala proprio per merito della famiglia di Eraclio: tale pratica era già ben nota ai sovrani bizantini, che se ne erano serviti fin dai tempi di Teodosio I, tuttavia fu solo a partire da quel secolo che la successione dinastica, associata ad una connotazione non più militare ma “civile” del potere, fu riconosciuta come valida alternativa ad altre soluzioni più violente[2].

La propaganda, dunque, costituì uno dei mezzi necessari per trasmettere la volontà imperiale e garantire alla dinastia la fedeltà della popolazione e degli eserciti; fin da subito Eraclio I e i suoi successori compresero che la moneta, e in particolare il solido d’oro, poteva essere lo strumento più efficace per questa operazione. Questo speciale legame tra propaganda e monete doveva essere in realtà già ben chiaro al giovane Eraclio e al suo omonimo padre, il potente esarca di Cartagine, che avevano promosso, ancora prima della spedizione navale che avrebbe rovesciato l’imperatore Foca, la produzione di un inconsueto follis di bronzo rappresentante, al dritto, i loro busti affiancati, incoronati e vestiti con la tipica trabea dei consoli[3], dignità che essi non avevano mai ricoperto ma che ben esprimeva le loro aspirazioni.

Al di là di questa particolare emissione bronzea, fu solo a seguito della sua incoronazione (6 ottobre 610) che Eraclio I poté intervenire sul solido d’oro, la più importante moneta dello stato: nonostante la situazione disastrosa in cui versava l’impero e le devastanti sconfitte militari, il nuovo sovrano trovò infatti il tempo per apportare i primi evidenti, e in qualche caso poco ortodossi, cambiamenti ad alcuni elementi dell’iconografia. La prima classe dei solidi del regno di Eraclio I (610-641) mantiene, al dritto, la rappresentazione del sovrano tipica del secolo precedente, frontale, in abito militare (composto da elmo con diadema, corazza, mantello militare detto paludamentum e scudo stilizzato) mentre regge un globo crucigero[4]; il rovescio è invece caratterizzato dalla presenza di una croce su quattro gradini, che andava a sostituire la tipica raffigurazione dell’angelo. Nonostante la breve vita di questa moneta (dal 610 al 613), essa è abbondantemente attestata; va comunque considerato che alcuni esemplari prodotti ad Alessandria d’Egitto mostrano ancora l’angelo, inoltre le fattezze dell’imperatore ricordano decisamente quelle di Foca.

È comunque con la seconda classe dei suoi solidi che prende avvio la grande riforma di Eraclio I: se infatti il rovescio si stabilizza nella raffigurazione della croce sui gradini, è il dritto a mostrare un vero e proprio mutamento dell’iconografia imperiale: abbandonati gli abiti militari, Eraclio indossa la veste civile, formata dalla clamide, dalla ricca fibbia con perle e da una corona con pendenti e sormontata da una croce. La vera innovazione è però costituita dalla presenza, accanto al sovrano, di un’altra figura, sempre rivestita dall’abito civile e incoronata, identificabile senza dubbio con Eraclio Costantino, primo figlio dell’imperatore, associato al trono, non a caso, proprio nel 613. Potrebbe a questo punto apparire paradossale il fatto che, proprio negli anni in cui Eraclio decideva di porsi a capo degli eserciti imperiali per dare inizio alla controffensiva anti-persiana[5], egli decidesse di adottare una raffigurazione così poco marziale nella moneta più importante; la decisione imperiale va tuttavia letta in un’ottica più lungimirante e legata alla volontà di creare consenso per l’instaurazione di una dinastia duratura[6], cosa per altro evidente se si osservano le raffigurazioni del giovane erede al trono, prima rappresentato molto più piccolo del padre e, con il passare del tempo, sempre più grande a maturo anche nei tratti del viso. Queste caratteristiche sono mantenute anche nella terza classe dei solidi di Eraclio, essa tuttavia presenta una particolarità che avrà una certa importanza nelle monete dei suoi successori: il basileus è infatti rappresentato con una folta barba e lunghi baffi, che sono invece assenti nel suo erede; tale iconografia ha destato la curiosità di molti studiosi, alcuni dei quali hanno associato questi elementi alla tradizione persiana e al desiderio di Eraclio di imporsi su quel popolo. Tale ipotesi è stata tuttavia rigettata dalla critica moderna, che considera la rappresentazione come una semplice riproduzione realistica della figura del sovrano[7].

L’ultimo grande intervento di Eraclio è visibile nella quarta classe dei suoi solidi, emessi tra il 632 e il 641, e fa riferimento alla nuove scelte dinastiche dell’imperatore: le figure frontali del dritto sono infatti sostituite da una nuova iconografia rappresentante il basileus affiancato dai suoi due figli Eraclio Costantino ed Eracleona, quest’ultimo nominato cesare proprio nel 632 per le insistenze della madre Martina, seconda moglie di Eraclio. I tre personaggi, raffigurati in piedi, stringono il globo crucigero e indossano i consueti abiti civili, che in questo caso possono essere osservati nella loro interezza: oltre alla clamide e alla fibbia, è possibile notare anche il divitision, il tablion e le calzature certamente rosse[8]. Anche in questo caso, comunque, le scelte dinastiche e il cerimoniale di corte intervengono in modo evidente nella rappresentazione: Eraclio I, in quanto basileus più anziano, è al centro, le sue dimensioni sono maggiori rispetto a quelle dei figli ed è incoronato, Eraclio Costantino, anch’egli incoronato, si trova alla sua sinistra mentre Eracleona, molto più piccolo, è collocato a destra e non ha alcuna corona, ma solo una piccola croce al di sopra della testa. Questa rappresentazione muterà solo nel 638, quando cioè anche Eracleona sarà nominato coreggente, assumendo quindi la corona con croce e le stesse dimensioni del fratello.

Il rinnovamento dell’iconografia dei solidi voluto da Eraclio, in realtà, coinvolse tutte le tipologie di monete dello stato, dal follis di bronzo all’hexagramma d’argento, tuttavia queste emissioni, proprio nel VII secolo, persero gran parte del loro prestigio; fu quindi nella moneta d’oro che Eraclio e i suoi successori investirono le maggiori energie sul piano propagandistico; questo è evidente, ad esempio, se si analizzano alcuni solidi di Eraclio che presentano delle caratteristiche anomale nella legenda, facendo ritenere ad alcuni studiosi che si tratti di monete destinate all’esercito ed emesse da “zecche militari” durante le campagne orientali del sovrano[9]. Quale che fosse il destinatario del messaggio, è in ogni caso evidente che la moneta offre una panoramica sulle scelte del sovrano in materia di successione, che spesso poteva essere modificata o influenzata da complesse lotte all’interno del palazzo. Fu proprio uno di questi scontri a determinare la nascita della quarta classe dei solidi di Eraclio e, alla morte del basileus, distruggere quanto lui aveva provato a realizzare.

La grande confusione dinastica del 641, infatti, vide la morte o la destituzione di entrambi i figli lasciati da Eraclio al potere e tanto rappresentati nelle monete: Eraclio Costantino morì dopo soli tre mesi dalla sua incoronazione mentre Eracleona, a causa della sua impopolarità e del governo dissennato dello stato, fu presto mandato in esilio con la madre Martina dopo essere stato mutilato del naso (settembre 641)[10]. Questa grave situazione di instabilità è visibile anche nei pochissimi solidi riconducibili a questo periodo, nei quali, addirittura, non si riesce a comprendere chi sia la figura rappresentata, a volte incoronata altre volte elmata.

Nonostante la grave crisi interna, aggravata dagli incessanti attacchi dei nemici esterni, la dinastia di Eraclio riuscì a rimanere al potere grazie alla nomina del giovane figlio di Eraclio Costantino, che assunse il nome di Costante II (641-668). Come il nonno, anch’egli si rese presto conto dal grande valore propagandistico del solido che, proprio durante il suo lungo regno, raggiunse livelli di fabbricazione notevoli, tanto da essere considerato tra le monete più belle della storia bizantina[11]. Non è un caso, d’altra parte, che gli studiosi abbiano identificato ben sette classi di solidi per il regno di Costante II, molti dei quali si distinguono solo per alcuni particolari minori, tuttavia sul piano delle scelte dinastiche essi possono essere divisi in tre grandi categorie. Nella prima, che comprende le classi prima, seconda e terza (dal 641 al 654), il basileus appare al dritto da solo, frontale, con i consueti attributi imperiali (corona e globo crucigero) e vestito con l’abito civile; nei primi solidi egli è privo di barba e baffi, che invece sono presenti nelle monete successive tanto da assumere, nel corso del tempo, dimensioni sempre più vistose.

L’iconografia monetaria cambia a seguito dell’incoronazione del figlio Costantino a coreggente, avvenuta nel 654; in questi solidi (classe quarta) Costante II è infatti affiancato, sempre al dritto, dal giovane erede al trono: entrambi indossano clamide, fibbia e corona con croce, tuttavia il basileus più anziano è chiaramente riconoscibile per le dimensioni maggiori e la folta barba, assente invece nella raffigurazione di Costantino. Come appare evidente, il modello iconografico di questa moneta richiama da vicino quello dei solidi di Eraclio con il figlio Eraclio Costantino; in effetti le monete sono molto simili e spesso non risulta semplice distinguerle[12].

La terza categoria (classi quinta e sesta) prende avvio dal 659, anno in cui Costante II si associò al trono anche i due figli minori Eraclio e Tiberio, che dunque appaiono rappresentati nei solidi; sono comunque proprio le monete a mostrare con chiarezza quale doveva essere la volontà imperiale in materia di successione: i due nuovi personaggi sono raffigurati infatti sul rovescio della moneta, in piedi, tra la consueta croce posta sui quattro gradini o, più raramente, un grande globo crucigero. Pur indossando le vesti civili e pur facendo sfoggio di tutti gli attributi imperiali, Eraclio e Tiberio sono esclusi dal dritto dei solidi, che conserva stabilmente le raffigurazione di Costante II (in alcuni casi curiosamente elmato e non incoronato) e del primo figlio Costantino, ancora privo di barba.

Queste scelte iconografiche e dinastiche sembrano del tutto rovesciate, o almeno messe in dubbio, nell’ultima classe dei solidi di Costante II. Tali monete, coniate solo nella zecca della capitale a partire dal 663, presentano infatti una sorta di ambiguità nell’identificazione delle due facce: da un lato (forse il dritto) Costante II appare da solo, a volte privo di globo crucigero, ma accompagnato dalla legenda “Victoria Augusti”, la quale solitamente è posta al rovescio. L’altro lato mostra invece l’indicazione della zecca e i tre coreggenti Costantino, Eraclio e Tiberio affiancati e posti in ordine di anzianità sia a livello iconografico, sia di precedenza (Costantino è il più alto e posto al centro, Eraclio è di media altezza e a sinistra, Tiberio è più piccolo e posizionato a destra). Queste scelte sono state lette, da alcuni studiosi, come un possibile tentativo sotterraneo di delegittimazione di Costante II[13], in quegli anni impegnato, non a caso, nell’infruttuosa campagna in occidente e quindi lontano dalla capitale[14].

Alla morte di Costante II, il trono passò al figlio primogenito Costantino IV (668-685) il quale condivise inizialmente il potere con i due fratelli minori; questa decisione appare in modo evidente nelle prime classi dei suoi solidi, le quali tuttavia pongono Eraclio e Tiberio non al dritto, affiancati al sovrano, ma sempre al rovescio, nella posizione che avevano nelle monete del loro padre. In effetti la prima classe dei solidi di Costantino IV, in cui il basileus appare incoronato e vestito con i consueti abiti civili (ma privo di barba), richiama di vicino l’iconografia delle monete di Costante II; presto tuttavia la raffigurazione dell’imperatore cambia, egli infatti sceglie di farsi rappresentare in abiti militari, riportando così in auge il modello del VI secolo[15]. Nonostante la trasformazione delle insegne del dritto, che tra l’altro risultano imperfette per l’iniziale assenza del piccolo scudo e del diadema sull’elmo, Costantino IV mantiene invariato il rovescio, riconoscendo la condivisione del potere con i fratelli anche dopo la nascita di suo figlio Giustiniano.

Tale atteggiamento è confermato anche dal noto mosaico della chiesa di Sant’Apollinare in Classe, in cui Costantino IV, pur essendo l’unico ad indossare le calzature rosse, è raffigurato assieme alla sua corte e circondato dal figlio Giustiniano e dai due fratelli Eraclio e Tiberio, tutti ugualmente nimbati e riccamente abbigliati con le vesti civili.

Questa anomala situazione di condivisione del potere da parte dei tre figli di Costante II terminò tuttavia in modo repentino e violento nel 681: Eraclio e Tiberio, desiderosi di esercitare in modo più attivo il potere e preoccupati per il comportamento assolutista del fratello, tentarono di sollevare una parte dell’esercito; essi però non riuscirono nel loro intento e Costantino IV, colta l’occasione, li destituì facendo tagliere loro il naso. Anche in questo caso la moneta si adeguò presto alla nuova situazione politica: nel rovescio della quarta classe dei solidi di Costantino IV, infatti, le due figure di Eraclio e Tiberio sono scomparse, lasciando il posto alla sola croce sui gradini.

L’ultimo esponente della dinastia di Eraclio fu Giustiniano II, il cui tormentato regno (685-695 e 705-711), vide proprio il solido al centro di un fondamentale rinnovamento iconografico che durerà, tra alterne vicende, fino alla caduta dell’impero[16]. Nella moneta d’oro di questo sovrano, infatti, la raffigurazione del basileus e dei suoi eredi, pur non venendo messa da parte, è relegata al rovescio in quanto il dritto è dominato dalla componente  religiosa e, in modo particolare, dalla figura del Cristo, unico vero “re di coloro che regnano”[17].

Per quanto riguarda la raffigurazione di Giustiniano II, essa muta nelle due tipologie di solidi, che coincidono di fatto con i due periodi di governo del basileus: nelle monete più antiche egli appare infatti incoronato e con l’abito cerimoniale costituito dal loros[18], mentre in quelle successive egli torna a vestire la clamide e, rappresentato ovviamente senza alcuna mutilazione[19], è affiancato dal giovane e sfortunato figlio Tiberio, coreggente dal 705, con cui regge una grande croce.

Nonostante la notevole fortuna dell’iconografia monetaria, la dinastia di Eraclio I era destinata a concludersi, come d’altra parte era iniziata, nel sangue; a causa delle spietate repressioni di Giustiniano II, il popolo e l’esercito si ribellarono abbandonando il basileus, che fu presto catturato e brutalmente giustiziato assieme al figlio, che si era vanamente aggrappato ad un altare di una chiesa (dicembre 711).

Nella sua secolare permanenza al potere, dunque, la dinastia di Eraclio scelse proprio il solido per propagandare e trasmettere le grandi rivoluzioni socio-politiche di cui era protagonista. Non è certo un caso che la forte accentuazione del carattere cristiano e sacrale del sovrano e di tutto lo stato bizantino, culminata durante il governo di Giustiniano II, avesse già trovato ampio spazio nel rovescio delle monete dello stesso Eraclio I, la cui campagna contro i Persiani, come confermano le fonti coeve[20], aveva assunto una forte valenza di rivincita religiosa contro i pagani.

La trasformazioni più profonde, tuttavia, coinvolsero la rappresentazione stessa dell’imperatore e il concetto di continuità dinastica attraverso l’associazione di coreggenti ancora giovani. Se da un lato, infatti, il sovrano abbandona gli abiti militari tipici dell’Augusto trionfatore eletto dall’esercito, in favore di quelli civili, caratteristici invece di una trasmissione del potere più regolare e interna al palazzo, dall’altro la rappresentazione degli eredi al trono e dei coreggenti (spesso molto realistica, come del resto quella degli imperatori) offre importanti informazioni sulle dinamiche di successione familiare e, a volte, delle feroci lotte di potere che queste decisioni comportavano.

L’iconografia del solidi del VII secolo, infine, propone alcuni sottili indizi sull’evoluzione del complesso cerimoniale di corte e sull’ordine delle precedenze che si stava perfezionando nella corte di Costantinopoli. Tralasciando l’anomalo caso di Costantino IV, tutti gli imperatori sono raffigurati con la caratteristica corona sormontata dalla croce e il globo crucigero, insegne tipiche delle cerimonie palatine; in secondo luogo va considerato che le dimensioni delle diverse figure e le loro posizioni non sono certo casuali, ma seguono un rigido ordine gerarchico[21]. Il sovrano, spesso barbuto, è sempre posto al centro e le sue dimensioni sono molto maggiori rispetto a quelle delle altre figure. Per quanto riguarda i coreggenti, la loro posizione è legata all’anzianità della nomina: il primogenito è posto alla sinistra del sovrano ed è spesso più alto dei fratelli minori, i quali sono invece alla destra del padre o occupano il rovescio della moneta.

ERACLIO I

 

Solido di Eraclio I in abiti militari

Solido di Eraclio I con Eraclio Costantino

Solido di Eraclio I (barbuto) con Eraclio Costantino

Solido di Eraclio I con Eraclio Costantino ed Eracleona

COSTANTE II

 

Solido di Costante II (senza barba)

Solido di Costante II (barbuto)

Solido di Costante II con Costantino, Eraclio e Tiberio

Solido di Costante II con Costantino, Eraclio e Tiberio

COSTANTINO IV

 

Solido di Costantino IV con Eraclio e Tiberio

Solido di Costantino IV da solo

 

Costantino IV e la sua corte, mosaico del VII secolo, Ravenna, chiesa di Sant’Apollinare in Classe.

 

GIUSTINIANO II

 

Solido di Giustiniano II con loros

Solido di Giustiniano II con Tiberio

Autore: LUCA MEZZAROBA

BIBLIOGRAFIA

Ferluga, Bisanzio, società e stato, Firenze 1974.

Grierson, Byzantine Coinage, London 1982.

Grierson, Byzantine Coins, London 1982.

Morrison, Byzance et sa monnaie. IV-XV siècle, Lethielleux 2015.

Ravegnani, Imperatori di Bisanzio, Bologna 2008.

Ravegnani, Introduzione alla storia bizantina, Bologna, 2008.

NOTE

  1. Treadgold, Bisanzio e il suo esercito 284-1081, trad. it. Gorizia 2007 (ed. originale Stanford, California 1995).

[1] Sulla complessa questione dei temi, se cioè essi siano stati costituiti da Eraclio I o da Costante II, si rinvia a G. Ravegnani, Introduzione alla storia bizantina, Bologna 2008, p. 61 e W. Treadgold, Bisanzio e il suo esercito 284-1081, trad. it. Gorizia 2007 (ed. originale Stanford, California 1995), pp. 37-38.

[2] La soluzione dinastica non era infatti l’unica alternativa per il passaggio del potere; fino al VII secolo il senato di Costantinopoli fu ancora un organo attivo anche in questo campo, per non parlare delle soluzioni più violente, come i colpi di stato militari da parte dei generali, che rimasero una costante per quasi tutta la storia bizantina. Al riguardo cfr. G. Ravegnani, Imperatori di Bisanzio, Bologna 2008, pp. 27-28.

[3] La trabea triumphalis costituiva uno degli attributi dei consoli, si trattava di una voluminosa stola decorata e avvolta attorno al corpo in modo particolare. Le altre insegne erano la mappa e lo scettro, ma non la corona, che invece era propria dell’abito consolare riservato agli imperatori. Al riguardo si veda ibid., pp. 111-112.

[4] L’iconografia raffigurante l’imperatore in abiti militari è tipica del VI secolo e trae origine dalla riforma voluta da Anastasio I; a Giustiniano I si deve invece la rappresentazione del sovrano frontale e non più di profilo. Al riguardo cfr. C. Morrison, Byzance et sa monnaie. IV-XV siècle, Lethielleux 2015, p. 38.

[5] Come è noto, la lunga campagna di Eraclio contro i Persiani durò dal 622 al 627, periodo ampiamente coperto  dalla seconda classe dei suoi solidi, datata tra il 613 e il 629. Al riguardo cfr. P. Grierson, Byzantine Coins, London 1982, p. 94.

[6] Nella tradizione monetaria bizantina, le raffigurazione di un sovrano in abiti civili era tradizionalmente legata alla sua volontà di trasmettere il potere agli eredi. Al riguardo si veda C. Morrison, Byzance et sa monnaie, op. cit., p. 38.

[7] Di questo parere è ad esempio P. Grierson, Byzantine Coins, op. cit., p. 94.

[8] Il divitision era una tunica intima bianca decorata da una banda d’oro che gli imperatori portavano sotto la clamide, il tablion invece era un riquadro che decorava la clamide. Per un’accurata descrizione di tutti gli elementi che costituivano la veste civile dell’imperatore si rinvia a G. Ravegnani, Imperatori di Bisanzio, op. cit., pp. 113-114.

[9] L’identificazione della provenienza di queste monete non è comunque chiara; per una attenta analisi si rinvia a P. Grierson, Byzantine Coins, op. cit., p. 93. In ogni caso la propaganda attraverso le monete doveva avere una certa rilevanza all’interno dell’esercito, si pensi infatti che, alla morte di Eraclio (641), l’impero poteva contare ancora su 109000 soldati che ricevevano la paga in monete d’oro (W. Treadgold, Bisanzio e il suo esercito, op. cit., pp. 194-195).

[10] Si tratta del primo caso, nella storia di Bisanzio, in cui un sovrano subiva una mutilazione. Tale pratica, di origine orientale, era applicata in quanto si riteneva che un imperatore, privato di una parte del corpo, non fosse idoneo a svolgere le sue funzioni; d’altra parte l’uccisione di un sovrano era considerata in modo negativo. Cfr. G. Ravegnani, Introduzione alla storia bizantina, op. cit., p. 68.

[11] P. Grierson, Byzantine Coins, op. cit., p. 95. Al contrario la fabbricazione dei follis di bronzo del regno di Costante II risulta “abominevole” se paragonata a quella del secolo precedente. Al riguardo si veda P. Grierson, Byzantine Coinage, London 1982, p. 19).

[12] Cfr. C. Morrison, Byzance et sa monnaie, op. cit., p. 39.

[13] Questa interessante teoria si ritrova in P. Grierson, Byzantine Coins, op. cit., p. 96.

[14] In effetti la classe settima dei solidi di Costante II (datata tra il 663 e il 668) coincide esattamente con l’avvio della campagna in Italia del sovrano (sbarcato a Taranto nel 663), il quale aveva lasciato il figlio Costantino nella capitale per reggere il potere in sua assenza. Cfr. G. Ravegnani, Introduzione alla storia bizantina, op. cit., p. 70.

[15] La scelta di Costantino IV di un ritorno, non solo in campo monetario, ad un modello antico è spiegata in C. Morrison, Byzance et sa monnaie, op. cit., p. 39.

[16] Escluso il periodo degli imperatori isaurici, infatti, il modello iconografico del Cristo raffigurato al dritto rimase stabile in tutta la storia bizantina. In realtà i solidi di Giustiniano II propongono due tipologie di rappresentazioni: il Cristo anziano e Pantocratore e il Cristo giovane; delle due fu la prima ad avere maggiore successo. Cfr. ibid.

[17] La superiorità della raffigurazione religiosa è sottolineata anche dalla legenda che indica il Cristo come “rex regnantium” e l’imperatore come “servus Christi”. (P. Grierson, Byzantine Coins, op. cit., p. 98).

[18] Si trattava in realtà dell’evoluzione della trabea dei consoli e consisteva in un’ampia stola ornata di pietre preziose e perle che avvolgeva quasi tutto il corpo dei sovrani. Cfr. G. Ravegnani, Imperatori di Bisanzio, op. cit., pp. 116.

[19] A seguito della prima deposizione, infatti, a Giustiniano II fu mutilato il naso. Nonostante questo egli tornò al potere assumendo il soprannome di “Rinotmeto”. Cfr. ibid., p. 36.

[20] “Ma il re e il signore di tutti e il duce dei nostri eserciti è Lui; con Lui è più sicuro il comando, per Lui la vittoria si consegue con la pietà profonda. In Lui fidando, io, giunto or ora, come uno tra voi cingo le armi per la grave impresa. È necessario che noi, in quanto creature di Lui, marciamo contro i nemici adoratori di idoli”. La testimonianza di Giorgio di Pisidia è riportata in J. Ferluga, Bisanzio, società e stato, Firenze 1974, p. 98.

[21] Al riguardo si veda P. Grierson, Byzantine Coins, op. cit., pp. 90-91.

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Di Nicola

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