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Le origini 

Venetia et Histria era il nome della provincia romana che comprendeva l’odierni Veneto, Friuli Venezia Giulia e Istria. Con l’affermazione del cristianesimo venne scelta come sede episcopale Aquileia, il centro più importante della zona, che però perse gran parte della sua grandezza per via dell’invasione del 403. Il colpo di grazia fu il secondo saccheggio, avvenuto nel 452.  Qualche anno dopo, ossia nel 476,  Odoacre depose l’ultimo imperatore romano Romolo Augustolo sancendo così la fine dell’Impero Romano d’Occidente.
Nel 527 Giustiniano, con la sua renovatio imperii, diede vita ad una nuova politica aggressiva nei confronti dei territori appartenuti all’Impero Romano d’Occidente. L’intento era quello di liberarli dal giogo barbarico e restituirli ai legittimi proprietari, ossia, ai Romani d’Oriente (conosciuti più come bizantini). La guerra sembra essere veloce e rapida. In pochissimo tempo venne conquistato il nord-africa e la sua capitale Cartagine. Quando però toccò alla penisola italica, divenne un inferno. Dopo una rapida conquista i Goti si ribellarono e grazie al governo di Totila, diedero filo da torcere agli eserciti imperiali che impiegarono quasi 20 anni a recuperarli definitivamente.

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Sembra che le popolazioni romaniche della penisola accettassero di buon grado il ritorno nell’ovile imperiale. Di certo le popolazioni, dell’allora laguna venetica, furono alleate all’Impero. I pescatori della zona, secondo una leggenda (con solite supposizioni storiche) aiutarono il trasporto delle truppe di Narsete a Ravenna, attraverso i lidi venetici, eludendo così il nemico goto che aspettava loro sulla terraferma
Il diritto romano, e le antiche leggi riformate da Giustiniano, rientrarono subito in vigore nei territori appena riconquistati con la sola differenza che i loro capi, da ora in poi, sarebbero stati scelti dagli abitanti,tra i loro cittadini eminenti. Il governo della penisola italica venne affidato ad un vicerè con capitale a Ravenna e dopo una breve reggenza di Narsete, l’amministrazione passò nella mani di Flavio Longino.
Non passarono che pochi anni, e l’invasione Longobarda distrusse interamente l’opera giustinianea cosi difficilmente ricostruita, le migrazioni colpirono duramente il Nord della penisola permettendo, però, la nascita di Venezia. Gli abitanti di Oderzo fuggirono verso Cittanova (Civitas Nova, chiamata poi Eraclea o Eracleiana), quelli di Altino invece si stabilirono a Torcello. La Venetia Marittima rimase in mano bizantina e comprendeva tutta la laguna con qualche piccolo avamposto nella terraferma. Vista la precaria situazione politica e amministrativa, il poter fu lasciato in mano ad un capo militare, chiamato Magister Militum, che rispondeva al prefetto di Ravenna.
Il primo nucleo di profughi, che andarono a formare la proto-Venezia, fu costituito da aquileiesi. Il loro Vescovo Paolo, per evitare saccheggi e ruberie, trasportò la sede del Patriarcato, e specialmente i suoi tesori verso la laguna costruendo a Grado la nuova cattedrale di Santa Eufemia.

La risposta bizantina

Nel 576 una spedizione militare fu organizzata dall’Impero contro i Longobardi. A capo di questo robusto esercito fu messo Baduario che però fu duramente sconfitto e il suo corpo mortalmente ferito. Per evitare ulteriori perdite territoriali e per riuscire a tamponare le croniche carenze militari, venne istituito l’Esarcato d’Italia a Ravenna. L’Esarco assunse tanto le vecchie funzioni del praefectus quanto quelle del magister militum per Italiam , ed ebbe così un poter molto vasto. L’esercito fu completamente riformato. Per la penuria di risorse economiche,  furono reintrodotti i contadino-soldato, che già avevano già dimostrato di costare poco e di valere molto ( limitanei ), e definitivamente abbandonati l’esercito professionale dei comitatens .
Questo fu un importantissimo passo attuato dall’amministrazione Bizantina, che, valorizzando l’impegno e il peso dell’elemento locale, conteneva il seme di sviluppi autonomistici, che avrebbero poi creato qualche problema al potere centrale, ma, allo stesso tempo, dava ampio respiro politico a terre lontane difficilmente amministrabili e soprattutto difficilmente difendibili dal punto di vista militare.
Lo sviluppo di queste piccole comunità ruotò sulla figura del tribuno, specialmente nelle zone di nuovo sviluppo (es. Grado), dimostrando così una continuità con le vecchie istituzioni tardo antiche.
Tra il 590 e il 591 alcuni vescovi si sentirono abbandonati dal potere imperiale di Bisanzio e scrissero all’imperatore Maurizio per richiedere il suo aiuto.

“Non abbiamo dimenticato il vostro santo governo, sotto il quale un tempo abbiamo vissuto in pace ed al quale, con l’aiuto del Signore, con tutte le forze aspiriamo tornare” sottomessi “al gravissimo giogo di genti straniere” ma con una ferrea volontà a ritornare nel seno dell’impero e alla fede di Calcedonia.Si spenga il giogo barbarico si ritorni all’originaria libertà; al tempo debito accorreremo ai vostri piedi e renderemo ragione della nostra fede”. Intanto l’imperatore valuti ciò che può provocare la polemica e l’irresponsabile azione di Roma ” se il turbamento e l’ingiuria non saranno rimossi, se a qualcuno di noi toccherà pagar con la vita, nessuno delle nostre pievi sopporterà più di accedere all’ordinazione della chiesa di Aquileia”. ma si rivolgerà invece ai vicini vescovi arcivescovi delle terre longobarde “si dissolverà la chiesa metropolita aquileise, stabile sotto il vostro imperio, per mezzo della quale, con il favore di Dio, controllate le chiese delle genti nemiche”. [1]

Durante il governo di Eraclio 

In laguna, intanto, comandava il Magister Militum e, pare avesse scelto come base l’isola di Torcello.  Dopo il 640 la sede venne però trasferita a Civitanova e il governo imperiale dimostrò così un continuità politica con le vecchie istituzioni tardo-imperiali (Oderzo era l’antica sede amministrativa e militare della provincia, e gli abitanti erano fuggiti appunto a Civitanova dopo la venuta dei Longobardi).
In Oriente Eraclio distrusse i Persiani e, prima dell’invasione degli Arabi del 641, tutto l’impero dall’Italia all’Eufrate era riconquistato. In Italia venne nominato Esarco un certo Isacco.
Un’iscrizione nella chiesa dedicata a Santa Maria Madre di Dio dice che viene fondata nel ventinovesimo anno di Eraclio per ordine dell’Esarco Isacco a ricordo dei suoi successi e di quelli del suo esercito. La costruzione è portata a termine da Maurizio il locale Magister Militum e consacrata dal vescovo Mauro.

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Questa iscrizione marmorea dimostra due cose: la prima testimonia sicuramente la effettiva nascita di Venezia, la seconda, invece, cancella le patriottiche date dei natali della città lagunare del V secolo.
Il legame nel 639, tra Venezia e Bisanzio, è ancora fortissimo e la provincia Venetiarum è ancora parte integrante dell’immenso impero d’Oriente, e i suoi capi rispondevano direttamente a Ravenna.
La consacrazione della cattedrale di Torcello alla Madre di Dio, la greca Theotokos ci dimostra l’ortodossia religiosa dei cristiani di Venezia (431 Efeso aveva dichiarato Maria come Madre di Dio e non solo Madre di Cristo).

Venetia e Regnum Langobardorum 

Al tempo di Anastasio II (713-715) e di Liutprando (712-739)  accadde un fatto molto importante per la storiografia veneziana. Ci fu la nomina del primo DUX, ossia il primo Doge e quindi primo capo della comunità lagunare, e secondo Paolo Diacono fu un certo Paulicio che poi negoziò l’indipendenza con l’Esarco e il Re longobardo. Questa affermazione è ovviamente intrisa di leggenda. Paulicio era quasi sicuramente un funzionario bizantino con il titolo di Dux scelto dall’esarca di Ravenna.
Marcello, il magister militum per Venezia, definì solamente i confini di quanto rimaneva del territorio bizantino sulla terraferma e questo dimostra quanto Venezia fosse ancora sotto le dipendenze di Bisanzio all’epoca di Anastasio II.

Durante l’iconoclasta 

Nel 736 Leone III emanò un decreto sulla distruzione delle immagini e mentre in Oriente questo non creò grossi problemi, in Occidente il Papa guidò tutta la cristianità alla rivolta. Paulicio venne assassinato nel 727 e i Veneziani si unirono nella rivolta. I soldati si ribellarono e scelsero un certo Orso (o Ursus) con il titolo di DUX, la rivolta venne soffocata nel sangue in brevissimo tempo. Leone a quel punto decise di concedere una certa autonomia “ la provincia di Venetia conservata da Dio ”, riconobbe così Orso come primo governatore o dux locale e gli concesse il titolo bizantino di hypatos (console). Nel 732 i Longobardi occuparono Ravenna e i Veneziani aiutano i Bizantini a liberarla, fornendo loro delle navi per la riconquista della città. Nel 751 Ravenna cadde in mano definitivamente ai Longobardi e Venezia rimase così gestita da un Dux (inizio guerra civile tra le famiglie). Tra il 774 e il 775 venne creata una sede episcopale a Olivolo (Castello) nel gruppo delle isole di Rialto e il primo vescovo di quella chiesa, Cristoforo,  fu sicuramente un bizantino. 413px-Doge_Maurizio_GalbajoNella seconda metà del VII secolo i Veneziani conservavano ancora un forte senso di lealtà verso Costantinopoli soprattutto sotto i Galbai. Maurizio Galbai venne insignito del titolo bizantino di Hypatos e Stratelates e seguendo la tradizione dei cugini orientali coopta suo figlio alla guida della città.

Venezia, i Franchi e Bisanzio 

Nel 789 cade la prima iconoclastia, il Papa e l’Occidente si riavvicinarono a Bisanzio. Ma qualcosa ormai si era rotto, il Papa non poteva più confidare nell’armate bizantine per la difesa della sua incolumità. Quindi Roma chiese aiuto a Pipino III Re dei Franchi.
L’Imperatore bizantino, Costantino V, tentò un alleanza con i Franchi ma le vittorie di Pipino e Carlo Magno resero tutto inutile. La provincia di Venetia era tutto ciò che restava all’impero bizantino nel nord Italia. Nel giorno di Natale del 800, Carlo re dei Franchi venne incoronato Imperatore dei Romani da Papa Leone III, entrambi credevano di aver rifondato l’impero d’Occidente. Ci furono grossi scontri diplomatici per la definizione di “imperatore dei Romani” che non voleva essere riconosciuto da Bisanzio. L’Impero era solamente uno per definizione e quello si trovava a Costantinopoli. Altri erano solamente pallide copie di origine barbarica. Qualche tempo dopo, però, l’Imperatore bizantino, Niceforo I, riconobbe il titolo di “Imperatore” (sorvolando o non affermando implicitamente che lo fosse “dei Romani”). Intanto a Venezia vinceva il partito filo-franco e nel Natale del 805, Obelario e Beato andarono da Carlo Magno ad Aquisgrana nella speranza che fosse concesse loro, e a tutto il loro popolo,  l’indipendenza della provincia(alla fine non la ottennero). Bisanzio reagì. Non poteva tollerare che una parte delle sue terre si comportasse da stato indipendente e mandò immediatamente una grande flotta al comando del patrizio Niceta. Gli ordini erano chiari, ristabilire una pace sociale e riportare Venezia nell’alveo imperiale e fuori dall’influenza franca. Niceta, così, arrivò a Venezia e riconobbe l’usurpatore Obelario a cui viene riconfermato il titolo di spatharios. Venezia ritorna nell’ovile bizantino e Niceta firma il trattato con i Franchi (Pipino). L’accordo prevedeva il ritorno politico dei bizantini nella provincia veneziana che però sarebbe stata difesa e protetta dai Franchi dagli attacchi dall’entroterra. I Bizantini, in compenso, si impegnavano a difendere la zona dagli attacchi dal mare da parte dei pirati slavi. La pace durò pochissimo. I Franchi volevano conquistare tutta la parte settentrionale della penisola e assoggettarla alla loro volontà. Pipino, così, decise di attaccare Venezia con un grande esercito. Eraclea e Malamocco vennero completamente distrutte. Bisanzio mandò subito un’altra flotta, al comando dell’ammiraglio Paolo che giunse in Adriatico giusto in tempo per far cambiare idea a Pipino. Venezia fu costretta a pagare solamente una piccola tassa al regno franco.

Nell’810 l’Imperatore Niceforo mandò Arsafi, come ambasciatore per parlare con Pipino. Giunto alla corte franca lo trovò però morto e quindi dovette rivolgersi a suo padre, Carlo Magno. I due Imperi firmarono un accordo definitivo, che di fatto divise le sfere di influenza. Tutta la vecchia provincia della Venetia et Histria andò in mano ai Franchi con l’eccezione della Venetia marittima (e parte dell’Istria), che invece rimase in mano bizantina. firmando un nuovo trattato per suddividersi le sfere di influenza. Appena un anno dopo, vennero cacciati sia Obelario che Beato, che rappresentavano il partito filo-franco e venne messo a capo della provincia Agnello Partecipazio che rappresentava il partito filo-imperiale.

autore: NICOLA BERGAMO

Bibliografia essenziale 

D.NicolVenezia e Bisanzio , Rusconi, 1990
“Venezia dalle Origini a Pietro II Orseolo” di Gerardo Ortalli

[1] pag 351 “Venezia dalle origini a Pietro II Orseolo” di Gherardo Ortalli.

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