Memorie degli iconoduli in Calabria

L’iconoclastia, o iconoclasmo, mossa da Leone III Isaurico (717-41), suscitò in tutto l’Impero lunghi anni di conflitti anche armati tra gli iconoclasti e quelli che per disprezzo vennero detti iconoduli, gli “schiavi delle immagini”. I vescovi di Roma e gran parte delle popolazioni italiane  si schierarono in difesa delle sacre icone e dei santuari, ottenendo infine nell’843 con papa Gregorio IV la definitiva vittoria.

Queste poche righe si curano degli effetti dell’iconoclasmo nei domini occidentali romei. Nel 732 lo stesso Leone III, di fronte all’ostilità di papa Gregorio III, sottrasse all’obbedienza romana le diocesi, e le sottopose all’arcivescovo di Reggio e a Costantinopoli. Siamo molto lontani dallo scisma del 1054, e si tratta solo di questioni organizzative e di potere, e che, in linea di principio, non inficiano l’unità della Chiesa; tuttavia è palese che la monolitica fedeltà dei vescovi all’Impero li rendeva assai diversi dai loro omologhi cattolici nel vasto disordine europeo seguito alla morte di Carlo Magno (814). La latinizzazione delle diocesi sarà un effetto della conquista normanna e dell’intesa con la Chiesa Romana, e anche un’operazione politica atta a rimuovere un fatto estraneo e ostile; anche se resteranno a lungo isole di rito greco. Tutto questo è noto.

Si può tuttavia dissertare di un effetto molto meno conosciuto del lungo scontro tra iconoclasti e iconoduli, e qui ne trattiamo come di una verosimile ipotesi.

In più luoghi sacri della Calabria si narrano leggende come questa, molto bella, della Madonna dei poveri di Seminara. Viene ritrovata in un luogo selvatico una statua di Madonna nera; vi si reca il clero, e la statua resta ferma come si rifiutasse; e così quando vanno i nobili; e così le corporazioni; finché non vanno i poveri, e la Madonna li segue.

Di ritrovamenti in qualche modo prodigiosi si parla anche a proposito di famosi santuari: a Conflenti un cervo inseguito scopre la Madonna di Visaora o della Quercia; una cerva fa ritrovare la Madonna delle Armi a Cerchiara; a Laurignano di Dipignano un mendicante cieco sognò che la Madonna, apparsagli avvolta di luce, lo invitava a lavarsi in una fonte, e da allora recuperò la vista, e in quel momento intravide il quadro della Vergine; a Polsi, sede di un fenomeno di sincretismo tra il mito della Sibilla e la presenza della Madonna, una croce di ferro viene ritrovata da un toro sfuggito al padrone.

Molte altre immagini religiose hanno un’origine mitica, come si conviene alla loro sacralità, ma si tratta di tradizioni diverse come naufragi o di acheropite, immagini non fatte da mano umana quale l’Acheropita di Rossano.

Non è improbabile che statue e quadri di cui si racconta il ritrovamento miracoloso o prodigioso siano stati prima nascosti in qualche circostanza che lo richiedesse, e prima fra tutte l’esigenza di sottrarli a quelli che li “spezzavano”; un eventualità simile a quella per cui vengono alla luce i tesoretti di monete sepolti e dimenticati.

Numerose località calabresi portano il nome di “Cona”, o varianti “Coniedhi, Conicerha”; o “Santicerhi” o “Santopolo”, latino o misto greco latino: ricordano comunque delle icone (“eikòn”), o difese o esaltate o in qualche modo sfuggite alla distruzione o anche solo al divieto.

Il culto delle immagini è tuttora vivo come oggetto di venerazione nelle chiese, spesso da condurre in processione rituale. Una costumanza particolare è quella di recare le immagini nei paesi abbandonati o in luoghi di cui si ricorda in qualche modo fossero stati abitati, quasi i “santi” dovessero tornare almeno una volta l’anno in luoghi a loro propri, anzi più propri e più sacri dell’insediamento consueto.

La sacralità dell’immagine non ha quasi mai nulla a che vedere con il pregio artistico; si tratta quasi sempre di produzioni artigianali e di materiale povero, secondo l’iconografia tradizionale, solo impreziositi, a volte, di vesti e altri ornamenti. La venerazione promana dalla sacralità che l’immagine acquisisce con il tempo e con i miracoli che le si attribuiscono.

autore: ULDERICO NISTICO’

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Di Nicola

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