Musica kazara tra Bisanzio e Rus'

Musica kazara alla fine del primo millennio

Nell’anno 988, la Russia nella zona di Kiev fu Cristianizzata prima ancora di essere costituita in uno stato vero e proprio. La Chiesa tentò immediatamente di dominare tutti gli aspetti della cultura, spingendo il principe Vladimir (980-1015) a cercare aiuto, nei Bizantini, con l’intento di instaurare l’Ortodossia. Ciò avrebbe significato lo scontro con i pagani all’interno dello stato, il Cattolicesimo dall’Ovest (Eresia Latina), l’Islam dall’Est e il Giudaismo (Eresia Ebraica) dall’Est, che era condiviso dalle fazioni interne dell’Impero Cazaro, distrutto nel 965 da un’invasione dei Rus’ (1) guidati dal Principe di Kiev Svjatoslav. Ben cosciente del potere della musica, la Chiesa nella sua politica di isolazionismo ‘tentò di controllarne sia gli aspetti sacri, che quelli profani inneggiando ad uno scetticismo contro ogni tipo di arte popolare, colpendo anche la folk music di origini ben più antiche’ (2).

L’organizzazione ecclesiastica riuscì dunque, attraverso questa politica, ad unificare il concetto di sacro e nazionalistico , ricreando un effetto di genuinità Russa alla quale venivano opposti i concetti di popolare e alieno , impersonati dalle tradizioni Occidentali definite malvagie ed oscure. La musica folkloristica dei contadini Russi, che si sarebbe sviluppata principalmente tra l’XI e il XVII secolo, aveva natura modale e monodica, e pertanto facilmente accostabile alla tradizione Bizantina imposta dalla Chiesa (Canti Gregoriani, tropi e sequenze). Oggetto delle repressioni ecclesiastiche, furono principalmente ritmi e danze collegate ai riti pagani, che venivano negativamente collegati ai concetti di popolare-straniero-nuovo, arrivando ad un livello di repressione della musica popolare che mai nessuna Chiesa attuò in nessun altro luogo né tempo. Al contrario di quella Cristiana, la Chiesa Ortodossa si prodigò, a partire dal X secolo, in una sistematica persecuzione della musica folkloristica, soprattutto di natura strumentale, nel tentativo di repressione di ogni forma di paganesimo. I Gran-Duchi di Kiev, nonostante fossero costretti a palesare la loro opposizione in pubblico data la loro dipendenza dalla Chiesa, incoraggiavano nelle corti la produzione e l’esecuzione di tal musica; rimane celebre un passo che descrive la visita del Saintly Monk Feodosij Pecherskij al Principe Svyatoslav nel 1073:

Una volta Padre Fedosii venne in visita al Principe Svyatoslav Yaroslavich. Entrando nella stanza dov’era il principe, il Padre vide davanti a se molti musicisti che suonavano il gusli (un tipo di zithar), organi ed altri strumenti, divertendosi come al solito. Il Padre, sedendosi a lato, guardando in basso, abbassò la testa e, chinandosi leggermente, gli disse: ‘Sarà così il futuro?’. Il Principe, immediatamente colpito dalle parole del santuomo, versò una piccola lacrima ed ordinò ai musicisti di smettere di suonare. In seguito, quantunque ascoltasse musica, una volta saputo che il padre sarebbe venuto in visita, ordinava ai musicisti di smettere.”

Fino al XII secolo imperversò questa tendenza delle classi nobili, di ubbidire pubblicamente alle restrizioni, e di godere dei piaceri dell’arte proibita nei luoghi privati.

La prima fonte iconografica relativa a questi musicisti, risale all’affresco di Santa Sofia nella Cattedrale di Kiev, datato XI secolo. In esso i musicisti imbracciano strumenti a fiato, simili alle trombe, i cembali, strumenti a corde pizzicate che sarebbero diventate famose in seguito in Ucraina, ed addirittura l’organo, che era però relegato alla musica popolare, rinnegato da quella sacra. Sono note anche le fonti in cui i ‘liristi’, i musicisti di professione della vecchia Rus’, si accompagnano con il gusli , simile ad un salterio, le cui canzoni non erano scritte a scopo di divertimento o accompagnamento, bensì erano cibo per la mente, avevano natura spirituale, toccando argomenti religiosi e facendo proprie, di tanto in tanto, le melodie popolari.

In particolare il salterio era utilizzato in tutte le occasioni musicali, per l’accompagnamento alla voce, in canzoni di carattere allegro, che raccontavano storie sull’origine della Russia, più simili a favole, sebbene basate su fatti storici realmente accaduti. Tra i più famosi narratori, s’annovera Boyan, un eroe leggendario, vissuto realmente nella Russia dell’XI secolo, che compose La Lei dell’ospite di Principe Igor (3)

Siccome Boyan era un mago
Se doveva creare una canzone,
Si muoveva in tutte le direzioni
Tra gli alberi come uno scoiattolo
Come un lupo grigio nella steppa
Come un’aquila scura tra le nuvole.
Si ricordava, diceva, della guerra dell’inizio dei tempi.
Avrebbe liberato dieci falchi per attaccare un gruppo di cigni;
Il primo cigno colpito cantava la prima canzone…
Ma i dieci falchi di Boyan, fratelli, non attaccarono nessun cigno,
Egli schioccò le sue dita magiche
E tutti insieme inneggiarono gloria ai principi

Tra gli strumenti in uso, ricordiamo il gusli, la svirel (un legno molto simile all’oboe), il gudok (simile ad un violino, il cui più antico esemplare venne ritrovato a Novgorod, terra di eroi, che riuscì quasi a creare uno stato nello stato tra il XII e il XV secolo, costituendosi come repubblica indipendente) e anche corni e tamburi, piccole campane, tamburini e piccole percussioni. Tali strumenti venivano principalmente utilizzati durante i riti, i banchetti, le cerimonie di corte e probabilmente nei templi pagani. Skomorokhi era invece il nome dei musicisti che eseguivano queste musiche, in occasioni di matrimoni nei templi di Kiev e, più tardi, anche in quelli Moscoviti, accompagnati da acrobati, marionette e giullari, che perpetuavano la cultura medievale. L’origine di questi uomini di spettacolo rimane però incerta, forse provenivano da una cultura Bizantina, forse dall’Europa dell’Ovest o dall’Impero Siriano, incertezza ancor più accentuata date le eccessive possibilità d’interpretazione a livello etimologico.

La prossimità dell’Impero Cazaro al Rus’ (4) tra il VII e il X secolo, stimolò delle connessioni che avrebbero poi influenzato il futuro della Rus’ Kievana . Le prime popolazioni Russe, infatti, assorbirono non solo la città di Kiev, ma anche molte delle sue caratteristiche sociali, quali il sistema di governo, le procedure legali e l’organizzazione militare, come anche certe arti, costumi ed acconciature. Molte parole derivarono, infatti, dal lessico Cazaro, quali bogatyr (impavido guerriero), telega (carro, auriga), bayan o bojan (cantore). Si può dire che lo stato Cazaro fosse uno stato super-etnico (5) che metteva in contatto Est ed Ovest, imponendosi prepotentemente come Impero per circa due secoli. Prima della Cristianizzazione della Russia, a Kiev, coesistevano già skomorokhi e preti pagani volkhvy; ciò comportava una condivisione dello stesso territorio da parte di Slavi dell’Est ed Ebrei Cazari. Fu in questo periodo che gli ebrei di Kiev si acculturarono sfruttando le interazioni tra le fonti culturali Cazare e quelle di lingua Slava, fino alla nascita di casate proprio col nome di Skomorovsky , seguita da altre, con riferimenti insindacabili al mondo musicale del tempo.

La più antica fonte Russa riguardante i skomorokhi , risale solo al XII secolo, quando ormai questi erano divenuti un fenomeno marginale della società, e si erano ri-organizzati all’interno di compagnie viaggianti. Professori di una contro-cultura, essi rappresentavano una minaccia sia per le autorità spirituali che per quelle temporali, che li perseguitarono additandoli come ‘Minaccia al regime’ soprattutto nel ‘Era dei Disordini'(6) tra il XIV e il XVII secolo.

Non si può dire come si sarebbe sviluppata, nel corso dei secoli, la musica popolare se non vi fossero stare le persecuzioni dei skomorokhi . È altrettanto vero, però, che la loro fine giunse indipendentemente dalla loro buona o cattiva sorte. La vera risposta risiede nell’organizzazione della Chiesa Ortodossa Russa, che relegò musica sacra e profana ad coesistenza tanto stretta quanto nascosta, completamente all’oscuro dell’avanzamento musicale nella musica Occidentale. Nell’anno della repressione definitiva, promossa dallo Zar Alerei Mikhailovich e rafforzata dalla chiesa (1648), moriva Frescobaldi, lasciano dietro di sé una sviluppata stirpe di organisti. I suoi discepoli svilupparono i generi di sonata da chiesa e sonata da camera nelle culture Tedesca, Francese ed Inglese, fallendo però in Russia, data la totale mancanza di sviluppo della cultura musicale strumentale.

Pur potendo obiettare che le cause del limitato sviluppo musicale Russo potrebbero esser altre, quali il gioco imposto dall’Impero Mongolo, sono numerose le controprove che addossano la colpa all’Ortodossia Ecclesiastica. Il cambiamento dal periodo di repressione della musica a quello del suo primo sviluppo, coincide perfettamente con quello dall’età pre-Pietrina, quando dominava ancora la Chiesa, a quella di Pietro il Grande; secondariamente, anche altre nazioni Ortodosse, quali Serbia, Romania, Grecia ed Armenia, pur non avendo subito il giogo Mongolo, sono prive di una tradizione di musica strumentale antica.

La visione della musica, nella cultura Cazara, era stata presa a prestito da quella Bizantina, che divinizzava le origini di quest’arte, portatrice di rivelazioni, attraverso messaggeri celesti, gli Angeli. Le parole degli scrittori di canti più dotati, venivano divinizzate quasi come quelle dei libri di culto, come si può discernere dalle parole del filosofo Grigory Nissky del IV secolo ‘Una filosofia che si esprime con la melodia è un profondo mistero. Una melodia insignificante si fonde con le parole dello Spirito per spiegare il vero significato, nascosto dentro le parole’. Da Bisanzio quindi, i Russi acquisirono anche il concetto di un’arte rigida, con regole che sembravano determinare ogni singolo respiro, ammettendo nel Sacro soltanto i cori maschili e i soli laconici, anch’essi maschili.

Le popolazioni slave, cominciarono però ad introdurre canti popolari, estrapolati dalle più diverse culture, assimilandoli in quella Russa, fino a farli entrare nell’ambiente ecclesiastico. Fin da tempo immemore, infatti, i testi sacri erano declamati nella lingua dei nativi ma, col tempo, queste letture subirono il fascino della declamazione e del cantilenare Slavo, fino alla creazione del canto znamennoye che deriva dallo slavo antico per ‘parola’: znamya .

Si diffondeva in quegli anni l’opera di Guido d’Arezzo, che facilitava l’apprendimento dei melismi gregoriani attraverso la solmisazione sillabica e inseriva le note in un rudimentale pentagramma per rendere la musica più accessibile. In un ultimo sforzo protezionistico, la Chiesa Ortodossa cieca davanti a queste invenzioni, continuò ad imporre codici complicati per la trascrizione dei canti liturgici. Essendo la musica portatrice di un messaggio divino, esse poteva pertanto aprirsi solo a colori i quali fossero stati degni, e si fossero applicati con testarda caparbietà alla decifrazione delle arcane scritture.

autore: ENRICO BERTELLI

Si Ringrazia il Dr Giampiero Novello per le precisazioni di carattere lessicale ed i riferimenti ai fatti storici specifici.

Note al testo

1) Con tale termine si indicava, fino alla conversione del 988 l’élite scandinava che dominava nel territorio della Rus’ Kievana, distinta etnicamente dal ceppo slavo. Si perse tale distinzione successivamente a tale data, per l’integrazione delle due culture.
2) Dagli appunti di M.H. Brown
3) Letterale dall’Inglese The Lay of Prince Igor’s host
5)Formato da molteplici etnie, da definizione di L.N. Gumilev
6)Letteralmente dall’inglese ‘Time of Troubles’

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Di Nicola

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