800px-Olga_and_her_dead_husband_Igor

Tutto quanto detto finora, ci ha fornito degli elementi di base per immaginare la società slavo-balto-finnica settentrionale e la sua costituzione, includendo pure quei minimi contributi culturali non slavi apportati dai Variaghi.
Abbiamo visto che qui governa l’anziano, impersonando l’autorità delegata dall’assemblea (simile, ma non corrispondente al Thing scandinavo!) di tutti gli appartenenti alla comunità e che le élites (formate da coloro che poi si chiameranno bojari ossia maggiorenti e corrispondenti ai primores della letteratura franca) hanno la responsabilità, stavolta senza delega “popolare”, di agire da organo esecutivo dei progetti di vita approvati. Questo spazio democratico virtuale è apparentemente aperto, ma in realtà ha dei vincoli: Non sono ammesse differenze etniche o culturali per coloro che vi si aggregano. Anzi, tutti sono obbligati ad assimilarsi all’etnìa più forte rappresentata qui dagli Sloveni.
Una tale struttura è già uno stato? E, se sì, di che tipo? Che confronti possiamo fare per comprenderlo meglio e senza mai dimenticare che tutto deve essere, com’è naturale, interpretato (sarebbe meglio dire, santificato) con il Paganesimo vigente?
Senza voler disquisire troppo sul concetto di stato e sulla sua esatta definizione, aggiungiamo che in questo periodo storico di modelli statali intorno alle Terre Russe immediatamente da studiare e da imitare ce n’erano e qualcuno era anche molto antico. Purtroppo fino alla metà del X sec. di Novgorod non sappiamo alcunché (né di Kiev) e non possiamo fare che delle congetture di quel che presumibilmente stava accadendo in questa regione, se non riferendoci alla storia del Baltico, ad esempio. Tuttavia anche da questo lato c’è ben poco nelle fonti e perciò dobbiamo rassegnarci ad attendere che le CTP s’interessino delle Terre Russe del Nord più da vicino e ci raccontino qualcosa di affidabile…
Ciononostante occorre sottolineare che, fino a quando non riusciamo a capire se gli Sloveni abbiano avuto intensi contatti con il mondo esterno, sempre col Baltico in primo luogo e non solo per tramite variago, sulle origini della repubblica novgorodese ci sarà sempre dell’oscurità.
Nell’800 ca. è nata Birka/Björkö anch’essa collocata sulle rive di un lago e arretrata rispetto al mare di poco meno di una cinquantina di km per questioni di sicurezza. Agli inizi del X sec. già si notano interessanti cambiamenti politici e religiosi in questa “sorella maggiore” di Novgorod perché essa ha risvegliato l’interesse dei vari signorotti scandinavi (e non solo) a controllarla e di conseguenza anche del Vescovado di Amburgo-Brema a cristianizzarla (). Di certo, i novgorodesi hanno avuto notizia della fondazione di quel vescovado (ca. 864) e della sua attività, ma a quel che sembra non hanno neppure la più pallida idea di quanto sia realmente esteso il mondo intorno a loro () benché abbiano un grande territorio tutt’intorno da sfruttare e da gestire collegandosi meglio con le altre realtà internazionali. In conclusione probabilmente Novgorod non è ancora venuta a contatti più stretti col mondo dei traffici di questo centro situato nella seppur non lontana Svezia da dove provengono i Variaghi, né Birka al momento sembra ricevere alcun eco delle situazioni che si creano nelle Terre Russe per cui non riusciamo a fare dei confronti finché i documenti rimangono così scarsi ().
Non è però tutto così spaventosamente misterioso, perché la persona che avrà una visione d’insieme è proprio una di queste parti, Olga di Kiev () nata a Vybutsk (una leggenda la indica quale fondatrice diVitebsk, confondendo i due toponimi), un villaggio nei dintorni di Pskov. Figlia di Variaghi (il suo nome in realtà è Helga), ma ormai slavizzata al punto giusto (), è ben conscia delle “situazioni settentrionali” e, benché conosciuta dalla storia nella seconda metà del X sec., trasferitasi a Kiev sarà la prima ad accorgersi che questa sua nuova patria ha un’individualità politica e un’organizzazione economica migliore in quel momento storico di tutte le altre città russe e quindi di gran lunga superiore politicamente persino a Novgorod che è invece ai suoi primi passi. Un embrione di stato, con capitale Kiev, esiste già proprio in funzione dello spazio e delle genti che i locali slavi Poljani hanno saputo assoggettare, fra le quali alcune genti del Nord come Dregovici e Krivici (sebbene in parte)! Ormai da qualche anno il knjaz di Kiev compie il suo poljudie (specie di tournée di raccolta delle imposte) impersonando l’autorità garante dell’ordine e la rappresentanza divina che concede la vita alle stesse genti su cui il knjaz fa da signore.
Eppure Kiev non può vivere senza l’apporto economico del Nord, ma il Nord, a sua volta, non può evitare di usufruire della logistica e dei mercati del Sud. Siccome però Kiev è il punto dove i traffici si possono concentrare meglio per poi essere smistati, con gli uffici degli espertissimi mediatori internazionali che qui operano, verso il Mar Nero e accedere ad uno dei mercati più ambiti e raffinati del mondo e cioè Costantinopoli, ecco che il nuovo soggetto politico nato sulle rive del Volhov non può non far parte dello stato kieviano, come Olga lo vede.
La politica che essa inaugura, seguita in questi intenti dal debole marito Igor’ già quando costui era ancora in vita, è di avvicinarsi e di fondersi dapprima alla comunità slavo-poljana di Kiev, rafforzandola (un consolidamento è pur sempre necessario) contro la soggezione cazara della quale occorre liberarsi, per poi passare all’annessione del resto delle comunità sparse nel territorio, nei modi possibili e permessi dai mezzi del tempo.
Si accorge che molti stati europei stanno guardando con interesse da questa parte d’Europa (gli Ottoni, il Regno Franco in generale, i famigerati Cazari) e quindi decide che non può lasciare che la Terra Russa sia considerata una semplice miniera da sfruttare a piacere usando dei suoi abitanti come se fossero dei semplici “animali selvaggi” o schiavi di poco valore (). L’élite kieviana deve essere riconosciuta come l’unico vertice del potere nelle Terre Russe e poter scegliere liberamente i suoi partners politici e commerciali per governare i propri soggetti secondo le proprie tradizioni e le proprie usanze. Per far ciò deve saper amministrare anche i propri affari, nel modo ottimale.
Olga avrà il vantaggio di essere la prima a viaggiare da una parte all’altra delle Terre Russe in modo diverso dal poljudie e, pur rendendosi conto della difficoltà delle comunicazioni nell’immenso territorio, prenderà nota delle lingue e delle culture dei sudditi possibili e inizierà, non appena avrà concentrato il potere nelle sue mani, l’applicazione d’un sistema che tenga questa realtà eterogenea unita e preparata ad essere governata dai suoi discendenti.
Sarà lei a fissare i concetti di imposta cioè il dan’ dovuta a Kiev, delle prestazioni di lavoro a tempo determinato da fornire al kniaz o uroki (oggi in russo si chiamano così i compiti dei ragazzi da mostrare al maestro un certo giorno a scuola!). Disseminerà il territorio di specie di grandi alberghi (pogosty) per il knjaz e per il suo seguito quando questi si recheranno presso una certa località per andare a caccia o per i funzionari kieviani mandati a raccogliere il tributo o dove esercitare le funzioni di tribunale supremo nelle liti fra villaggio e villaggio. In altre parole Olga metterà Kiev in condizioni di amministrare più razionalmente eliminando l’interminabile poljudie che ancora si compiva ai suoi tempi lasciando Kiev sguarnita del suo knjaz per così lungo tempo. Al ritorno (dopo mesi di assenza) c’era sempre il pericolo di ritrovarsi spodestati!
Allora i ruoli sono fissati: Kiev rimane la Madre delle Città Russe e il Nord è la regione che produce, ma nell’ambito di uno stato unitario kieviano!
E’ un compito davvero immane e difficile per questa donnacce richiede la raccolta di informazioni per formarsi la conoscenza occorrente a concepire tale complicata organizzazione che lascerà il segno in tutta la Pianura Russa. Se dobbiamo credere alla tradizione la presenza di Olga ha lasciato memoria in molti posti, da Nord a Sud fin nei pressi di Monsignor Grande Novgorod…
E allora vediamo di conoscere gli eventi che conducono Olga ad approdare a questa rivoluzione e ai suoi importanti risultati. Da dove iniziare? Da Oleg naturalmente che con le sue azioni selvagge certamente non avrebbe mai immaginato che si potessero realizzare grandi cose nelle Terre Russe, oltre al saccheggio.
Da quel poco che si riesce a cogliere dai documenti della personalità di costui si può dedurre proprio l’estrema rudezza e l’immensa avidità. La tradizione popolare russa però ce lo ha tramandato in tutt’altro modo e persino positivo, ma forse gli aspetti del suo agire ambizioso e la fortuna di indovinare quasi sempre l’esito vittorioso dei suoi scontri, rispetto al passivo Igor’ che non partecipa alle imprese del suo ex protettore (opekun), giustificano il soprannome che gli è rimasto addosso, Vesc’c’ii ossia ilChiaroveggente.
Siamo dunque a Kiev dove il nostro knjaz sta aspettando l’occasione buona per poter assalire la mitica capitale dell’Impero Romano… Tuttavia per qualche anno Oleg deve starsene tranquillo poiché la situazione per Kiev è abbastanza difficile da quel lontano giorno della sua entrata trionfale in città. Ci sono infatti importanti movimenti dei nomadi nelle steppe ucraine e i gli scontri coi Cazari sono diventati più frequenti.
Persino i Magiari si sono mossi dalla loro sede dell’Alto Volga essendo stati coinvolti direttamente in questi disordini e così in questi anni, addirittura, arrivano a fermarsi sotto Kiev mettendo in crisi la città. Kiev sfortunatamente dovrà abituarsi a causa della sua collocazione geografica a questi inevitabili problemi che nascono nelle steppe: Basta occupare il basso corso del Dnepr perché i traffici dalla città risultino impediti o strozzati dai pesanti balzelli e dalle razzie tipiche dei nomadi!

olga di Kiev
Comunque sia, finalmente i Magiari valicano i Carpazi e si sistemano definitivamente nella Pannonia già slava e, per Oleg, giunge il momento d’agire. Riunite le bande variaghe che lo seguono, si mette in campagna militare diretto a Costantinopoli.  Siamo nel fatidico 907 (anno 6415 del calendario ortodosso)…
La sequenza delle azioni militari descritte nelle CTP sono quelle canoniche: Una corsa con le navi dal Dnepr fino al Bosforo, mentre sulle rive seguono, forse sotto l’apparenza di mercanti che portano cavalli da vendere, altri uomini armati. Una volta riuniti questi a quelli che sono arrivati dal mare, si da l’assalto alla città. Naturalmente niente sfondamento di mura, perché non ci sono i mezzi adatti, ma la solita rappresaglia di devastazione delle case fuori delle mura teodosiane (il cosiddetto Corno d’Oro è stato sbarrato con le catene sott’acqua costringendo Oleg a fare tutto un giro via terra per giungere alle mura) allo scopo di obbligare l’Imperatore a venire a patti ossia a pagare riscatti per i giovani catturati e per ricavare quant’altro sia possibile.
C’è un problema: Questo assalto, la sua conclusione a favore di Oleg e tutto il resto di leggende e fatti curiosi legati all’impresa non hanno alcun riscontro nella storiografia imperiale contemporanea! Vale perciò la pena fare qualche considerazione, condividendo lo scetticismo espresso su questo episodio già nel 1800 dallo storico N. Polevòi ().
Prima di tutto, sappiamo che i kieviani non avevano una cavalleria e inoltre che, per cause politiche “bulgare” di quegli anni, non era possibile transitare lungo le rive del Mar Nero fino al Bosforo così tranquillamente! Le CTP poi parlano di 2000 navi russe con relative ciurme sotto Costantinopoli, ma sono numeri veramente improbabili! Al contrario, e l’abbiamo già detto, è inutile immaginare vere e proprie flotte di navi lungo i fiumi russi. E’ più realistico vedere una serie di barconi legati l’uno all’altro affinché, a causa di una manovra sbagliata, non comincino a girare su se stessi trascinati dalla corrente. Scendere il Dnepr in sé non è facile. Il grande fiume non è navigabile con grosse navi agevolmente neppure oggi per le sue numerose rapide che si superano soltanto con un sistema di chiuse con salti di oltre 30 m. Tale situazione era talmente famosa già per la descrizione fattane dall’Imperatore Costantino VII il quale parla con ammirazione della capacità dei russi di riuscire a saltare ben sette cateratte prima della foce. I russi infatti erano conosciuti come esperti costruttori di barche, ma non di navi! Famose erano le loro imbarcazioni smontabili e per due motivi: 1. sapevano utilizzare tutto il legname ricavabile da un unico albero scelto apposta per ricavarne una sola e capace barca e 2. sapevano manovrarle in tal modo da essere veloci a fuggirsene dopo un assalto (dromites li chiama Costantino VII Porfirogenito), purché le acque e le correnti lo permettessero. In queste condizioni al massimo ci si può aspettare un convoglio di duecento barche in movimento e non di duemila, come invece con evidente esagerazione informano le CTP.
Una volta passate le rapide le barche faranno una breve sosta (dopo che le ciurme hanno ringraziato e sacrificato agli dèi per essere arrivate sane e salve) nell’isoletta oggi detta di san Gregorio (una volta chiamata Berezan’) e soltanto dopo proseguiranno fino alla foce oltre il liman’ (laguna del Dnepr in comune con il Bug). Di qui sono in vista della Crimea e virando verso Sudovest fino all’ormai vicina Mesembria (oggi Nisibar) possono continuare verso Costantinopoli (oggi Istanbul), costeggiando (alla lontana) lungo le terre dei Bulgari danubiani. A questo punto è impensabile che costoro avrebbero mai lasciato passare un’armata straniera lungo la costa e… a cavallo, senza controllarla e farsi pagare il transito!
Insomma la verità su questa spedizione di Oleg è tutta da sfrondare dalle inutili esagerazioni. Allora però occorre chiedersi: A che giovava conservarla  così per i posteri?
Per la verità si sta costruendo una parvenza di legittimità intorno alla dinastia kieviana e perciò si individuano, dovunque si trovino, quei personaggi dei quali la tradizione popolare ha conservato un ricordo positivo in modo da legarli al destino che il dio cristiano ha fissato affinché nel 1015 Jaroslav (detto poi il Saggio) possa sedere di diritto sul trono dei “suoi avi” a Kiev e abbia, allo stesso tempo, confermata la sua autorità su Novgorod!
Così nelle CTP per giustificare l’assalto di Oleg ci si rifà ad un vecchio trattato di pace con i greci () che andava riconfermato, senza ricorrere a concessioni o essere spinti dalla necessità del momento, e si mostra che la riconferma “ottenuta” è un “gran successo” del nostro personaggio. Per suo merito il nuovo accordo ha persino qualche miglioria! Non entreremo qui nei particolari del trattato, apprezzatissimo da parte kieviana come possiamo immaginare, ma sottolineiamo ancora una volta l’enorme importanza che rivestiva la gestione dei traffici diretti a Costantinopoli, se affidati in esclusiva a Kiev e al suo fiume. E, per di più, l’élite variago-slava adesso è direttamente compartecipe ai profitti delle vendite! Oleg è diventato il capo-mercante che tratta da socio con gli ebrei radhaniti ()!
A questo punto non resta che assicurarsi il controllo dello stretto di Kerc’ (chiamato dai greci Bosforo Cimmerio dove la città-chiave per il suo controllo è Tamatarha ossia Tmutorokan in mano ai Cazari) dove sbocca il Don per controllare il bacino settentrionale del Mar Nero e il gioco è fatto. Teniamo a mente questi punti perché li vedremo ricomparire, nella nostra storia.
Nel 911 Oleg muore… Dove e come non si sa esattamente,  come avevamo accennato prima, ma giunti qui non c’interessa più perché la scena cambia del tutto quando a Kiev gli succede Igor’! Non è una successione semplice e ancora una volta leggendo le CTP ci accorgiamo che la situazione dei sedicenti discendenti di Rjurik non è assolutamente chiara. C’è una lotta spietata, condotta anche con mezzi subdoli, fra il variago Sveneld e Igor’ per il “trono” di Kiev e le liti e le vendette dureranno per molti anni, finanche rivolte contro Olga o Svjatoslav o i figli di quest’ultimo.
olga di kiev 2Il primo scontro fra i due capi variaghi si ha già nei primi anni quando Igor’ e Sveneld insieme cercano di sottomettere i “selvaggi” Drevljani del fiume Uzh (non lontano da Kiev) e i loro alleati Ulici che controllano il Bug e, perciò, la foce del Dnepr. La guerra durerà tre anni finché la capitale degli Ulici, Peresecen’, viene data alle fiamme, i Drevljani si ritirano e a Sveneld, il vincitore, resta il diritto di ritirare il tributo e tenerlo per sé. Dopo questa vittoria che dovrebbe aver assicurato il passaggio verso il Mar Nero nelle CTP durante il “regno” di Igor’ (e di Sveneld?) i Variaghi Rus’ li troviamo menzionati poche volte, ad esempio quando partecipano alle guerre dell’Impero Romano d’Oriente come ausiliari contro gli Arabi.
Nel frattempo nelle steppe ucraine sono comparsi ancora nuovi soggetti politici: i nomadi Peceneghi. Per questa ragione Kiev deve tornare a lottare per il controllo della sua corrente verso il Mar Nero e, per di più, è preoccupata per gli sconfinamenti e le conseguenti azioni di disturbo di queste nuove genti a cavallo.
Se i Variaghi Rus’ li abbiamo trovati nel Mediterraneo impiegati da Costantinopoli, anche i Cazari spesso e volentieri li ingaggiano nell’Anticaucaso e lungo le coste del Caspio per le loro spedizioni punitive, pagandoli profumatamente (metà del bottino ricavato). E come mai Kiev non sa niente di queste imprese, dato che la CTP non ne parla? Eppure Oleg era stato dalle parti del Volga nell’886 per imporre il tributo agli Slavi Radimici…
Sicuramente “quei Rus’” non sono di Kiev, troppo lontana e ormai rivolta più ad Occidente, verso Costantinopoli, con la quale Oleg aveva rinnovato il trattato di collaborazione economica ancora una volta nel 911. E’ probabile che fossero allora novgorodesi o gli “apparentati” slavi di Rostov. E allora perché, se appunto queste imprese le conosciamo da osservatori esterni, gli armati si fanno chiamare Rus’ che è il nomignolo, ormai acquisito, dei Variaghi di Kiev? Dichiararsi Rus’ è forse una specie di lasciapassare dalle parti del Caucaso e del Volga?
Secondo noi in parte ciò si spiega se pensiamo che la soggezione dei Poljani ai Cazari, come d’altronde ci raccontano le CTP, non è una sudditanza di uno stato sotto un altro più forte giacché in realtà Kiev non è ancora considerata uno stato vero e proprio col quale si possa trattare o stringere accordi… da parte cazara! Vi manca una dinastia sovrana!
Infatti, se confrontiamo lo status della Bulgaria dell’Oka con quello di Kiev nello stesso periodo, ci accorgiamo subito che, mentre i figli del signore bulgaro sono trattenuti come ostaggi presso il Kaghan(imperatore) cazaro come si usa fare quando si assoggetta uno stato, Svjatoslav invece è sempre con sua madre.
Concludendo, ciò è un’altra prova che uno stato “unitario” che includa tutte le Terre Russe ancora non c’è, malgrado le grandi imprese dei knjaz “maschi” descritte.
Sfogliando le Cronache dobbiamo attendere l’anno 941 per sapere di un’impresa che Igor’ conduce prima lungo le coste dell’Asia Minore, e qui con qualche esito favorevole, ma che poi continua fin contro Costantinopoli. Messo in rotta dal famoso fuoco greco, deve però tornarsene a Kiev, scornato. Nel 944 Igor’ annuncia una nuova discesa verso Costantinopoli e questa volta viene tempestivamente fermato dai ricchi doni che l’Imperatore gli manda in compenso del saccheggio evitato.
Si capisce bene che Igor’ è ancora un semplice capobanda alla ricerca di bottino e non un sovrano, come lo intenderemmo noi. L’Imperatore Romano lo ha già capito e fa un ulteriore tentativo per trattenere Igor’, mandandogli un’ambasciata con la rinnovata richiesta di chiudere le ostilità con un trattato di “pace eterna” e con tanti doni.
In questi anni la nostra Olga di Pskov è già una sposa di Igor’ in mezzo alle altri mogli (vige la poligamia, naturalmente). Tuttavia è riuscita a guadagnarsi una certa preminenza e non solo perché ha dato alla luce l’unico figlio riconosciuto da Igor’, ma perché ha un certo carattere e possiede un certo saper fare. Di comune accordo col marito, per la politica di amicizia con i Poljani, al bimbo è stato dato il nome slavo di Svjatoslav. Al tempo dell’ambasciata dei greci che abbiamo appena ricordato, Olga è ancora molto giovane mentre il ragazzino dovrebbe avere intorno ai 3-4 anni d’età…
A Kiev Olga è subito giudicata persona molto attenta e curiosa dal modo in cui presenzia le cerimonie degli incontri con i greci mostrando anche un grandissimo interesse. Fa persino le proprie critiche a Igor’ che percepisce in qualche modo la forte personalità di questa sua moglie. D’altro canto questa giovane donna “politicamente ingombrante” deve essere stata notata dai misogini greci che ne riferiscono all’Imperatore e, chissà, proprio per il tramite di qualche uomo inviato da Olga, Costantino VII Porfirogenito raccoglierà le sue preziose informazioni sulle Terre Russe, Sud e Nord, che poi ci lascerà nei suoi scritti…
L’ambasciata greca si chiude dunque positivamente, ma subito dopo una lite fra Sveneld e Igor’ porta quest’ultimo ad essere purtroppo ucciso dai Drevljani nel 945. E qui Olga da vedova accorta gioca le sue carte in modo da essere nominata reggente in nome di Svjatoslav, ancora troppo giovane, contro le pretese di Sveneld e di un fantomatico “fratello” di Svjatoslav () a nome Olaf (in russo Uleb o Gleb). Per sicurezza Olga stabilisce il suo quartier generale nella vicinissima Vysc’gorod, dove affida il figlio alle cure del fidato variago Asmud. La sua residenza sarà Kiev, ma ogni volta che potrà si chiuderà a riflettere nella sua preferita Vysc’gorod ()!
La sua nuova posizione politica gli fa sperimentare una diversa visione del mondo, ma le suscita nuove esigenze e nuove curiosità che il paganesimo composito dominante sembra non riuscire a  soddisfare. La cultura costantinopolitana in verità l’ha affascinata! Ecco dove Olga, con i pochi cristiani lì presenti che ormai frequenta, inizia a cogliere i vantaggi del Cristianesimo. Soprattutto le viene suggerito che uno stato rimane unito intorno al suo sovranosoltanto se c’è il consenso dei sudditi e questo consenso si ottiene facilmente, se si applicano i modi di fare e i comportamenti cristiani. La Chiesa cristiana infatti garantisce coi suoi riti e le sue celebrazioni continue la sacralità del sovrano e la giustezza di ogni sua azione, cose che il Paganesimo slavo non riesce a fare in modo così profondo. Tutto andrebbe per il suo verso se Olga non dovesse però lottare per convincere il suo entourage variago-slavo ad accogliere le nuove idee e la lotta è impari giacché le forze ostili sono molte persino all’interno della sua stessa famiglia…
Finalmente si sente sicura della sua posizione e decide di poter intraprendere il suo secondo viaggio (il primo lo ha già compiuto fra i Drevljani, per sottometterli all’autorità di Kiev dopo essersi vendicata per l’uccisione di Igor’). Va a Novgorod…
La laconicità delle CTP ci impedisce di capire il pregresso di questa decisione a recarsi così lontano sebbene sembri che le trattative coi novgorodesi si svolgano pacificamente e nella comprensione reciproca. Certo, Novgorod non è ancora passata allo stadio di metropoli rispetto al territorio tutt’intorno e quindi non può neppure impedire che Olga si ritagli dei propri domini “di caccia” lungo la Msta, il cosiddetto Dominio di Jazhelbyzi, o lungo la vicina Luga nell’Ingria. Quest’ultimo fiume verso la foce corre parallelo alla Narva e quindi è strategicamente importante dalla parte di Pskov…
E’ forse una strategia di accerchiamento da parte di Olga? Non lo sapremo mai. Tuttavia, se leggiamo, per quanto riusciamo a sapere dei contenuti rimasti, l’Ustav (regolamento o prescrizione) concesso anni dopo da Jaroslav a Novgorod e ai suoi domini, capiamo che, delle 8 parti in cui questo Ustav divide il territorio intorno alla repubblica, solo 5 sono di stretta amministrazione novgorodese. Gli altri invece, fra cui quelli scelti da Olga, vanno ai “novgorodesi di Kiev” come parte del diritto di sfruttamento e dei quali Olga si è autoeletta rappresentante. E’ chiaro che Novgorod conserva la sua autonomia e indipendenza insieme a Pskov…
Fuori del discorso rimane invece Polozk dei Krivici, come pure niente sappiamo di Rostov dei Radimici o delle altre città in zona Volga già toccate da Oleg.
Ormai siamo intorno al 947 d.C. e gli intenti molto pratici per cercare di costituire dei legami abbastanza forti e permanenti fra Kiev e Novgorod hanno raggiunto i loro scopi: Consolidare il ruolo economico del nord e quello di non alimentare troppe tensioni fra città abbastanza diverse nel tessuto statale che Olga ha in mente. Forse lascia un suo uomo (rappresentante o namestnik) a Novgorod (non a risiedere in città!) e, una volta tranquilla su quella situazione, la nostra eroina passa ora alla conquista del più grande mercato del mondo: Costantinopoli!
Nel 955-56 (ma forse meglio nel 957, se si vuol far coincidere la data della CTP con quella dei documenti bizantini) intraprende un altro dei grandi viaggi della sua vita, stavolta in pace, verso la favolosa Grande Città ossia Miklagårdr o Costantinopoli o Zar’grad, tradizionale e anelata meta dei suoi antenati variaghi!
Con la fama che ha acquisito (compresa la sua avvenenza divenuta proverbiale) otterrà immediatamente l’invito a visitare il nuovo Imperatore Costantino VII e il suo viaggio rimarrà famoso nella letteratura medievale poiché servì di modello per riordinare la serie di cerimonie legate all’accoglienza di importanti missioni barbare o di sovrani stranieri.
Il viaggio è descritto in tutti i particolari come avvenuto il 9 settembre 957 e durato oltre un mese nel De Caeremoniis Aulae Byzantinae () di Costantino VII Porfirogenito…
Non ci fermeremo su ogni aspetto del viaggio stesso, ma noteremo subito che la sua lunga durata ci suggerisce come Olga abbia avuto la possibilità di informarsi bene sull’organizzazione della Chiesa e sul suo ruolo reale nella conduzione degli affari di stato a fianco della figura del sovrano di fronte ai propri sudditi. Non solo! A quanto sembra da catecumena a Kiev sarà battezzata a Costantinopoli giusto in questa occasione dal famoso e bizzarro Patriarca Teofilatto (si dice che avesse 2000 cavalli e che li nutrisse con mandorle e zafferano!) che le darà il nuovo nome cristiano di Elena. Il rito la trasformerà in “unta del Signore” dando un aspetto sacrale ed un potere miracoloso, finora mai avuti, alle sue parole e alle sue azioni.
In verità Olga aveva già tentato un avvicinamento al resto dei regni cristiano-slavi e franchi prima di recarsi a Costantinopoli giacché sappiamo che aveva fatto richiesta in tal senso anche presso Ottone I (). La risposta ossia l’invio di un vescovo a Kiev che organizzi la chiesa esistente battezzando la sovrana e mettendola sotto la sua santa protezione, si farà attendere troppo a lungo. Adalberto di Weissenburg, il vescovo designato, arriverà qui da Magonza soltanto nel 962 quando Olga ha definitivamente stretto i suoi legami con Costantinopoli. Purtroppo dopo una rapida occhiata in giro, Adalberto deve tornarsene a casa senza aver concluso nulla, quasi scacciato via dalla stessa Olga…
Per inciso accenniamo al fatto che sulla data del suo battesimo ci sono alcune incongruenze tanto da lasciar supporre che di viaggi sul Bosforo ne abbia fatti ben due e che Costantino VII in una di queste visite addirittura abbia chiesto la sua mano, innamorato della sua bellezza (!), e che Olga abbia osato rifiutare.
Malgrado ciò il risultato maggiore della visita sul Bosforo è che Olga è stata riconosciuta “figlia” dell’Imperatore e Arhondissa dei Rus’, (Άρχοντίσσα) sebbene quest’ultimo titolo non sia di quelli maggiori per una sovrana come lei. Adesso Kiev non è più sola al mondo, ma è considerata degna di trovarsi in mezzo alle altre società europee e si attende soltanto il prossimo passo: Battezzare tutti i suoi sudditi presenti e futuri diventando uno stato cristiano con una chiesa organizzata così poter avere un ruolo maggiore fra le altre nazioni e persino una missione per la conversione degli altri principi del mondo.
Grandi cose, quindi… E giusto da qui inizia la lotta fra i due partiti che si formeranno quasi subito intorno a Olga: Quello cristiano di cui lei è il leader e quello pagano che fa capo a suo figlio Svjatoslav, sostenuto da Asmud e Sveneld.
A questo punto è facile per noi affermare che Olga di Kiev, con la sua importanza (o provincialità, a seconda dei punti di vista), è “reggente” riconosciuta dall’Europa (nel X sec. l’Impero Romano d’Oriente è la massima autorità politica e religiosa del continente cristiano!) ed è la vera fondatrice (altro che Rjurik!) della dinastia che d’ora in poi dominerà le Terre Russe e, proprio per questo suo enorme ruolo, sarà odiata e contrastata da ogni parte fino alla morte avvenuta nel 969.

© 2007 di Aldo C. Marturano

Bibliografia:

Le fonti principali sono naturalmente le Cronache dei Tempi Passati nelle loro varie stesure, leggibili in russo moderno dai monumentali lavori di una vita del grande D. Lihacjòv sebbene osteggiati e interdetti alla pubblicazione dal governo sovietico che arrestò varie volte lo storico-filologo intorno agli anni 30 del secolo scorso. Inoltre i monumentali lavori di S. Solovjòv (sec. XIX) e di N. Karamzìn (sec. XVIII-XIX) costituiscono una miniera di informazioni sugli eventi descritti, sebbene le riflessioni e le deduzioni di questi autori a volte sono obsolete oppure superate dal rinvenimenti di documenti in epoca dopo la loro morte. Infine c’è la Vita di santa Olga messa a punto nel XVI sec. più o meno che però segue modelli agiografici ortodossi in cui alcuni eventi non sono veramente storici, ma soltanto edificanti. Da parte occidentale invece c’è pochissimo e tutto in modo indiretto, salvo le ricerche di A.J. Toynbee riguardo gli scritti di Costantino VII Porfirogenito e i lavori di C. Goehrke e qualche altro. Le analisi più sincere e aggiornate però sono quelle contenute nei libri di un altro storico russo, stavolta contemporaneo, L. Gumiljòv, ai cui lavori rimandiamo chi fosse interessato ad approfondire. Per questo articolo perciò, a parte le dovute considerazioni fatte appena qui sopra, abbiamo ritenuto inutile riportare una bibliografia dettagliata e ricordiamo che le opere sono quasi sempre accessibili in lingua russa.

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Di Nicola

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