Procopio: illustris, di Cesarea di Palestina. Retore e sofista. Scrisse una Storia Romana, sulle guerre del patrizio Belisario, dedicata alle imprese compiute a Roma e in Libia. Visse al tempo dell’imperatore Giustiniano, fu scelto come segretario di Belisario e lo accompagnò in tutte le guerre ed imprese che narrò. Scrisse anche un altro libro, i cosiddetti Anekdota, sugli stessi eventi. L’opera è in otto libri. Il libro di Procopio chiamato Anekdota contiene rimproveri e scherno verso l’imperatore Giustiniano e sua moglie Teodora, ma anche verso lo stesso Belisario e sua moglie”. (Lessico Suda, s.v. Prokopios, Pi 2479).

Introduzione

Il V sec. d.C. vide l’affermarsi delle Storie Ecclesiastiche (che, sul modello dell’archetipo di Eusebio di Cesarea, furono composte in gran numero) a discapito della storiografia profana.

Durante il secolo seguente, mentre la storiografia ecclesiastica viveva il suo lento declino con l’opera di Evagrio di Epifania, si assistette al riaffermarsi della storia profana che ebbe numerosi cultori (spesso di ottimo livello), e trovò in Procopio di Cesarea uno dei suoi massimi esponenti.

La vita

Le informazioni sulla vita di Procopio sono abbastanza numerose (anche se divengono meno certe nell’ultima parte), e provengono, oltre che dalle citazioni degli autori successivi, soprattutto dagli scritti dell’autore stesso che spesso parlò di sé nel corso delle sue narrazioni.Incerta è la data di nascita (posta approssimativamente tra il 490 e il 507 d.C.), la città di origine fu Cesarea di Palestina, uno dei grandi centri culturali dell’epoca bizantina. Di certo ebbe una famiglia d’alto ceto sociale; suo padre era forse quello Stefano, proconsole della Palestina I, che fu amico del retore Procopio di Gaza che forse fu maestro del nostro storico. Sicuramente compì i suoi studi letterari sui grandi storici del passato (Erodoto, Tucidide, Polibio) che furono i suoi modelli; probabilmente apprese il diritto e, finiti gli studi, si recò a Costantinopoli, dove, forse, svolse il lavoro di avvocato.La sua vita diventa più nota a partire dal 527. In quell’anno il generale Belisario, che aveva assunto il comando delle truppe del confine orientale e risiedeva nella fortezza di Dara in Mesopotamia, lo nominò suo consigliere e lo tenne con sé come assessore nella maggior parte delle sue campagne. Negli anni tra il 527 e il 531, infatti, fu spettatore della Prima Guerra Persiana, poi seguì Belisario in Africa e assistette alla caduta del regno dei Vandali (533 – 534). Dopo la partenza di Belisario rimase presso il nuovo governatore, Salomone, fino al 536, quando raggiunse Belisario in Sicilia nell’ambito della Guerra Gotica. Quindi Procopio seguì tutta la campagna fino alla presa di Ravenna nel 540 (svolgendo anche qualche missione per il generale) e tornò poi a Costantinopoli dove vide il trionfo di Belisario. Quando questi partì per la Seconda Guerra Persiana probabilmente Procopio non lo seguì, ma rimase nella Capitale dove vide la grande peste del 542. Nel 551 Procopio pubblicò i sette libri delle Storie che lo resero famoso in tutto l’Impero; intorno al 553 apparve l’ottavo libro. Tra il 554 e il 558 vide la luce il De Aedificiis, poi del nostro autore si persero le tracce; alcuni vogliono che sia morto poco tempo dopo, altri (riconoscendo in lui il Procopio nominato prefetto della Città nel 562/3) pensano che sia morto tra il 560 e il 570 d.C.

Gli scritti

La Storia delle Guerre

L’opera più importante di Procopio è la Storia delle Guerre. L’autore stesso la cita all’inizio dell’opera con il titolo di Storia delle Guerre di Giustiniano e nel De Aedificiis con il titolo Libri sulle Guerre, mentre i manoscritti recano il titolo Storie. L’opera è composta di 8 libri, la materia è divisa in modo appianeo per settori d’operazioni: i libri I – II narrano gli eventi sul fronte persiano dal tempo di Anastasio I (491 – 518) al 549, i libri III – IV descrivono la riconquista dell’Africa vandala da parte di Belisario e le guerre contro i Mauri dal 533 al 546, i libri V – VII raccontano gli eventi in Italia dalla deposizione di Romolo Augustolo alla guerra gotica fino al 551. Agli eventi sui fronti di guerra s’intrecciano gli accadimenti nella Capitale (i più famosi sono la rivolta di Nika in I, 24 e la peste in II, 22 – 23) e i vari aspetti del governo di Giustiniano. Questi primi sette libri furono pubblicati intorno al 551; a seguito del grande successo che l’opera riscosse, Procopio si decise a comporre un ottavo libro che fu pubblicato dopo il 553. Essendo stato aggiunto in un secondo tempo, questo libro fu composto in modo diverso dai precedenti e raccolse in un solo volume gli sviluppi militari accaduti su tutti i fronti di guerra (principalmente la nuova guerra persiana con la questione della Lazica e la fine della guerra gotica). Questo VIII libro coprì così gli eventi tra il 549 (per la guerra in Lazica) e il 553, giungendo alla gloriosa morte di Teia, ultimo re gotico, sui Monti Lattari.

Imbevuto dei grandi storici dell’antichità (Erodoto, Tucidide e Polibio), Procopio ne mutua vari aspetti ben riconoscibili: da Erodoto riprende un forte interesse per l’etnografia, per gli usi e i costumi dei barbari e dei popoli che si trovano a contatto con l’Impero; sempre dallo storico d’Alicarnasso ha mutuato la composizione ad anello (Ring-composition) che inquadra e delimita i vari eventi. Abbondano le descrizioni geografiche e topografiche (che
devono molto alla sua esperienza diretta), contrariamente ad Erodoto, però, non dimostra simpatia per i barbari (taglienti sono i suoi giudizi su Vandali e Franchi), solo i Goti sono trattati meglio con la loro epica resistenza contro le truppe imperiali. Altro punto di contatto con Erodoto è l’utilizzo di prodigi, miracoli ed eventi incredibili.

A Tucidide lo avvicina la concezione della storia come “possesso per sempre”, nel proemio Procopio afferma: “Procopio di Cesarea ha scritto la Storia delle Guerre di Giustiniano affinché il lungo corso di tempo non possa sopraffare gli atti d’importanza singolare con la mancanza d’annotazione e li abbandoni così all’oblio ed assolutamente li cancelli. La memoria di questi eventi egli ha ritenuto sarebbe una cosa grande e più utile agli uomini del tempo attuale e pure alle generazioni future, nel caso il tempo spingesse ancora gli uomini in circostanze simili”. Anche l’uso dei discorsi e la convinzione che gli eventi da lui narrati siano i più grandi mai accaduti lo avvicinano al suo modello. La stessa descrizione della peste di Costantinopoli ricorda da vicino la famosa peste di Atene (sebbene Procopio riesca a creare una descrizione riconoscibile ma autonoma dal suo modello), mentre la Guerra Gotica presenta gli anni divisi in estati ed inverni come nell’opera di Tucidide. L’autore comunque manca della grande forza narrativa che invece Tucidide possedeva (ma chi riuscirebbe a eguagliarlo?). A Polibio lo avvicina la presenza della Tyche, che però è stata cristianizzata, e la descrizione credibile e dettagliata delle battaglie a cui egli, come il suo modello, prese, molto spesso, parte.

Le Storie Segrete

A fianco ai primi sette libri, e ad integrazione degli eventi in essi narrati, si colloca il pamphlet intitolatoStorie Segrete.

Scritto intorno al 550, questo libello è una feroce e violenta requisitoria contro le due coppie più illustri dell’Impero: Giustiniano e Teodora (e la loro politica), e Belisario e sua moglie Antonina. L’opera ha molto stupito gli studiosi fin dalla sua prima pubblicazione; molti specialisti hanno perfino negato la paternità dell’opera a Procopio, ma oggi si tende a reputare lo scritto autentica composizione dello storico di Cesarea. In ogni modo l’opera non fu pubblicata durante la vita di Procopio, il primo che ne parla è ilLessico Suda (X sec. d.C.); più tardi l’opera fu citata da Niceforo Callisto nel XIV sec. (Storia Ecclesiastica, XVII, 10).

Nell’opera traspare tutto l’astio e il risentimento da parte della classe patrizia verso la politica imperiale: le riforme giuridiche, la politica edilizia e d’espansione militare (con il conseguente aumento delle tasse) sono  tutte stigmatizzate e giudicate opera del demonio (l’imperatore è addirittura considerato il principe dei demoni). Non sono risparmiate frecciate velenose neppure a Belisario, eroe delle Storie, che è dipinto come succube e schiavo della moglie Antonina che lo tradisce sotto i suoi occhi riuscendo pure a raggirarlo.

Nonostante le esagerazioni e le forzature dettate dall’odio (tutti gli eventi e le azioni intraprese dalle due coppie e descritte ed omaggiate nelle Storie sono puntualmente demonizzate e ribaltate), l’opera conserva comunque un nucleo di fatti veri e, con le dovute cautele, può veramente integrare la narrazione ufficiale delle Storie mostrandoci il “dietro le quinte”.

De Aedificiis

Terza ed ultima opera di Procopio sono i 6 libri del trattato De Aedificiis. In quest’opera il nostro torna all’adulazione già dimostrata nelle Storie ma portata qui all’eccesso: nei 6 libri sono enumerate le varie costruzioni (chiese, palazzi, cisterne, acquedotti, fortezze, ponti, mura di cinta, città) edificate o restaurate da Giustiniano durante il suo regno ed intervallate dalle sperticate lodi sulla munificenza imperiale (aspramente criticata nelle Storie Segrete). L’opera fu pubblicata nel 554 circa ed è una fonte insostituibile per gli archeologi, gli storici dell’arte e gli studiosi che si occupano dell’età di Giustiniano.

Lo stile

Come detto lo stile di Procopio è molto solenne, si sforza di scrivere nell’attico di Tucidide e n’adotta, fin dove può, la fraseologia ed il lessico. Si notano, inoltre, influssi di Erodoto, Lisia e Demostene. Quando deve comporre un discorso con linguaggio colloquiale, Procopio imita anche Aristofane. Il nostro autore indulge alla ripetizione, alla perifrasi, ad un andamento modulato e complesso del periodo, senza goffaggini e pesantezze. Crea così un’opera elegante e molto raffinata.

Fortuna

Fin dalla sua apparizione, la Storia delle Guerre divenne molto famosa in tutto l’Impero (come attesta anche Procopio in VIII, 1): ad essa si rifecero gli storici seguenti a partire da Agazia Scolastico che, nel comporre la sua Storia dell’impero di Giustiniano, iniziò la sua narrazione dalla morte di Teia dove Procopio si era arrestato. Pure Menandro Protettore e Teofilatto Simocatta furono debitori a Procopio che divenne un modello per molto tempo; Evagrio d’Epifania, nella Storia Ecclesiastica, citò più volte passi delle Storie di Procopio. Ancora nel IX sec. il patriarca Fozio ricordò la “gloria eternamente duratura” di Procopio la cui opera riassunse nel codice 63 della sua Biblioteca.

L’Europa Occidentale conobbe Procopio prima in traduzione latina; nel 1470, infatti, Leonardo Bruni pubblicò la sua traduzione latina (quasi una riduzione), seguita dalla versione di Cristoforo Persona (1506) sulla quale Benedetto Egio da Spoleto condusse la prima traduzione italiana nel 1544 “De la longa et aspera guerra de Gothi”.

Sulle traduzioni latine si basò Gian Giorgio Trissino per il suo poema epico in 27 libri in versi sciolti italiani intitolato “L’Italia liberata dai Goti” del 1577, ricco d’invenzioni, finzioni e ricami, ma per buona parte aderente alla narrazione dei primi due libri della Guerra Gotica.

Finalmente nel 1607 fu pubblicata la prima edizione a stampa del testo greco della Storia delle Guerre ed il sommario del De Aedificiis, editi da Hoeschel, a cui seguì nel 1623 l’editio princeps delle Storie Segrete tradotte in latino da Alemanni. Tra il 1661 ed il 1663 a Parigi apparve la prima edizione completa in greco con traduzione latina del gesuita Claude Maltret che fu ristampata a Venezia nel 1729. Da quel momento l’opera di Procopio conobbe una fama incessante, naturalmente ben meritata poiché, oltre che un grande storico (pure con i suoi limiti), è la fonte primaria per conoscere l’età di Giustiniano di cui, grazie ai vari aspetti messi in risalto nelle varie opere, riusciamo a vedere sia la luce sia le ombre, cosa che rende la lettura di Procopio sempre piacevole.

Appendice, struttura delle opere di Procopio

Storia delle Guerre

La Guerra Persiana

  1. Dalla morte dell’imperatore Arcadio alla caduta di Giovanni di Cappadocia (408 – 541);
  2. Dai contatti tra Vitige e Cosroe alla fine della guerra in Lazica (539 – 549);

La Guerra Vandalica

  1. Dalla morte di Teodosio I alla battaglia di Decimum (395 – 533);
  2. Dalla battaglia di Tricameron alla morte del tiranno Gontharis (533 – 546);

La Guerra Gotica

  1. Dalla deposizione di Romolo Augustolo all’assedio di Vitige a Roma (476 – 537);
  2. Dall’assedio di Roma alla conquista bizantina di Ravenna (537 – 540);
  3. Dalla partenza di Belisario al saccheggio gotico della Sicilia (540 – 550);
  4. Nuova guerra romano-persiana per la Lazica (549 – 552); campagna di Narsete in Italia, morte di Totila e Teia, fine della Guerra Gotica (551 – 553 d.C.).

Storie Segrete

Cap. 1 – 5     Imprese e misfatti di Belisario ed Antonina;
Cap. 6 – 8     Carattere e vita di Giustiniano prima dell’ascesa al trono;
Cap. 9           Carattere e vita di Teodora prima delle nozze;
Cap. 10 – 30 Imprese e misfatti di Giustiniano e Teodora sul trono.

De Aedificiis

  1. Costantinopoli e i suoi dintorni;
  2. Fortificazioni e città sul confine persiano;
  3. Fortificazioni e città in Armenia, Tzanica e sul Mar Nero;
  4. Illirico, Epiro, Macedonia, Dardania, Tessaglia, Tracia, Mesia;
  5. Costruzioni in Asia Minore, Siria e Palestina;
  6. Costruzioni in Africa da Alessandria d’Egitto a Cartagine.

autore: ANTONINO MARLETTA

 

BIBLIOGRAFIA

S. IMPELLIZZERILa letteratura bizantina da Costantino a Fozio, Milano 1975, pp. 218 – 230;
PROCOPIO DI CESAREAHistory of the Wars, a cura di H. B. Dewing, Loeb Classical Library, Londra – Cambridge – Ma. 1914, intr. pp. vii – xv
ib., La Guerra Gotica, a cura di F. M. Pontani, Roma 1974, intr. pp. 7 -16;
ib., Storie Segrete, a cura di F. Conca, trad. it. di P. Cesaretti, Milano 1996, intr. pp. 5 – 29;
ib., La Guerra Gotica, a cura di G. Cresci Morrone, trad. it. di D. Comparetti, Milano 2005, intr. pp. vii – l. )

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Di Nicola

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