Teodorico (figlio del re ostrogoto Teodemiro e di una sua schiava, Erelieva, venne alla luce in Pannonia, antica provincia comprendente le attuali Ungheria ed Austria), sovrano degli Ostrogoti (tribù germanica che ebbe un grande peso sugli eventi del tardo Impero Romano. Ebbe la meglio su Odoacre, che aveva deposto Romolo Augustolo, ultimo Imperatore Romano d’Occidente, ed occupò l’Italia), fece nascere il primo regno romano-barbarico sul suolo italiano ed appartenne ad una famiglia di antica nobiltà germanica. Gli storici si interrogano da sempre se il re goto possa ritenersi a tutti gli effetti un invasore, sebbene raggiunse l’Italia con l’avallo dell’imperatore d’Oriente, Zenone. Le conquiste degli Ostrogoti in Italia furono effimere (perdurarono per un cinquantennio), ma diverse parole sono traghettate dalla loro lingua all’italiano. Per esempio sostantivi come «stecca», «briglia», «nastro», «fiasco», «astio», «arengo», un verbo come «smaltire» ed un aggettivo come «sghembo». Vi sono toponimi come «Godego», «Goito» e «Rovigo», che in gotico ha il significato di «vittorioso».

Che tipo di relazioni, Teodorico, intrattenne con i Romani d’Italia? All’inizio queste furono ottime, ma con l’andar del tempo peggiorarono, fino allo scontro finale. Cassiodoro (politico, letterato e storico romano), che ricoprì incarichi di rilievo durante il regno di Teodorico, si occupò di collocare gli Ostrogoti nelle case abbandonate e sui campi incolti e fece in modo che vi fossero rapporti amichevoli tra Romani e Goti. Lo stesso, non si conosce fino a che punto ne fosse realmente convinto, parlò del sovrano goto come del re-filosofo per eccellenza, visto che aveva studiato filosofia ad Atene mentre era lì come ostaggio.

La religione, che allora era fondamentale nei rapporti sociali, avrebbe potuto rovinare le relazioni fra le due etnie. Infatti è opportuno non dimenticare che gli Ostrogoti erano ariani. Ma Teodorico riuscì a far sì che i Goti dimorassero in zone separate delle città, con proprie chiese edificate appositamente e non sottratte ai cattolici. A questo bisognava aggiungere i rapporti non idilliaci tra la Chiesa di Roma e quella di Costantinopoli, che permetteva di porre in secondo piano le dispute teologiche tra i Romani cattolici e gli Ostrogoti ariani.

Teodorico desiderava che il suo stato fosse a capo di una confederazione di regni romano-barbarici (disegno che Carlo Magno avrebbe realizzato trecento anni più tardi), puntando sui legami matrimoniali con le diverse dinastie regnanti. I Franchi (dal germanico «frank», che significa libero, originari della Germania occidentale), avendo la meglio sui Visigoti nella battaglia di Vouillè, misero fine al progetto di Teodorico.

Nel 519 l’imperatore d’Oriente Giustino si accordò con il Papa Ormisda per un effettivo riavvicinamento fra le chiese di Roma e quella di Costantinopoli. Tutto questo ebbe degli effetti in Italia non solo sul piano religioso, ma anche su quello politico. I Bizantini furono ritenuti, nuovamente, amici dei Romani d’Italia, mentre erano considerati con sospetto gli eretici Ostrogoti. Inoltre era risaputo che a Costantinopoli gli ariani fossero duramente perseguitati. La situazione peggiorò ulteriormente quando Teodorico non permise più che i Romani d’Italia avessero delle armi (questi si erano ribellati ad alcune sopraffazioni del governo ostrogoto). Il sovrano ostrogoto era consapevole che molti senatori romani gli avevano voltato le spalle.

Pertanto ritenne veritiera l’accusa che diversi senatori fossero in contatto epistolare con Bisanzio. Vennero incarcerati senatori ed il filosofo Severino Boezio, che nella torre di Pavia, scrisse la celeberrima opera De consolatione philosophiae. Terminò in Italia la pace romano-barbarica, una speranza alimentata da Cassiodoro e da alcuni Goti e Romani.

Papa Giovanni I, accompagnato da vescovi e senatori, raggiunse Costantinopoli nel 525 per volere di Teodorico e chiese all’imperatore che fossero cancellate alcune discriminazioni che avevano colpito i sudditi ariani. Il Papa venne ricevuto con tutti gli onori ed ottenne quanto richiesto ad eccezione del fatto che gli ariani convertiti forzosamente non potevano di nuovo aderire all’arianesimo. Ritornato in Italia Giovanni I fu imprigionato da Teodorico (sospettava accordi segreti tra il Papa e l’imperatore bizantino per defenestrarlo). Giovanni I morì in carcere nel 526 e da subito il popolo lo ritenne un martire. Al suo posto venne nominato Papa Felice IV per volere dello stesso Teodorico. Il sovrano ostrogoto aveva intenzione di attaccare Costantinopoli via mare e per questo stava allestendo una poderosa flotta, ma la sua morte pose fine all’ambizioso progetto che venne realizzato dai Bizantini dieci anni dopo. Con una guerra quasi ventennale i «Romani d’Oriente» sconfissero gli Ostrogoti e l’Italia diventò, sotto Giustiniano, una provincia periferica dell’Impero. Una leggenda, diffusasi ampiamente in Italia, raccontava che Teodorico fosse stato catturato dal diavolo e gettato nel cratere di Lipari.

Giustiniano, dapprima sconfisse i Vandali in Africa (533-534), ottenendo la supremazia nel mediterraneo occidentale e successivamente nel 535 ordinò a due eserciti bizantini (uno presente in Dalmazia, l’altro in Sicilia) di occupare il suolo italiano e strapparlo agli Ostrogoti. Il «casus belli» fu l’uccisione della regina Amalasunta (a capo del regno dopo la morte di Teodorico per conto del figlio Atalarico e favorevole all’instaurarsi di rapporti di amicizia con i Romani) per volere di Teodato (nipote di Teodorico e a favore dei nazionalisti Goti). Ben presto i Romani d’Italia notarono come i Bizantini parlassero non solo un’altra lingua (il greco) rispetto al latino, ma avessero costumi ed abitudini alquanto diverse dalle loro. È opportuno ricordare come l’aggettivo «bizantino» fu utilizzato dagli storici molto più tardi. I Bizantini solevano chiamarsi «romaioi» (Romani in greco) e gli imperatori bizantini fino al 1453, anno in cui Costantinopoli venne conquistata da turchi ottomani, ritenevano di essere i legittimi eredi dei sovrani dell’antica Roma. È pur vero che già nel VI secolo nell’impero bizantino di romano fosse rimasto ben poco (forse la concezione dello Stato). Lo Stato era quasi del tutto grecizzato sia linguisticamente che culturalmente e i più forti soldati dell’impero provenivano dall’Asia minore, in special modo dall’Isauria.

La guerra goto-bizantina (535-553), che portò violenza e lutti in Italia, incrinò i rapporti tra Romani d’Italia e Bizantini. Sicuramente Procopio esagerò quando parlò di quindici milioni di morti (ma l’Italia ne uscì spopolata ed impoverita), ma certamente ve ne furono parecchi. Il Senato Romano risultò fortemente decimato e la stessa Roma patì quattro assedi. Procopio accennò a sospetti, attriti, incomprensioni presenti continuamente tra la popolazione locale e gli eserciti imperiali. Gli Ostrogoti cercarono di approfittare della cocente delusione che ben presto i Romani d’Italia nutrirono nei confronti dei Bizantini. Il governo di Teodorico venne ricordato con nostalgia.

Giustiniano, oltre alla conquista dell’Africa strappata ai Vandali e dell’Italia tolta agli Ostrogoti, prese possesso di una fetta della Spagna (sottratta ai Visigoti). Teoricamente i territori erano sufficienti per far rinascere l’impero romano d’Occidente, ma Giustiniano non volle che ci fosse un successore a Romolo Augustolo.

Il passaggio dall’evo antico al medioevo si caratterizzò per la diminuzione di popolazione delle città. Molti per meglio difendersi dalle invasioni di tribù barbariche preferirono trasferirsi in campagna. Si prenda ad esempio i proprietari di latifondi, che abbandonarono le città per dimorare nelle «villae» (abitazioni ricche di ogni comfort e spesso fortificate), accompagnati da schiavi e coloni. La civiltà antica si è sempre denotata come civiltà urbana, pertanto lo spopolamento delle città fu un evidente segnale di tempi nuovi, nei quali si sviluppò una differente organizzazione sociale. Un evento della guerra goto-bizantina evidenzia molto bene quanto detto precedentemente. Il re Totila, nelle ultime fasi del conflitto, nell’estremo tentativo di far passare dalla parte degli Ostrogoti la parte della popolazione più povera, confiscò i latifondi all’aristocrazia senatoria e rese liberi molti schiavi. Inoltre permise i matrimoni tra liberi e schiave, tra libere e schiavi, dando un forte scossone alle fondamenta della società antica,  fortemente schiavistica.

Oltre alle «villae» vi erano i monasteri (i quali per molti secoli furono minuscole città, sforzandosi di raggiungere l’autosufficienza economica) per chi desiderasse abbandonare le città. La «Regola» (che si caratterizzò per il motto «ora et labora», di San Benedetto (originario della città umbra di Norcia), molto probabilmente messa per iscritto tra il 530 ed il 560 (durante la guerra goto-bizantina), ebbe uno strepitoso successo (in particolare dal IX secolo) perché seppe tener conto della enorme crisi sociale che colpì l’Italia. Venne permesso ai monaci di lavorare i campi, vista la situazione di grave povertà (i precedenti legislatori monastici non contemplavano tale possibilità!).

Per chi volesse saperne di più:

A.A.V.V. Trent’anni di studi sulla tarda antichità. Atti del convegno internazionale, D’Auria M., Napoli 2009;

A. COLLACI, Teodorico il grande, Ugo Mursia Editore, Milano 2001;

G. OSTROGORSKY, Storia dell’impero bizantino, Einaudi, Torino 1968;

G. OTRANTO, Per una storia dell’Italia tardo antica cristiana, Edipuglia, Bari 2010;

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