“Di queste tre figlie, la maggiore [Eudocia], non poteva vantare troppe affinità con la sua stirpe: era d’indole remissiva, svagata di mente e di bellezza mediocre, dato che nell’infanzia un contagio vaioloso l’aveva colpita e deturpata. La sorella nata dopo di lei, la mediana [Zoe], che io conobbi di persona quand’era ormai vecchia, aveva invece carattere in tutto e per tutto regale, una figura splendida e un ingegno magnifico, da far soggezione […]. Colei che veniva dopo questa, la terzogenita [Teodora], era d’alta statura e di lingua stringata e svelta, ma inferiore alla sorella per bellezza”.

(Michele Psello, Cronografia, II, 5).

Premessa

La storia bizantina ufficiale si curò poco della vita delle donne della famiglia imperiale, tranne nei casi in cui compirono atti “virili” (colpi di stato, vendette, crudeltà varie); altrimenti esse furono relegate sullo sfondo da cui emersero solo per andare in moglie a qualche potente, partorire e poi morire (o ritirarsi in convento alla scomparsa del marito). Tranne in questi casi, le donne bizantine furono poco prese in considerazione dagli storici del loro Impero. Lo stesso avvenne per Zoe e Teodora: della loro vita sappiamo molto poco (la data, approssimativa, di nascita, e il mancato primo matrimonio di Zoe) fino a quando Zoe non ereditò il trono e anche in quel caso la sua figura finì ben presto in secondo piano rispetto a quella dei vari mariti. Questo ha fatto sì che, per narrare la loro vita, abbia dovuto descrivere soprattutto le gesta degli uomini che furono al loro fianco, come padre o mariti, e riunire in un unico testo l’esistenza delle due sorelle. Ho voluto fare questa premessa perché non sembri che la loro biografia sia niente più che un sommario delle vite di altri personaggi: il lettore tenga sempre presente che, all’ombra dei vari sovrani che gestirono l’impero bizantino dal 1028 in poi si scorge, anche se a volte non chiaramente, la figura di Zoe, figlia porfirogenita di Costantino VIII, a cui poi si sostituirà, per poco tempo, quella di sua sorella Teodora con cui la gloriosa dinastia Macedone si estinguerà.

Le origini (963 – 1028 )

Il 15 Marzo del 963 morì l’imperatore Romano II, il potere passò alla vedova, Teofano, su cui iniziarono ad addensarsi sospetti di complicità nella strana morte del marito. La basilissa avrebbe regnato come reggente per i suoi piccoli figli Basilio II, nato nel 957/8, e Costantino VIII, nato nel 960/1. La posizione della sovrana non era facile, in molti tramavano alle sue spalle, primo fra tutti l’eunuco Bringa; per tanto ella si mise d’accordo con il generale Niceforo Foca che, all’alba del 3 Luglio del 963, si fece salutare basileus dall’esercito schierato presso Cesarea di Cappadocia. Quindi, celermente, Niceforo si diresse verso Costantinopoli dove entrò il 14 Agosto; dopo un’aspra lotta per le strade, la resistenza di Bringa fu rotta e, il 16 Agosto, Niceforo II Foca fu incoronato basileus dei Romei dal patriarca Poliecte in S. Sofia. Per prima cosa il neo-imperatore esiliò Bringa in Paflagonia, riconobbe Giovanni Zimisce domestico delle Scholai e relegò Teofano nel convento di Petrion. Poi, il 20 Settembre, la bellissima sovrana fu richiamata a Palazzo e si unì in matrimonio con Foca nella chiesa della Nea Ekklesia. Salito al trono, il basileus riprese la missione che aveva portato avanti come semplice generale, la lotta contro l’Islam (per i grandi successi ottenuti conseguirà il soprannome di “Morte bianca dei Saraceni”).

I primi due anni di regno videro lo svolgersi della campagna nella zona del Tauro, nell’estate del 965 caddero Tarso e Mopsuestia che furono riunite all’Impero, seguite poco dopo da Cipro. Dopo un primo assedio nel 966, il 28 Ottobre del 969 Antiochia fu conquistata dai generali Pietro Foca e Michele Burtse, gran parte della Siria tornò romea; dopo qualche mese pure Aleppo cedette e si riconobbe vassalla di Costantinopoli. Mentre si conseguivano altri successi pure in Bulgaria, la notte tra il 10 e l’11 Dicembre del 969, Niceforo II Foca fu ucciso nel suo letto. La congiura fu il risultato delle tresche di Teofano che, dopo aver sposato il vecchio e brutto Foca per necessità, si era innamorata del giovane e bello Giovanni Zimisce; dopo esserne divenuta l’amante lo spinse ad agire e a eliminare il suo sovrano e amico. La sovrana si era illusa di poter restare sul trono come moglie del nuovo basileus, ma contro questo progetto si erse il patriarca Polieucte che, non tollerando che la basilissa convolasse a terze nozze (pratica se non vietata dalla Chiesa di certo non incoraggiata), intimò a Zimisce di allontanare la donna dalla corte e di indagare per perseguire gli assassini di Foca, altrimenti non sarebbe stato incoronato imperatore. Zimisce, a malincuore, accettò: esiliò Teofano, sposò Teodora, sorella del defunto Romano II, e prese la corona in qualità di reggente di Basilio e Costantino che continuarono ad essere associati al trono.

Il governo di Giovanni I Zimisce fu molto attivo: vinse e domò i Bulgari; per risolvere la questione italiana con il Sacro Romano Impero diede una sua parente, Teofano, in moglie all’imperatore Ottone II che la sposò a Roma il 14 Aprile del 972; quindi si volse contro gli Arabi per completare il lavoro di Foca.  Fin dal 971 i mussulmani avevano diretto attacchi contro Antiochia: nel 974 iniziò una grande spedizione che portò le armate imperiali a Damasco, e poi fino in Palestina, riuscendo a occupare Tiberiade, Nazareth, Acri e Cesarea. Per qualche tempo il basileus pensò di assalire anche Gerusalemme, ma poi rinunciò all’impresa e, già molto malato, forse di tifo, fece ritornò alla Capitale. Qui morì, il 10 Gennaio del 976 (alcuni dissero che fu avvelenato).

Finalmente giunse il momento di Basilio II e Costantino VIII, i due fratelli avevano ora diciotto e sedici anni e, con l’appoggio del loro prozio, l’eunuco Basilio, rivendicarono la corona che spettava loro. Ma solo Basilio esercitò il potere effettivo: “Costantino VIII infatti, degno figlio di suo padre, non era che un frivolo gaudente, che non pensava ad altro che a gozzovigliare e passare la sua vita tra costosi piaceri” (1). In mezzo a tali agi Costantino si sposò con una fanciulla di nome Elena, appartenente a una delle famiglie più nobili e stimate dell’Impero, figlia di Alipio, personaggio allora molto in vista. Da questa unione nacquero tre figlie porfirogenite (il titolo spettava loro in quanto nate durante il regno del loro padre e partorite nella sala della Porphyra, privilegio questo delle imperatrici): la prima fu Eudocia, di cui non conosciamo l’anno di nascita; la seconda, Zoe, nacque intorno al 978; mentre la terza, Teodora, nacque intorno al 980; dopo questo parto la madre, Elena, morì.

Le tre ragazze crebbero al riparo delle mura del Gran Palazzo, senza che alcuno si preoccupasse di dare loro un marito degno del loro lignaggio; in data imprecisata Eudocia, che già non era di eccelsa bellezza, ebbe il viso deturpato dal vaiolo e così decise di ritirarsi in convento dove trascorse il resto della vita. Zoe e Teodora rimasero a Palazzo insieme al loro padre intento nei bagordi più eccessivi e che non si preoccupava del loro futuro.

Mentre Costantino viveva negli agi e nel lusso gaudente della Capitale, Basilio II si ricoprì di gloria militare sui campi di battaglia; durante il suo regno (dopo aver domato alcuni usurpatori) non solo furono respinti gli attacchi arabi in Siria, ma fu risolto il problema bulgaro in modo definitivo; nel 1014 Basilio catturò 15.000 Bulgari che ebbero una sorte tremenda: furono divisi in gruppi di cento, a novantanove erano cavati gli occhi al centesimo era lasciato un occhio per guidare i suoi compagni; così questi soldati furono spediti dallo zar Samuele che per il dolore morì. Basilio ottenne il titolo di Bulgaroctono (Sterminatore di Bulgari), ma la guerra continuò fino al 1018 quando la Bulgaria si arrese e tornò provincia bizantina. In quegli anni fu annessa la costa dalmata, mentre Croazia e Serbia divennero vassalle di Bisanzio, il potere dell’Impero era stato pienamente ristabilito in Europa Orientale.

Restava un solo fronte aperto, l’Italia; gli imperatori germanici minacciavano i possedimenti bizantini nel meridione, la situazione era migliorata con le nozze di Teofano e Ottone II, ora il loro figlio, Ottone III, richiese una sposa porfirogenita per stringere un’alleanza con Bisanzio e definire la questione italica. Intorno al 996 fu inviata una delegazione bizantina a Roma per discutere della faccenda, purtroppo quando gli ambasciatori giunsero Ottone era partito e, per altre complicazioni, le trattative fallirono. Il Tedesco non si diede per vinto e nel 1001 inviò una seconda richiesta di nozze: questa volta Basilio rispose prontamente e decise di inviare una delle sue nipoti; visto che Eudocia era in convento, la scelta cadde su Zoe la più bella delle due figlie di Costantino ancora nubili. Nel mese di Gennaio del 1002 la futura sovrana del Sacro Romano Impero salpò da Costantinopoli verso l’Italia con una delegazione degna di tale donna ma, giunta a Bari fu accolta dalla terribile notizia: il 24 Gennaio, Ottone III era morto per una febbre improvvisa, il matrimonio sfumò, la delegazione fece ritorno a casa e Zoe tornò a vivere a Palazzo con la sorella che da tempo non amava.

La vita delle due sorelle non ebbe altri scossoni per molti anni, il 15 Dicembre del 1025 Basilio II Bulgaroctono morì mentre preparava una spedizione per riprendere la Sicilia agli Arabi. Visto che non lasciava figli, il potere passò a suo fratello Costantino VIII che, all’età di sessantacinque anni, divenne unico imperatore. Il fatto di essere solo al comando non lo preoccupò: continuò a non interessarsi degli affari di stato come aveva fatto per tutta la vita facendo baldoria con gli amici, godendosi le concubine e assistendo a osceni spettacoli teatrali, finché, nel mese di Novembre del 1028, si ammalò gravemente. Finalmente ebbe un pensiero per il trono e dovette decidere a chi lasciare il potere in mancanza di eredi maschi: sia Zoe che Teodora non si erano mai sposate e ormai erano abbastanza mature, nonostante ciò il basileus chiamò la figlia Zoe (cinquantenne) e le disse che si sarebbe dovuta sposare; il problema era con chi. I cortigiani discussero animatamente (si pensò al senatore Costantino Dalasseno), alla fine la scelta cadde su un senatore sessantenne, l’aristocratico Romano Argiro, eparca della Città. Questi era felicemente sposato ma Costantino non si preoccupò, gli disse espressamente che o divorziava e sposava la principessa o gli sarebbero stati cavati gli occhi. Romano era molto combattuto (amava molto la prima moglie); alla fine la sua sposa, Elena, decise per lui, si rase i capelli e si fece suora. Il 12 Novembre 1028 Romano Argiro e Zoe furono uniti in matrimonio nella cappella del Gran Palazzo alla presenza dell’imperatore moribondo. L’indomani, 13 Novembre, Costantino VIII si spense serenamente.

Il regno di Romano III Argiro (1028 – 1034)

Il 15 Novembre Romano III Argiro e sua moglie Zoe furono incoronati imperatori dei Romei in S. Sofia. Sebbene il nuovo sovrano non fosse un grande condottiero i suoi ottimi generali (tra cui Giorgio Maniace) ottennero magnifici risultati contro gli Arabi. Peggiore fu la situazione economica, dalla morte di Basilio si interruppe l’appoggio alla classe dei contadini più umili, e così l’aristocrazia terriera iniziò ad alzare la testa.

Intanto i rapporti tra i due sovrani si erano andati disgregando, dal momento del matrimonio Romano non aveva più né guardato né toccato la moglie a cui inoltre tagliò i viveri passandole solo un vitalizio molto esiguo. La sovrana, che “aveva un orgoglio smisurato e per cinquant’anni aveva ottenuto tutto quello che voleva da un padre che sapeva dire soltanto sì” (2), non tollerò a lungo la situazione, prima se la prese con la sorella Teodora che, nel 1031, fece rinchiudere in convento, poi cominciò a odiare il marito; a Palazzo intanto era giunto un losco figuro, eunuco e monaco, di nome Giovanni, detto l’Orfanotrofo (per anni aveva gestito l’orfanotrofio della Capitale), originario della Paflagonia, che entrò in confidenza con la sovrana e le presentò il suo giovane e bello fratello Michele (1033). Zoe si innamorò perdutamente del ragazzo e lo prese come suo amante: Romano, avvisato da sua sorella Pulcheria della tresca, convocò Michele che smentì tutto, il sovrano accettò le giustificazioni. Dal quel momento però il basileus cominciò a stare sempre peggio, qualcuno (Zoe ?) forse lo stava avvelenando; un giorno, l’11 Aprile del 1034, Giovedì prima di Pasqua, Romano III annegò nel bagno del Palazzo, forse Michele era passato all’azione, non lo sapremo mai.

Il regno di Michele IV il Paflagone (1034 – 1041)

All’alba del 12 Aprile, Venerdì Santo, il patriarca Alessio fu convocato a corte, gli fu mostrato il corpo di Romano, poi fu introdotto nella sala del trono; qui trovò Zoe e Michele, vestiti da sovrani, seduti sui troni. Zoe intimò al patriarca di unirla in matrimonio con il suo giovane amante, Alessio accettò: all’età di cinquantasei anni Zoe si sposò per la seconda volta con un ragazzo epilettico di quasi quarant’anni più giovane. Zoe pensava di aver  trovato un marito remissivo, invece, dopo pochi mesi, Michele cessò d’interessarsi a lei; inoltre, l’Orfanotrofo, memore della fine di Romano, la pose sotto stretta sorveglianza nel gineceo del Palazzo. Michele intanto era agitato dai rimorsi di coscienza (per la fine di Romano e il trattamento riservato a sua moglie), così si dedicò incessantemente alla preghiera e alla fondazione di chiese e conventi. Michele scoprì di essere un buon sovrano, affidò la gestione delle finanze al fratello l’Orfanotrofo, e lui si dedicò alla politica estera e alla guerra. Nel 1038, sotto il comando di Giorgio Maniace e di Stefano il Calafato (parente del sovrano), partì la grande spedizione che doveva riconquistare la Sicilia. Messina e Siracusa furono prese poi però Maniace fu arrestato per contrasti con il Calafato, e in breve la Sicilia fu perduta (tranne Messina).

Intanto l’Orfanotrofo aumentò le tasse e i gravami fiscali, questo spinse gli Slavi alla rivolta, Michele partì per domare l’insurrezione e ci riuscì; tornò a casa in trionfo ma gravemente malato agli inizi del 1041. Prevedendo la fine, l’Orfanotrofo si mise in azione per garantire alla sua famiglia il trono: introdusse a Palazzo suo nipote Michele, figlio di Stefano il Calafato, e lo fece adottare da Zoe che gli diede il titolo di cesare. Il 10 Dicembre, Michele IV si fece trasportare nel monastero dei Santi Cosma e Damiano, che lui aveva fondato, e si fece monaco; quella sera morì.

Il regno di Michele V il Calafato (1041 – 1042)

L’Orfanotrofo e il Calafato si presentarono dalla vecchia Zoe e Michele si gettò ai suoi piedi come suo umile servitore, la sovrana lo fece incoronare coimperatore al suo fianco.
Dopo poco tempo anche Michele V iniziò a compiere iniziative autonome e per prima cosa fece esiliare lo zio Orfanotrofo e sistemò i cortigiani che lo avevano osteggiato, quindi sostituì la guardia variaga con truppe di Sciti, e concesse ampia libertà ai sudditi che iniziarono ad amarlo alla follia. Michele pensò di essere abbastanza forte da sbarazzarsi di Zoe e mandarla in esilio; il 18 Aprile del 1042, giorno di Pasqua, la vecchia sovrana fu messa agli arresti con l’accusa di tentato regicidio. Con l’appoggio di falsi testimoni, Zoe fu condannata e le furono tagliati i capelli, quindi, quella stessa notte, fu condotta in un monastero sull’isola del Principe nel mar di Marmara.

Il 19 Aprile Michele convocò il Senato che, per paura, approvò l’esilio della basilissa. Quindi il prefetto della Città comunicò al popolo riunito nel foro di Costantino che l’imperatrice Zoe era stata bandita per aver tentato ripetutamente di uccidere il suo collega basileus. Allora accadde una cosa imprevista, il popolo iniziò a gridare che Zoe doveva essere rimessa sul trono e Michele cacciato; la Città insorse per difendere la nipote del Bulgaroctono, discendente della dinastia dei Macedoni che aveva riportato l’Impero agli antichi splendori. Per prima cosa la folla distrusse i palazzi della famiglia di Michele, poi puntò sul Gran Palazzo; qui si trovava l’imperatore che, terrorizzato, ordinò di riportare Zoe in Città. Mentre una nave andava all’isola del Principe, il basileus e i suoi uomini si asserragliarono nel Palazzo difendendolo dagli assalitori. Quando la difesa era ormai al limite ecco tornare Zoe; la basilissa era provata ma acconsentì  a riprendere il suo posto e ad apparire nell’Ippodromo al fianco di Michele. La mossa però non ottenne il risultato sperato: vedendo la vecchia sovrana affacciata dal Kathisma, il popolo pensò che fosse prigioniera di Michele e divenne ancor più rabbioso, Michele doveva essere esiliato. Sembrava che per Michele la fine fosse prossima: i capi della rivolta temevano, però, che, con al suo fianco Zoe, Michele sarebbe riuscito a domare la folla, quindi pensarono di procurarsi anche loro un vessillo per aizzare le masse. Visto che Eudocia era ormai morta da tempo, si pensò di incoronare Teodora (che viveva ancora nel monastero dove era stata rinchiusa quindici anni prima) imperatrice per usarla contro Michele ormai visto come un usurpatore. Quel pomeriggio una delegazione si recò al convento per prelevare la donna, Teodora non voleva saperne e fu necessario farla uscire con la forza; quindi fu rivestita degli abiti imperiali e condotta a S. Sofia, dove la sera di quel Lunedì, 19 Aprile, fu incoronata imperatrice dal patriarca Alessio Studita.

A Palazzo la situazione era andata peggiorando, per ore Michele e suo zio Costantino cercarono di far ragionare la folla usando anche Zoe, ma quando iniziarono a volare sassi e frecce, dovettero desistere; rientrati a Palazzo furono raggiunti dalla notizia dell’incoronazione di Teodora.

Martedì 20 Aprile, la Città fu sconvolta per tutto il giorno da violenze e stragi, si contarono 3.000 vittime; prima dell’alba del 21 Aprile Michele e suo zio, il gran domestico Costantino, vista l’impossibilità di recuperare la situazione, si fecero trasportare da una barca al monastero di S. Giovanni in Studio e si fecero monaci.

Nelle prime ore di Mercoledì 21, la folla ruppe i portoni del Gran Palazzo e dilagò al suo interno devastando e saccheggiando tutto col proposito di trovare Michele e ucciderlo. Gli insorti trovarono invece Zoe terrorizzata, la sollevarono in alto e la posero sul trono, la sua gioia durò poco: quando seppe che Teodora era stata incoronata ebbe l’impulso di rispedirla in convento ma fu dissuasa dai consiglieri che le spiegarono che la folla adorava Teodora, così la vecchia sovrana dovette rassegnarsi a condividere il trono con l’odiata sorella.

Michele e Costantino pensavano di avere scampato l’ira della folla, ma si sbagliarono; quando il popolo seppe che si erano fatti monaci tirò un sospiro di sollievo e iniziò a festeggiare in piazza, ma alla gioia seguì la sete di vendetta: una folla immensa si iniziò a radunare davanti al monastero di Studio con cattivi propositi. Qui giunse, nel pomeriggio inoltrato, Michele Psello, inviato al seguito dei soldati guidati dal nuovo eparca Campanare che, su ordine dei sostenitori di Teodora, doveva arrestare Michele e suo zio. A fatica le truppe entrarono nella chiesa seguiti dalla folla: “Quando fui giunto presso il santuario, dove quegli si trovava, ed ebbi dinanzi agli occhi i due fuggiaschi, il deposto imperatore addirittura aggrappato al santo altare, il nobilissimus ritto in piedi sulla destra, completamente mutati nell’abito e nell’animo, schiacciati dall’onta, ebbene in petto non mi rimase traccia di furore” (3). Mentre l’eparca vedeva il da farsi, giunse un altro ufficiale che disse che i due uomini dovevano essere condotti a Palazzo; così li fece mettere su un asino e iniziò il cammino attraverso la Mese tra due ali di folla ostili. Fecero poca strada, Teodora aveva cambiato idea (si temeva che Zoe potesse perdonare Michele e rimetterlo sul trono al posto dell’odiata sorella) e, giunti nella piazza del Sigma, un plotone di soldati intercettò l’asino con l’ordine di accecare i due uomini. Quando capirono la loro sorte Michele e suo zio cominciarono a chiedere aiuto, ma la folla applaudiva all’idea, così Costantino smise di lamentarsi e coraggiosamente si consegnò ai suoi carnefici che gli cavarono gli occhi; al contrario Michele si comportò con disonore e si coprì d’ignominia urlando e dimenandosi, ma non per questo si salvò; dopo l’accecamento i due furono ricondotti in convento.

Il regno di Zoe e Teodora (1042)

La sera di Mercoledì 21 Aprile vide due governi dividersi la Città, Zoe nel Gran Palazzo e Teodora a S. Sofia. Teodora si rifiutò di recarsi alla reggia senza un invito esplicito della sorella; la mattina di Giovedì Zoe, inghiottito l’orgoglio, si decise a invitare formalmente sua sorella a Palazzo. Giunta nella sala del trono Teodora abbracciò gelidamente Zoe e si decisero a governare congiuntamente l’Impero.

“Zoe era d’animo portato al concetto ma nell’esprimersi aveva l’eloquio un poco stentato. Per Teodora, invece, era esattamente il contrario: non era certo lesto il suo spirito a formulare un proposito, ma una volta abbandonata alla conversazione cicalava con favella sciolta e vivace” (4).
Il ruolo principale spettò a Zoe che ebbe il trono posto un po’ più in alto rispetto a Teodora, tutti i membri della famiglia del Calafato furono allontanati dagli incarichi governativi che ricoprivano, gli altri funzionari furono mantenuti. Le sovrane promulgarono leggi contro la compravendita delle cariche; apportarono migliorie all’amministrazione civile e militare e posero uomini capaci in posti importanti; fu creata una commissione con il compito di indagare sugli abusi del governo di Michele; suo zio Costantino, interrogato, rivelò l’esistenza di un nascondiglio segreto dove erano stati depositati 3.500 libbre d’oro sottratte allo stato.

La situazione però era instabile, l’odio che le due donne provavano reciprocamente, iniziò a dividere i cortigiani in due schieramenti, era necessaria una forte figura maschile che prendesse in mano la situazione; era necessario che una delle due basilisse si sposasse. Teodora, dopo cinquant’anni di castità, inorridiva solo all’idea, al contrario Zoe, nonostante i suoi sessantaquattro anni e l’incertezze della Chiesa davanti un terzo matrimonio (cosa vista molto male dalle autorità ecclesiastiche) era ben felice di sposarsi di nuovo. Si vagliarono i pretendenti, fu convocato a corte Costantino Dalasseno (che già una volta era stato pensato come sposo di Zoe, e che poi era finito relegato in un convento); questi però non parve adatto per il suo modo di fare e per le idee che professava e fu scartato. Fu scelto allora Costantino Artocline (ex segretario di Romano III) che fu introdotto a Palazzo per fare la conoscenza della sua promessa sposa; dopo qualche tempo però Costantino si ammalò e repentinamente morì (alcuni dissero che sua moglie, memore della sorte toccata alla prima sposa di Romano III, lo avvelenò). Alla fine la scelta cadde su un nobile aristocratico della Città, Costantino Monomaco, di quarant’anni, che era stato esiliato a Lesbo dall’Orfanotrofo. Ai primi di Giugno, Costantino giunse a Costantinopoli; l’11 di quel mese, nella chiesa palatina della Nea Ekklesia, Costantino e Zoe furono uniti in matrimonio. Il patriarca Alessio, però, per protestare contro queste terze nozze (non solo di Zoe, ma anche di Costantino) non partecipò alla funzione e diede il suo abbraccio agli sposi solo dopo l’incoronazione.

Il regno di Costantino IX Monomaco (1042 – 1055)

Il 12 Giugno, Costantino IX Monomaco fu incoronato imperatore dei Romei. Il nuovo sovrano non solo era assolutamente inetto nelle questioni militari (l’Impero cominciò a perdere parte dell’Italia per mano normanna), ma era un uomo gaudente, spendaccione e donnaiolo. Iniziò a spendere a piene mani il denaro del tesoro imperiale, Zoe, non solo fu molto comprensiva su questo fronte (aiutandolo nelle spese folli), ma chiuse gli occhi anche sulla tresca che il marito aveva con Maria Sclerena, donna affascinante che era stata sua amante anche durante il matrimonio precedente. La Sclerena fece così il suo ritorno a Costantinopoli da Lesbo e per qualche tempo la relazione rimase segreta con l’imperatore che andava a trovare la donna al Kynegion con la scusa di controllare il cantiere che aveva fatto aprire; un giorno, durante una cerimonia, il basileus spinse la moglie a stipulare il “contratto dell’amicizia” (con cui accettava pubblicamente la presenza dell’amante) e da allora la Sclerena andò a vivere a corte ricevendo il titolo di sebaste. Per qualche tempo la cosa funzionò bene, Zoe, dopo tanti affanni aveva rinunciato alla gelosia, ma il 9 Marzo del 1044 (festa dei Quaranta Martiri), durante la processione la folla cominciò a gridare: “Evviva le nostre amate madri Zoe e Teodora! Abbasso la Sclerena, che minaccia la loro vita!” Fortunatamente la folla non fece di più perché la guardia era molto numerosa e la cosa si spense lì, ma questo era comunque un chiaro segnale che il popolo era ancora molto affezionato alla dinastia Macedone e alle sue ultime rappresentanti in vita.

Intanto l’Impero scivolava nel baratro: il denaro, accumulato da Basilio II, spariva in acquisti folli e insensati; nel 1043, spinto dalle calunnie del fratello della Sclerena, Giorgio Maniace si era ribellato e causò vari lutti all’Impero; in Sicilia restava solo la città di Messina in mano imperiale, mentre i Normanni avanzavano speditamente nell’Italia meridionale. Il 17 Luglio di quell’anno i Russi, rotto il vassallaggio che la dinastia Macedone aveva imposto loro, attaccarono per l’ultima volta Costantinopoli; nelle acque del Bosforo si svolse una grande battaglia navale che vide i Bizantini vincitori. Di tutto ciò la corte non si curava, l’evento che maggiormente colpì la Città avvenne nel 1045. In quell’anno Maria Sclerena morì di un male incurabile, Costantino ne soffrì fortemente (forse sperava, un giorno, di sposarla): Michele Psello compose una lunga monodia giambica in sua memoria, l’imperatore la fece seppellire nella chiesa di S. Giorgio ai Mangani accanto alla tomba che avrebbe dovuto, un giorno, accogliere lui.

Sempre in quell’anno l’imperatore fece rinascere l’università di Costantinopoli affidando la facoltà di diritto a Giovanni Xifilino, nominato guardiano della legge, e quella di filosofia a Michele Psello, nominato console dei filosofi.

Il 1047 vide la rivolta di Leone Tornicio che dopo aver vinto gli Imperiali il 21 Settembre sotto le mura della Città, non sfruttò la vittoria e fu sconfitto. Il regno di Costantino era salvo.

Dopo questi eventi la vita a corte riprese a scorrere tranquilla, tra feste e spese insensate (il basileus si trovò pure una nuova amante, una principessa alana, che gli tenesse compagnia); nel Giugno del 1050, l’imperatrice porfirogenita Zoe morì all’età di settantadue anni, dopo aver dominato la vita di corte per ventidue anni; fu sepolta nella chiesa dell’Antifoneta. Suo marito la pianse con sincero dolore, non era infatti immemore del fatto che dovesse a lei tutto ciò che aveva e la sua posizione.

Gli anni seguenti furono segnati da un fallito attentato perpetrato da Romano Boila (1051); e da vari eventi luttuosi per l’Impero. Il 16 Luglio 1054, Sabato, vide anche il Grande Scisma d’Oriente che, nato per piccole beghe tra gli inviati papali e il patriarca Michele Cerulario (succeduto, il 20 Febbraio 1043, ad Alessio I Studita), dividerà per sempre la Chiesa d’Oriente da quella d’Occidente.

Da anni Costantino IX, sofferente di dolori, trascorreva alcune ore al giorno alle terme, nell’autunno di quell’anno si attardò troppo e fu colpito dalla pleurite che lo costrinse a letto. Dopo mesi di sofferenze, l’11 Gennaio del 1055 Costantino IX Monomaco si spense nel palazzo dei Mangani e fu poi sepolto accanto a Maria Sclerena. Prima della morte il basileus aveva scelto come suo successore Niceforo Proteuon, governatore della Bulgaria, ma i cortigiani, fedeli alla dinastia Macedone, non attesero che il sovrano morisse, richiamarono Teodora, che era stata messa in ombra dall’incoronazione di Costantino, e la fecero proclamare basileus autokrator dalla guardia variaga.

Il regno di Teodora (1055 – 1056)

Per la prima volta Teodora era unica sovrana assoluta dell’Impero; la corte la spingeva affinché si sposasse e desse un sovrano al suo popolo, ma la basilissa si rifiutò e decise di governare da sola con l’aiuto del nuovo primo ministro, il protosincello Leone Paraspondila. Nei primi tempi ebbe al suo fianco anche Michele Psello (a cui era legata da antica amicizia) che poi, per le calunnie di cortigiani invidiosi, fu costretto ad allontanarsi dalla basilissa. La sua attività non fu negativa: promulgò leggi; si dedicò con assiduità alle nomine ecclesiastiche, inserendo uomini di sua fiducia nelle cariche più importanti (anche se di questa attività non sappiamo molto, tranne un breve e negativo accenno in Psello); ricevette ambascerie (tra cui una dal papa Vittore II, che però non conseguì i risultati sperati) e sempre respinse i tentativi del patriarca di prendere in mano il governo dello stato. Anzi, nei confronti di Michele Cerulario (che pure in passato aveva avuto in simpatia) cominciò a nutrire un forte astio e forse lo avrebbe pure sostituito se la morte non l’avesse colta prima (probabilmente la mutata situazione religiosa, dovuta allo Scisma, aveva reso più intraprendente il patriarca, che, secondo Psello, aveva preso il titolo di Patriarca dell’Ecumene tutta, portandolo a cozzare con la volontà dell’imperatrice).

Restava ancora il problema della successione che, praticamente, si trascinava da quando Basilio II era morto senza figli maschi; Teodora aveva ormai settantasette anni, a chi lasciare il trono? Nei primi tempi nessuno si curò di questo problema, si iniziò quasi a pensare che la sovrana, ultima rappresentante dei Macedoni, sarebbe vissuta in eterno (di ciò Psello accusa degli individui che, sebbene monaci, facevano il male piuttosto che il bene e che avevano convinto la sovrana della sua immortalità); invece non fu così, nell’estate del 1056: “la coglie una malattia davvero crudele: essendosi degradata la funzione defecatoria, l’appetenza fu compromessa ed ella andava sgravandosi per via orale. Poi, colta da diarrea improvvisa, tale che per poco non espulse tutte le viscere, ella fu ridotta allo stremo” (5). Davanti all’aggravarsi della situazione, i consiglieri si riunirono per decidere a chi affidare il regno; la scelta cadde su un anziano patrizio, Michele Bringa, che era detto lo Stratiotico (aveva diretto, infatti, l’amministrazione militare); Psello (che lo considera un inetto) sostiene che fu scelto perché “rimanesse legato loro e non mutasse animo e garantisse loro immutata l’attuale situazione di privilegio” (6).

Quando ebbero deciso si presentarono alla sovrana moribonda e le chiesero di dare il suo assenso, Teodora accettò con il solo cenno delle ciglia e così facendo adottò Michele come figlio. Secondo alcuni il patriarca (secondo Psello la stessa Teodora) pose la corona sulla testa di Michele VI Stratiotico che divenne il nuovo imperatore dei Romei, poche ore dopo la porfirogenita Teodora morì, era il 31 Agosto del 1056, vigilia della nuova indizione: la dinastia dei Macedoni si era estinta.

Considerazioni finali

Come detto, con Teodora si chiuse la gloriosa dinastia Macedone: “se aveva dovuto superare molte difficoltà per affermarsi al suo inizio, così restò tenacemente aggrappata alla vita fino alla fine, conducendo per quasi tre decenni una vita nell’ombra. E quanto erano state gloriose le sue grandi gesta, altrettanto priva di gloria fu la sua scomparsa” (7). Non si può che avallare il giudizio di questo illustre storico: la gloria, la potenza e il prestigio che l’Impero e la dinastia ottennero dalle imprese dei suoi primi sovrani (Basilio I, Leone VI e Costantino VII, solo per citare i più famosi) si propagò ai loro epigoni, membri della casata o meno (Niceforo Foca, Giovanni Zimisce, Basilio II) che resero l’Impero possente e forte come non lo era dai tempi di Eraclio. Il germe della fine della dinastia si può ritrovare in un evento preciso: la morte senza eredi di Basilio II e in quella senza figli maschi di suo fratello; era nella natura delle cose che, mancando chi perpetrasse la stirpe, la dinastia, presto o tardi, si sarebbe estinta. Fu solo la grande longevità di Zoe e Teodora che permise ai Macedoni di sopravvivere per altri ventotto anni dopo la morte di Costantino VIII. Le due porfirogenite fecero di tutto per permettere alla loro famiglia di restare sul trono, ma la loro età e l’assenza di figli furono una spada di Damocle che fin dall’inizio gravò sulla loro testa. Vero colpevole della fine della stirpe Macedone fu Basilio II che, sebbene degno di ogni stima per la sua grande attività militare e politica, fallì in uno dei compiti più importanti che un sovrano debba adempiere: garantire al suo regno un successore; non solo non provvide a lasciare un figlio maschio in grado di reggere lo scettro, ma non si preoccupò di scegliere neppure un buon marito a cui affidare le nipoti e che potesse, un giorno, prendere il suo posto. Quando si decise di far sposare Zoe il tempo era scaduto e non fu più possibile alla sovrana generare un erede che prendesse un giorno il comando: grazie alla longevità, all’attaccamento al potere e alla brama nuziale, Zoe, sposa tre volte, allungò la vita della dinastia ma queste unioni, praticamente sterili, non produssero benefici duraturi ma, piuttosto, danni duraturi. Infatti se Romano III e Michele IV furono buoni sovrani, non si può dire lo stesso di Michele V e Costantino IX che causarono molti danni all’Impero; forse alla fine la scelta di Teodora di regnare da sola fu la migliore. Anche lei, però, fu colpita da quel menefreghismo tipico della dinastia Macedone davanti al problema della successione, ancora più impellente ora che la basilissa era così anziana. Nei quasi due anni in cui regnò avrebbe avuto tutto il tempo di scegliere l’erede migliore a cui affidare lo stato, invece, sia  lei che i suoi consiglieri, non si curarono affatto del problema finché non si fu con l’acqua alla gola. In conclusione l’unica vera colpa che si può addebitare a Zoe e Teodora (che quando regnarono da sole governarono discretamente) fu quella di non aver pensato in tempo al problema della successione, questione che era tanto più urgente quanto più vecchie le due sorelle diventavano. Per onestà però dobbiamo dire che non furono solo loro le responsabili di questo evento, come detto anche Basilio II e Costantino VIII (per non parlare dei vari mariti di Zoe) devono assumersi una parte della colpa di aver fatto agonizzare e poi morire una delle più illustri dinastie bizantine che pure (Basilio soprattutto) avevano contribuito a rendere grandi e potenti.

autore: ANTONINO MARLETTA

Note

  1. G. OSTROGORSKY, Storia dell’impero bizantino, pag.  260.
  2. J. J. NORWICH, Bisanzio – splendore e decadenza di un impero, pag. 242.
  3. MICHELE PSELLO, Cronografia, V, 40.
  4. Ibidem, VI, 4.
  5. Ibidem, VI, a 19.
  6. Ibidem, VI, a 20.
  7. G. OSTROGORSKY, op. cit., pag. 307.

Bibliografia

J. J. NORWICH, Bisanzio – splendore e decadenza di un impero, ed. it. Milano, 2000.
G. OSTROGORSKY, Storia dell’impero bizantino, ed. it. Torino, 1968.
MICHELE PSELLO, Imperatori di Bisanzio (Cronografia), a cura di S. lmpellizzeri, trad. it. di S. Ronchey, Milano, 1984.

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