Quando, nel 622 d.C. l’imperatore Eraclio (r. 610 – 641) iniziò, nel 622 d.C., le sue vittoriose campagne contro i Persiani, difficilmente Giustiniano (r. 527 – 565) o anche Maurizio (582-602), avrebbero riconosciuto l’Impero che essi avevano governato.

La penisola balcanica ed anche parte della Grecia continentale era in preda agli attacchi di Avari e Slavi, i Longobardi avevano il controllo di gran parte dell’Italia, ed i Visigoti avevano ripreso i loro territori spagnoli e soprattutto le ricche province orientali (Mesopotamia Romana, Siria, Palestina, Egitto) erano cadute in mano ai Persiani a partire dal 603 d.C., sotto il regno dell’Imperatore Foca; anche i primi anni di regno dello stesso Eraclio non erano stati favorevoli alle armi imperiali, e le armate persiane avevano effettuato penetrazioni in profondità nella stessa penisola anatolica

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Ma Eraclio aveva ben preparato l’attesa controffensiva romana: erano state attuate riforme militari ed amministrative, e l’Imperatore si era assicurato il supporto indispensabile del Patriarca di Costantinopoli, Sergio e della popolazione, in primis quella della sua turbolenta capitale.
La Chiesa appoggiò economicamente ed in maniera determinate Eraclio, cedendogli in prestito le sue sostanze per finanziare la campagna. Soprattutto, a differenza di altri Imperatori romani che avevano combattuto contro i Persiani Sassanidi, era ben deciso a conseguire una vittoria schiacciante, eliminando una volta per tutte la minaccia persiana, ed effettivamente perseguì questo obiettivo fino alla vittoria finale.

L’Imperatore partì dunque nella primavera del 622 da Costantinopoli, lasciando il Patrizio Bonus al comando delle forze nella capitale, radunò un esercito, composto principalmente dai resti degli eserciti presentali dell’Illirico, di Tracia e dell’Oriente, forte di circa 30.000 – 50.000 uomini a Nicomedia, e da là mosse a Cesarea dove gli uomini furono sottoposti per qualche settimana ad un rigoroso addestramento (anche se Howard-Johnston ritiene che rimanesse in Bitinia).
Comunque sia Eraclio prese decisamente l’iniziativa, e mentre il generale Persiano Sahrbaraz, incaricato da Cosroe II (Khusrau II) , radunava il suo esercito, l’Imperatore si portò nel Ponto, dove, tra Sebasteia e l’Eufrate, trovò ad attenderlo Sahrbaraz (Shahrvaraz), che sorvegliava i passaggi verso est sull’Eufrate (inverno del 622).
Ma Eraclio sfruttò al meglio la manovrabilità del suo esercito e si portò alle spalle dei Persiani; a questo punto Sahrbaraz avrebbe preferito minacciare le linee di comunicazione romane in Cappadocia, ma l’avanzata dei Romani verso est, sulla strada Satala – Teodosiopoli (odierna Erzurum), in direzione dell’Armenia, fu talmente veloce, che i Persiani, dovettero porsi all’inseguimento di Eraclio.
L’Imperatore mantenne dunque l’iniziativa, e per Sahrbaraz fu difficile costringerlo alla battaglia; quando finalmente nel Febbraio 623, ciò avvenne, il generale persiano contava su di una forza distaccata nascosta in imboscata per prendere di sorpresa, sul fianco, il nemico; ma la ricognizione romana scoprì questa unità e nel combattimento che ne seguì con truppe scelte romane i Persiani furono completamente sbaragliati.
A Sahrbaraz non restò altro che ritirarsi, lasciando l’Armenia aperta all’occupazione romana.

Eraclio, a causa della minaccia degli Avari, dovette tornare a Costantinopoli nel Marzo dello stesso anno, accolto trionfalmente dalla popolazione, riuscendo successivamente a concludere un trattato di pace con lo Chagan, anche se a condizioni sfavorevoli, e rimase per il resto dell’anno nella capitale, mentre i Romani avanzavano ulteriormente in Armenia.
In effetti le forze Persiane erano disperse in un ampio arco di spazio dall’Egitto al Caucaso, ed il loro unico tentativo offensivo fu verso Rodi.
Nell’inverno tra il 623 ed il 624 il nucleo dell’esercito Romano svernò nel Ponto, dove fu raggiunto dall’Imperatore, dopo la Pasqua del 624 celebrata in Costantinopoli.

Nel frattempo Sahrbaraz aveva preparato una puntata offensiva verso Ancyra (odierna Ankara), nel cuore della penisola Anatolica, ma Eraclio sapeva che tale azione non poteva essere decisiva.
D’altronde la porta di ingresso alla Persia da nord, l’Armenia, era rimasta praticamente incustodita, giacché Cosroe II aveva preferito addirittura richiamare l’altro grande esercito di cui la Persia disponeva, agli ordini del generale Sahin (Shahin).
Sempre deciso a mantenere l’iniziativa, l’Imperatore avanzò quindi prima su Teodosiopoli, che gli aprì le porte, e poi lungo l’Arasse (odierno Aras) fino ad occupare (maggio 624) Dovin (Dvin), capitale dell’Armenia persiana, e poi, piegando a sud est arrivò a Naxcavan (odierna Nahicevan, in Iran), e, passando l’Arasse, arrivò nell’Atropatene (odierno Azerbaigian), puntando su Ganzaca (odierna Ganjak) città santa dello Zoroastrismo e ritenuta sacra dai Persiani.
In poco più di 9 settimane (luglio 624) l’esercito Romano aveva percorso più di 1.000 Km, penetrando in profondità nel territorio sassanide, ed aggirando da Nord Est Ctesiphon (nei pressi dell’odierna Baghdad), capitale persiana.

Cosroe II colto di sorpresa, raccolse 50.000 uomini e marciò verso Ganzaca, ma colà fu messo in rotta da Eraclio, che prese anche molti prigionieri; i Romani distrussero poi i luoghi sacri per lo Zoroastrismo.
Questo atto non fu tanto una vendetta per il saccheggio di Gerusalemme da parte dei Persiani, ma un deliberato atto di guerra psicologica per indebolire il morale Persiano e la credibilità di Cosroe II.
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Nel frattempo Sahrbaraz era stato richiamato dall’Anatolia, ma non era risuscito a raggiungere in tempo il teatro d’operazioni, e così le porte di Ctesiphon sembravano aperte ai Romani.
Ma Eraclio aveva come obiettivo la distruzione del potere persiano, e a questo fine la presa di Ctesiphon (già conquistata nel corso dei secoli da altri generali ed Imperatori romani,a cominciare da Traiano), era inutile: infatti il vero fulcro del potere Sassanide era l’altopiano iranico, e da là Cosroe II, che difficilmente si sarebbe fatto imbottigliare nella sua capitale, poteva organizzare i suoi eserciti intatti, comandati da Sahrbaraz e Sahin per il contrattacco (come era già successo all’imperatore Giuliano nel IV sec. d.C.).

Così, ben deciso a rimanere comunque vicino al cuore dello stato sassanide, Eraclio si ritirò in Albania, sulle rive del mar Caspio, dove strinse alleanze con i popoli di quella regione, e di là, nel Gennaio del 625, nelle vicinanze di T’bilisi, ottenendo anche qua l’appoggio delle popolazioni locali.
Riuscì così ad arruolare molti uomini provenienti dall’Albania, Iberia, Lazica, and Abasgia.
Nel frattempo gli eserciti di Sahrbaraz e Sahin erano finalmente arrivati in zona di operazione, insieme ad un nuovo esercito al comando del generale Sahrblaganaz (Shahraplakan), forte di 30.000 – 40.000 uomini.

Eraclio era però ben deciso a mantenere l’iniziativa, e già nella primavera del 625 attaccò gli eserciti avversari, con l’obiettivo di impedire alle forze persiane di riunirsi, ma Sahrblaganaz riuscì ad impedire ai Romani di passare di nuovo nell’Azerbaigian, e si ricongiunse quindi con Sahrbaraz.
I due comandanti persiani commisero però l’errore di non attendere anche Sahin ed attaccarono Eraclio (estate 625) nelle vicinanze di Tigranocerta, in Armenia, ad est del lago Shevan, cercando di prendere l’Imperatore nelle branche di una tenaglia (a nord operava la forza di Sahrbaraz, a sud quella di Sahrblaganaz); ma Eraclio fece finta di sganciarsi per poi tendere un’imboscata sui Persiani che inseguivano.
Nello scontro che ne seguì Sahrbaraz, fu messo in fuga e Sahrblaganaz, ucciso ed il suo esercito disperso.
A questo punto non rimaneva che l’esercito di Sahin, ma Eraclio, proseguendo nel suo attacco, questa volta verso Ovest, ne disfece l’avanguardia che tentava di riunirsi agli altri due corpi Persiani, e poi attaccò il campo del corpo principale di Sahin, costringendolo alla fuga.
Deciso a sfruttare questo strepitoso successo Eraclio riprese la sua avanzata verso l’Azerbaigian, ma, abbandonato dagli alleati, e dovendo fronteggiare l’esercito che Sahrbaraz e Sahin avevano formato riunendo i superstiti dei corpi sconfitti a Tigranocerta, l’Imperatore dovette di nuovo dirigersi verso nord per svernare, riuscendo anche a distruggere, a nord est del lago Van, con un ben riuscito attacco notturno, un corpo di 6.000 uomini scelti, comandati dal solito Sahrbaraz, che tentavano di sbarrargli la strada verso i quartieri invernali; in quell’occasione lo stesso generale persiano riuscì a sfuggire alla cattura solo scappando nudo.

L’anno 625 si concludeva quindi con una serie di strepitose vittorie romane, ma l’iniziativa strategica era passata ai Sassanidi; così Cosroe II decise, per la campagna del 625, di attaccare la stessa Costantinopoli, nonostante che oramai i Persiani avessero problemi di reclutamento, viste le schiaccianti vittorie romane.
Così l’esercito Sassanide, fu diviso in due corpi, uno al comando di Sahrbaraz, l’altro al comando di Sahin, col compito di portare l’offensiva verso ovest, contando, tra l’altro, su di un’alleanza con Avari e Slavi, che avrebbero anch’essi dovuto minacciare Costantinopoli.
Il piano era ben congegnato, e Cosroe II sperava così di attirare Eraclio verso ovest, distogliendolo dalla sua pericolosa offensiva verso il cuore dello stato sassanide, e sottraendogli il controllo dell’Armenia, pericoloso trampolino di lancio verso l’Iran.
Ma l’Imperatore non abboccò all’amo.

Egli era abbastanza sicuro che Costantinopoli avrebbe resistito, in virtù delle sue fortificazioni e della flotta, e quindi ritenne di non dover cadere nella trappola tesagli da Cosroe II, che l’avrebbe portato ad imbottigliarsi in Anatolia tra due eserciti nemici superiori in numero.
Così si ritirò sulle Porte della Cilicia (Aprile 626), attraverso Amida (attuale Diarbekir, Turchia) Samosata (odierna Samsat, Turchia) e Germanica (odierna Karaman Maras, Turchia) ma arrivato là, dopo aver superato numerosi scontri, in uno dei quali fu ferito, coi nemici, si diresse improvvisamente a nord, attraverso Cesarea e Sebasteia (odierna Sivas, Turchia).
In questa maniera egli si pose tra Sahrbaraz, che avanzava verso Costantinopoli, e Sahin, che avanzava dall’Armenia.
Sahrbaraz, dopo uno scontro con Eraclio sostanzialmente equilibrato, seguendo gli ordini di Cosroe II proseguì per Costantinopoli, dove arrivò in Giugno, raggiunto dagli Avari e Slavi in Luglio, ma non prima che Eraclio riuscisse a mandare ordini scritti e rinforzi nella capitale.
Ma soprattutto l’Imperatore riuscì ad intercettare ed a battere (anche se questo punto è controverso, leggendo Teofanie sembra che l’esercito fosse guidato da Teodoro, fratello di Eraclio, mentre per Howard-Johnston Eraclio era al comando, nel primo caso dovremo supporre che Eraclio fosse già tornato ad est) in maniera definitiva Sahin, che, disperato, si uccise.
A questo punto Eraclio aveva via libera per il Caucaso, e soprattutto, aveva riguadagnato l’iniziativa: con Sahrbaraz lontano ad assediare inutilmente Costantinopoli (l’assedio durò da Luglio agli inizi di Agosto, ma Avari, Slavi e Persiani patirono una grave sconfitta), e Sahin sconfitto, tra l’esercito romano e il cuore della Persia non vi erano praticamente eserciti nemici.
Nella restante parte della campagna del 626 Eraclio (che, secondo Howard-Johnston forse riuscì anche a mandare rinforzi verso Costantinopoli al comando del fratello Teodoro), si impadronì nuovamente dell’Armenia, conquistando la regione attorno al lago Van, e colà svernò con l’esercito, essendosi tra l’altro assicurata l’alleanza dei Kazari.

Nel 627 l’offensiva romana proseguì, e nel Settembre fu conquistata T’blisi, da cui Eraclio lanciò un’improvvisa campagna invernale, attaccando in direzione della Mesopotamia; ancora una volta i Persiani furono colti in controtempo.
Infatti Sahrbaraz probabilmente in disaccordo con Cosroe II (si narra di una lettera del sovrano persiano in cui si ordinava l’esecuzione di Sahrbaraz dopo il fallimento dell’attacco a Costantinopoli, intercettata dai Romani e mostrata allo stesso generale persiano) e così l’unica forza su cui il Sovrano sassanide poteva contare era quella al comando del generale Rhahzadh, che poteva contare su un numero di uomini (30.000 – 40.000, ma forse anche meno) non superiore, e probabilmente inferiore a quello di Eraclio, che aveva con se anche gli alleati Kazari, per un totale di 50.000 – 70.000 uomini.
Rhahzadh fu preso di sorpresa dalla mossa di Eraclio (di solito a quell’epoca le operazioni militari cessavano col sopraggiungere del cattivo tempo e riprendevano a primavera), e dovette mettersi al suo inseguimento, mentre l’Imperatore calava su Niniveh (attuale Mosul) da nord; quando finalmente arrivò sul fiume Zab, nelle vicinanze della suddetta città, l’esercito persiano era stanco per la lunga marcia, ed attaccato dai Romani(12/12/627), fu annientato completamente, e lo stesso Rhahzadh fu ucciso.
Quello che restava dell’esercito persiano si rifugiò nelle fortificazioni di Ctesiphon.

Teofane ci ha lasciato un resoconto della battaglia in cui da molta importanza all’esempio ispirato da Eraclio, che sfidò e vinse in “singolar tenzone” tre campioni persiani.

Ancora una volta la via per Ctesiphon era aperta, e l’Imperatore marciò verso sud conquistando Dastaegard, residenza personale di Cosroe II (4 gennaio 628).
Quel giorno l’esercito romano si vendicò della sconfitta di Carre (inflitta dai Parti, i predecessori della dinastia Sassanide) e della sconfitta e della cattura dell’Imperatore Valeriano da parte di Sapore I: furono recuperate più di 300 stendardi, bandiere ed insegne romane, nonché molti prigionieri e civili romani deportati.
L’Imperatore, avendo avuto risposta negativa ad una sua proposta di pace, proseguì poi verso Ctesiphon, ma la capitale persiana non fu investita.
Sono varie le ragioni di questa scelta: i canali attorno alla città erano in piena, essa era ben difesa e munita, ed era nota l’abilità persiana nel sostenere gli assedi, non era ancora del tutto da escludere che l’esercito di Sahrbaraz, l’ultima forza campale persiana, tentasse la riscossa.
D’altronde Eraclio sapeva che la posizione di Cosroe II era molto debole, a causa della sua incapacità di affrontare i Romani e della sua mancanza di coraggio, ed era stato già contattato da emissari dell’opposizione persiana.
Ancora una volta Eraclio preferì dunque la sua strategia di annientamento fisico e psicologico delle forze nemiche ritirandosi nuovamente su Ganzaca per svernare.

Questa decisione si rivelò giusta, infatti il malcontento contro Cosroe II, si concretizzò in una congiura di palazzo, che nel Marzo del 628 portò alla destituzione (e poi alla morte) di Cosroe II, da parte del figlio Kavad II (Kavadh Shiroe II) con cui nel giro di un mese, firmò una pace che prevedeva il ritorno delle frontiere alla situazione sancita col trattato del 591 tra Maurizio e lo stesso Cosroe II (in pratica tornavano ai Romani l’Egitto, la Palestina, la Siria, l’Armenia e la Mesopotamia romana) e la restituzione dei prigionieri e della Santa Croce, presa dai Persiani a Gerusalemme.
Dopo di che si ritirò per svernare ad Amida, per dedicare la sua attenzione a Sahrbaraz, che, ancora in possesso di Egitto e Siria, non sembrava intenzionato a restituirle subito. Eraclio
Ma oramai la Persia era sull’orlo del caos più completo, a Settembre Kavad II morì, sembra di malattia, e ascese al trono il suo giovane figlio Ardashir III.
A questo punto Sahrbaraz, nell’estate successiva raggiunse con Eraclio una accordo che prevedeva la restituzione di Siria ed Egitto in cambio della Mesopotamia Romana a sud di Amida e dell’appoggio dell’Imperatore allo stesso Sahrbaraz nel suo tentativo di impadronirsi del trono persiano.

Così Sahrbaraz tornò in patria on il suo esercito, nel tentativo di prendere il potere, mentre Eraclio recuperava Siria ed Egitto e riportava la Santa Croce a Gerusalemme nel Marzo 630.
Il mese successivo Sahrbaraz conquistò Ctesiphon ed il trono, ma fu ucciso in una congiura due mesi dopo; a lui subentrò la figlia di Cosroe II, Boran che però morì nel 631; in poco tempo lo stato sassanide sprofondò nella guerra civile e praticamente si dissolse.

Eraclio approfittò di ciò per rioccupare la Mesopotamia a sud di Amida, e nel 631 tornò a Geusalemme per un meritatissimo trionfo; la secolare lotta contro la Persia Sassanide era finalmente vittoriosamente conclusa.

autore: GIANFRANCO CIMINO

Bibliografia:
Teofane, The Chronicle, tr. H. Turtledove, University of Pennsylvania Press; 1982
Warren Treadgold, A History of the Byzantine State and Society, Stanford University Press; 1997
Judith Herrin. The Formation of Christendom. Princeton Univ Press.; 1987
J.D. Howard-Johnson Heraclius‘ Persian campaigns and the survival of the East Roman Empire 622-30“ (in: War in History (Journal), 6, 1999).
Georg Ostrogorsky Storia dell’Impero Bizantino

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