L’Ordine Basiliano e il cardinale Sirleto

Il monachesimo in età romea attraversa una fase eremitica, una lauritica e una cenobitica; in genere i cenobi erano autonomi, ed eleggevano un igumeno (guida), che, se aveva sotto di sé più cenobi, si chiamava archimandrita (capo dei pastori): ma questo piuttosto in età normanna. Spesso assumevano come regola il typikòn di san Basilio, donde l’uso di chiamare, impropriamente, Basiliani quei monaci. Tuttavia tale dicitura non è omologa a quella di Benedettini, Francescani, Domenicani, e non indica una gerarchia che dai conventi salga verso le province monastiche e da lì a un organismo centrale che, per li rami, detenga l’autorità su tutto l’Ordine.

I cenobi erano piuttosto restii anche alla Chiesa secolare e ai vescovi imperiali, con cui erano spesso in contrasto. La scelta di san Nilo da Rossano di passare a Serpieri e poi a Grottaferrata è paradigmatica della volontà di separare la sorte del monachesimo greco da quelle dell’Impero, che, come è noto, è anche la Chiesa.

I Normanni, che pretesero la latinizzazione delle diocesi, rispettarono e anzi esaltarono i cenobi, fondandone o rifondandone; richiesero però che si strutturassero, come si accennava, attorno agli archimandriti di S. Elia di Carbone, S. Giovanni Teresti e del Santissimo Salvatore: questo titolo è ancora portato dall’arcivescovo di Messina.

Ancora nel XIII secolo molti cenobi romei cattolici erano fiorenti. Con la ripresa dell’interesse per la grecità antica, la Chiesa romana rivolse lo sguardo anche ai cenobi del Reame, e inviò un visitatore apostolico nella persona di Atanasio Calceopulo, che, per incarico del cardinale Bessarione, ispezionò tra il 1457 e l’anno seguente quanto restava, ricavandone un’impressione non molto positiva, e costatando l’affievolirsi della stessa lingua greca. I cenobi finirono in commenda di ecclesiastici latini quando non di laici.

Tornò a interessarsi della grecità calabrese il cardinale Guglielmo Sirleto di Guardavalle di Stilo: ne ricorre quest’anno il quinto centenario della nascita, e morì nel 1585. Latinista, grecista, orientalista, teologo, diplomatico e organizzatore di cultura, tre volte preconizzato al Soglio, vescovo di San Marco [Argentano] e Squillace, a lui si deve, tra l’altro, la commissione che, sui calcoli di Luigi e Antonio Giglio di Cirò, elaborò il Calendario gregoriano del 1582. Pur vivendo a Roma, prestò sempre attenzione alla sua Calabria, e proteggendo i Giglio, il Barrio, il Grano e altri calabresi nell’Urbe; e, per quel che qui ci riguarda, si ricordò del monachesimo romeo.

Nel 1579 ebbe vita un Ordine Basiliano regolare, con una sola provincia. Padre Fiore e i suoi continuatori, nel Tomo II della Calabria Illustrata, a cura di U. N., Rubbettino, 2000, elencano questi cenobi ancora in esercizio alla data del 1743: 1. S. Adriano nella Motta S. Demetrio, diocesi di Rossano. 2. S. Onofrio del Cao in un villaggio del medesimo nome presso Monteleone. 3. S. Basilio Scamardì in Torre di Spatola, diocesi di Squillace. 4. S. Pietro Spanò, o Spina, nella Motta di Ciano 5. S. Lorenzo in Dasà. 6. Santa Maria di Rovito in Rosarno. 7. S. Filareto in Seminara. 8. S. Elia in Melicuccà. 9. S. Bartolomeo in Sant’Eufemia di Sinopoli. 10. S. Giovanni Castaneto in Calanna. 11. S. Maria di Trapezomata in S. Agata di Reggio. 12. S. Giovanni Terestì in Stilo, monasterio archimandritale. 13. S. Nicodemo in Mammola. 14. S. Maria del Patiro in Rossano;

e questi  abati provinciali, ma solo a partire dal 1633: D. Carlo Tancredi. 1636. D. Domenico Pucci da Guardavalle. 1639. D. Policarpo d’Arena. 1641. D. Filippo Capimollo da Ciano. 1645. D. Pietro Milizia da Bisignano. 1648. D. Bartolomeo da Rossano. 1657. D. Nicolò Giovanni Perruccio dalla Torre. 1654. D. Pietro Milizia da Bisignano la 2a volta. 1657. D. Nicolò Giovanni Perruccio la 2a volta.1660. D. Crisostomo Giordano da Corogliano. 1667. D. Apollinare Agresta da Mammola, lo storico dell’Ordine. 1670. D. Procopio Palmieri da S. Procopio. 1674. D. Bartolomeo di Leo da S. Procopio. 1677. D. Antonio Milizia da Bisignano. 1681. D. Crisostomo Agresta da Mammola. 1684. D. Giuseppe Sirgiovanni da Ciano. 1687. D. Pier Giovanni Curcio da Stilo. 1690. D. Giuseppe Sirgiovanni da Ciano la 2a volta. 1693. D. Antonio Condofilli da S. Eufemia. 1696. D. Cesareo Ruiz da Ciano. 1699. D. Giosafatto Coniglio da Stilo. 1702. D. Antonio Condofilli la 2a volta. 1705. D. Cesareo Ruiz la 2a volta. 1708. D. Antonio Condofilli la 3a volta. 1711. D. Cesareo Ruiz la 3a volta. 1715. D. Giosafatto Coniglio la 2a volta. 1718. D. Giuseppe Grillo da Melicoccà. 1721. D. Giuseppe Longo da Mammola. 1724. D. Giosafatto Coniglio la 3a volta. 1725. D. Giuseppe Napoli da S. Procopio. 1727. D. Clemente Arabia da Cosenza. 1730. D. Filareto Agostini da Mammola. 1733. D. Giuseppe Grillo da Melicoccà la 2a volta. 1736. D. Giuseppe del Pozzo da Stilo. 173. D. Girolamo Raniero dalla Torre. 1742. D. Isidoro de Diano.

Sono certamente dotti di religiosità e cultura greche, ma il tempo della vita e gli stessi cognomi ci consigliano di credere fossero per il resto della vita calabresi italiani.

 Sul finire del XVIII secolo non restava più nulla, tranne il Collegio italogreco di San Demetrio Corone, istituito dai Borbone per gli Albanesi, e poi fucina di sovversivi e liberali.

 autore: ULDERICO NISTICO’

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Di Nicola

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