Frequenti sono lungo lo Ionio calabrese le pie leggende su prodigiosi ritrovamenti di statue e quadri, o la loro fattura celeste che li fa “acheropiti” come quella per eccellenza, la Madonna di Rossano. La più sorprendente se presa alla lettera, e tra le più significative sul piano storico è quella della traslazione dal Mar Nero dei cinque santi di Neocesarea fino in Sicilia e in Calabria.

Ne parlano più fonti agiografiche: Simone Metafraste, Gregorio di Tours, Vincenzo di Beauvais detto Bellovacensis, Jacopo da Varazze, Cesare Baronio e lo storico locale padre Raimondo Romano del XVII secolo. Con poche varianti, tale è il racconto. Nella città di Neocesarea del Ponto, oggi la turca Niksar sul Mar Nero, erano custodite le arche di piombo con le reliquie dell’apostolo s. Bartolomeo e dei santi Acacio (noto poi come Agazio), Gregorio Taumaturgo, Luciano e Pappio o Pappia o Pappiano o Pipino. Per intervento di “nemici” (potrebbero essere eretici, o gli iconoclasti, o i musulmani), le urne vengono precipitate in mare. Per grazia di Dio non affondano, ma, come una flottiglia di navi, in testa Bartolomeo, varcano l’Egeo e raggiungono lo Ionio. Qui si separano: Luciano, a Messina; Pappio a Milazzo; Bartolomeo approda a Lipari. Da qui i Longobardi condussero le Reliquie a Benevento, poi Ottone III nel 983 a Roma, o, secondo altri, fu ingannato dai Beneventani. Edificò comunque S. Bartolomeo dell’isola. Acacio e Gregorio approdarono nel Golfo di Squillace. Il primo, con il nome di Agazio, vennero condotto in città, e sarà proclamato patrono della Diocesi; l’altro, in una grotta detta di Vulcano abitata da demoni, che vennero scacciati, e il Corpo fu condotto a Stalettì, importante casale di Squillace. Il territorio dell’attuale Comune conserva notevoli memorie di età romea: la chiesetta di San Martino, forse il monastero di cui parlerà poi il Brebion di Reggio del XII secolo; un castro in vista del mare; delle laure. In onore di san Gregorio vi venne eretto un cenobio greco, che ospitava ancora monaci nel XV secolo; e oggi è una chiesa francescana.

La tradizione è agevolmente leggibile: la provenienza dall’Oriente e il lungo viaggio per mare sono sufficienti indizi di una memoria storica reale sublimata con il tempo; e di genuine o credute o mentite spoglie di santi che avranno accompagnato dei soldati o coloni inviati a presidiare i luoghi. Molti santi patroni dei paesi hanno nome e agiografia romei, come scrivemmo in “Ascendant ad montes” di qualche tempo fa: Anastasia (Anastasìa, per il popolo di S. Severina), Andrea, Barbara (Varvàra in provincia di Vibo V.), Caterina Martire, Cosma e Damiano, Elia, Foca, Nicola, Pantaleone, Sostene, Teodoro, e i detti Agazio e Gregorio…

Così le leggende divengono miti, e, come miti, verità capaci di suscitare fede e sentimenti e riti e costumi, e di creare e consolidare comunità.

autore: ULDERICO NISTICO’

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Di Nicola

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