L’identità del promotore della fondazione di una città bizantina

 

La fondazione di Catanzaro è avvolta in un’aura di leggenda tramandata dagli eruditi locali con racconti ricchi di particolari forse ricavati dalla tradizione orale, oppure da documenti ora perduti. Un diretto contributo alla formulazione di ipotesi più o meno attendibili è stato sicuramente fornito dalla Chronica Trium Tabernarum,[i]  oggi considerata l’unica fonte cronachistica redatta in Calabria in epoca normanna, ma

Prego i lettori nelle cui mani codesto opuscolo andrà a finire , che non siano disdegnosi, quand’anche rilevino che io […]  abbia scritto qualcosa di poco chiaro o di inconsueto… che essi  si astengano dal prorompere subito in troppo facile clamore […] quantomeno dimostrino di aver capito la proprietà dei diversi nomi e delle parole greche… che non facilmente possono essere trasferiti nella forma dei latini […] e se in questo mi sarò adoperato inutilmente, mi dispiace profondamente […] perché in fondo mi attardo a curarmi degli avversari intenzionati ad insultarmi, più che a conseguire un qualche progresso a vantaggio della nostra chiesa e dei lettori.[ii]

Tralasciando tutte le altre questioni trattate, l’attenzione va fissata solo sui punti del racconto che interessano la nascita di Catanzaro, originata dalla dispersa popolazione delle Tre Taverne (quae greco vocabulo Trischines nominabatur), centro abitato costiero, non ancora identificato archeologicamente, indicativamente situato “a flumine Simiano usque ad fluvium Coratij in planitie maritmae” (tra i fiumi Simeri e  Corace).

Il primo punto “obscurum” riguarda il Magister Militium Gorgolano che:

[…]  fece radunare un gran numero di soldati; con le spese sottratte dall’erario imperiale e con navigli armati, (l’Imperatore) mandò lo stesso Gorgolano a compiangere e a soggiogare la Calabria e la Lucania. […] dopo non molti giorni di navigazione pervennero a Cotrone. Allorchè gli abitanti di tutta la Calabria appresero questa notizia e cioè che l’Imperatore di Costantinopoli aveva mandato il suo esercito per prendere la loro Provincia, […] Niceforo Imperatore si rallegrò grandemente e diede allo stesso Gorgolano il mandato di riedificare tutte le Città dei Calabri, non sulle coste marittime come in passato, ma di trasferirle nei luoghi più sicuri e di restituire ad ognuna la dignità propria ed i confini. [iii] 

L’avvenimento è riportato anche nelle “cronache” della fondazione o rifondazione di Crotone, di Cariati  e di alcune cittadine pugliesi, tra cui Francavilla Fontana e Maruggio.  Non è da escludere che la notizia sia stata ricavata dalla Chronica Trium Tabernarum, anche attraverso varie fonti indirette.

Il secondo punto “inconsuetum” riguarda la spiegazione di come sia stata costruita la Città di Catanzaro:

Or dunque, sotto l’Imperatore Monomaco e nel mentre Flagizio era stratega e amministratore imperiale della Calabria, i Saraceni non solo di Sicilia ma anche di Bugeg e di Almeriali, venendo ogni anno nella Provincia della Calabria, a volte furtivamente, a volte palesemente, depredavano i vari Casali ed i sobborghi che erano stati meno fortificati. Flagizio, quindi, vedendo la rovina delle popolazioni della Calabria, radunati tutti gli abitanti dei Casali, dispose di costruire una Città.[iv]

Questi due episodi da collocare in tempi diversi ed evidentemente attribuiti a due autorevoli personalità bizantine, le cui misteriose identità hanno generato varie interpretazioni, anche quella che fosse lo stesso personaggio indicato con nominativi diversi, forse ritenendo la discordanza dei nomi causata sia dalla difficoltà di pronuncia dei nomi stranieri, che dall’incuria dei copisti (purtroppo frequente anche in moltissimi altri casi,[v] come dimostra la recente pubblicazione di una ulteriore copia inedita della Chronica Trium Tabernarum,[vi] sulla quale i nomi Gorgolano e Flagizio, sono trascritti rispettivamente come Jordanus e Hagizio).

Nel riferire di quomodo Catacensis Civitas fuerit edificata, Carbonello evidenzia la coesistenza del potere civile e religioso, egli richiama lo stesso Flagizio che prima costruisce la Ecclesiam Sancti Michaelis,[vii] edificata certamente in ottemperanza all’ordine di assegnare al rito greco e a vescovati greci tutte le terre soggette al potere bizantino, poi va ad abitare il Praetorium, di cui però mancano elementi utili alla sua ubicazione.

La scelta di intitolare  l’edificio sacro all’Arcangelo,[viii] il cui culto si era diffuso tra la popolazione a partire dal VI secolo, ma conosce una forte diffusione anche nel IX secolo,  è testimoniato dalla nascita di santuari presso sorgenti o cavità naturali note per le loro virtù curative,[ix] potrebbe essere spiegata con la presenza sia di cavità che di fonti d’acqua, ma non sono documentate qualità terapeutiche.

Oppure si può leggere un significato altamente simbolico, riferito  all’immagine angelica che nella mentalità bizantina, era assimilata l’immagine imperiale.[x] L’Arcangelo Michele, insieme a Maria, compone il gruppo selezionato di santi patroni della famiglia imperiale, ma anche dell’esercito imperiale.[xi]

Verosimilmente le truppe di Flagizio potrebbero essere state raggruppate sotto il vessillo dell’Arcangelo Michele.

Figura 1 - Stendardo imperiale con San Michele Arcangelo (De officiis di Pseudo Kodinos)-1

Figura 1 – Stendardo imperiale con San Michele Arcangelo. (De officiis di Pseudo Kodinos).

Coerentemente con la concezione bizantina che istituiva uno stretto parallelismo tra la corte celeste e la corte costantinopolitana, essendo gli angeli le creature più vicine a Dio, avevano il loro più prossimo equivalente terreno nei Koubicoularios, cioè i dignitari eunuchi[xii] addetti al servizio imperiale, che costituivano anche la guardia imperiale: e per la mentalità bizantina non vi era alcuna incongruenza tra l’essere eunuco ed occupare posizioni di rango elevato nella gerarchia militare, come dimostra il caso di Narsete, valorosissimo generale sotto l’imperatore Giustiniano, anch’egli eunuco.[xiii] Ma erano anche indispensabili per i servizi richiesti nei ginecei e nelle cerimonie di corte.

Gli Eunuchi erano molto numerosi a Bisanzio, sciamavano intorno al grande palazzo come le mosche intorno ad una stalla di estate [xiv]molti dei quali si distinsero come uomini di stato e generali, giungendo ad occupare anche il trono imperiale anche se non potevano regnare direttamente. I principali funzionari di corte erano tutti eunuchi, così da evitare la possibilità di trasmettere il potere nel palazzo, occupavano i più alti posti nella gerarchia civile, ecclesiastica e militare. Molti eunuchi erano potenti ministri e buoni amministratori, fra loro vi erano patriarchi, metropoliti, vescovi e monaci. Per l’intera durata dell’impero bizantino, gli eunuchi furono molto potenti, provocando spesso lamentele e proteste. Lo storico bizantino Cedreno ricorda un detto: “Se hai un eunuco, uccidilo; se non ne hai, comprane uno ed uccidilo”.

Anche nell’Esarcato di Ravenna, si dice che alla massima carica venivano spesso nominati dei dignitari palatini eunuchi.[xv] Così come tra gli strateghi dell’Italia meridionale è considerevole la presenza di eunuchi.[xvi]

Questa lunga trattazione sull’eunuchismo bizantino, si è resa necessaria perché una recente autorevole rivelazione[xvii] riconosce la figura di Flagitio straticoto Calabrie, fondatore di Catanzaro, proprio nell’eunuco Costantino Phagitze, ricordato e raffigurato nel cosiddetto Scilitze matritense, un codice miniato calabro-greco, prodotto in Sicilia nel XII secolo che ora si trova nella Biblioteca Nazionale di Spagna a Madrid, noto come Madrid Skylitzes, Codex Græcus Matritensis di Ioannis Skyllitzes, o Skyllitzes Matritensis. Si tratta dell’unico manoscritto con 574 miniature, di una cronaca greca giunto fino a noi, al foglio 207 verso, una miniatura rappresenta Giovanni Orfanotrofo, fratello dell’Imperatore Michele Paflagone (1034-1041), mentre consegna all’eunuco Costantino Fagitze, famigliare del Basileus, un’arca contenente le sacre reliquie del Mandilio (l’effige di Gesù).

immagine 1

Figura 2 – Miniatura dalle Skylitzes di Madrid.  Giovanni Orphanotrophos consegna a_Phagitzes le reliquie per  Constantine Dalassenos.

Di lui si hanno poche notizie dalle fonti greche, ma il Prof. Burgarella non ha dubbi sull’identificazione di Konstantin Phagitzes con lo stratego Flagizio citato nella Cronaca delle Tre Taverne, quale promotore della nascita di Catanzaro.

Come non dovrebbero esserci dubbi nemmeno sull’identificazione dell’altro personaggio citato dal canonico Catacense, cioè il Magister Militium Gorgolano, (Gorgolanus o Jordanus) in un altro eunuco Constantino Gongylus, (in greco Γογγύλης, Κωνσταντίνος), uomo di corte, nutrito nella delicatezza, rotto all’effeminatezza, e poco versato nelle operazioni militari;[xviii] insieme al fratello Anastasio era uno degli eunuchi favoriti dell’imperatrice Zoe Carbonopsina, madre di Costantino VII Porphyrogenito.

Di Gongylas si sa che fu elevato al rango di patrizio, poi fu nominato drungarios (ammiraglio) di una flotta imperiale (944-45) composta da 6 Chelandion, con equipaggio da 150 uomini e 6 Ousiakon da 108, con base a Samo. Nelle fonti greche è ricordato soprattutto perché nel 949 si rese protagonista di una spedizione militare contro l’Emirato di Creta finita con un disastroso fallimento. Egli approdò sull’isola accampandosi sulla spiaggia senza adeguate protezioni, gli isolani lo assalirono di notte senza incontrare alcuna resistenza, tagliarono a pezzi,  misero in fuga tutti i loro nemici. I cronisti dell’epoca riportano l’episodio con indignazione: La sue negligenza ed incapacità furono la causa di un disastro;[xix] Il generale medesimo sarebbe perito senza il valore delle sue guardie, che lo trasportarono in una nave. Ei ritornò in Costantinopoli, ricoperto di vergogna; ma siccome era favorito, così non fu senza apologisti. [xx]

Dopo questo episodio il suo destino è in gran parte sconosciuto, ma nella Cronaca delle Tre Taverne e del modo in cui fu fondata Catanzaro, è citato quale artefice della nascita di molte città, sbarcato con discreta flotta nelle nostre marine, avrebbe ricostruito le città di Calabria e Lucania in luoghi più sicuri, probabilmente la sua ultima impresa militare!

Sappiamo però che insieme al fratello Anastasio vissero spendendo la loro fortuna in cause filantropiche e di beneficenza.[xxi]

Un altro tassello si aggiunge a favore dell’attendibilità storica del racconto di Ruggiero Carbonello, un nuovo contributo per conseguite un qualche progresso a vantaggio della nostra storia, come egli stesso auspicava, che nello specifico attesta una fondazione avvenuta ad opera di Gongylos incaricato da Niceforo II Foca (963-969) ed una ri-fondazione realizzata da Phagtze, sotto Costantino IX Monomarco (1043-1055). Il problema del silenzio delle fonti, sembra finalmente risolto.

 

 

Può apparire. Può manifestare la sua volontà. Può adombrarsi. Le sue virtù taumaturgiche si estendono al di là del registro delle guarigioni o dell’azione militare. Può agire attraverso la sua immagine od il suo nome, scritto o pronunciato. Può lasciare tracce materiali della sua apparizione. Il suo culto continua in certi luoghi di venerazioni antiche, ma esistono anche in santuari più recenti. Questi luoghi, di cui sembra essere più particolarmente patrono, non hanno alcuna caratteristica comune, geografica, topografica o funzionale: sono situati in Europa od in Asia; in pianura od in montagna; in riva al mare o ad un fiume; in città o fuori città; con o senza sorgente; sono chiese episcopali o monastiche. Infine egli non è essenzialmente invocato e descritto dalle sue virtù militari, ma piuttosto perché detiene, in Nome di Dio, una funzione che fa, di lui, in modo più particolare il protettore privilegiato degli Arconti dell’Impero Bizanti

autore: GIUSEPPE MATARESE

[i]             Nella Chronica Trium Tabernarum, et quomodo Catacensis civitas fuerit edificata, quando Goffredus illustrissimus Catacensis Comes pro restauracione et edificacione Trium Tabernarum Episcopatus Greca undique et vetera coadunavit scripta et privilegia. Autore Ruggiero Carbonello, diacono e canonico di Catanzaro, il quale avrebbe dedicato il lavoro a Guglielmo II, duca di Puglia.

[ii]     Traduzione del Prof. Vincenzo Belcamino , tratta da Chronica Trium Tabernarum et de Civitate Catanzarij – Cronaca delle Tre taverne e della città di Catanzaro a cura di Domenico Montuoro, Ed. Brettion Multimedia, 2009.

[iii]     Idem

[iv]     Idem

[v]     Carmelo Martorana, Notizie storiche dei saraceni siciliani, v. 2, p. 2. …come vedesi di quel patrizio mandato da Costantino Porfirogenito alla difesa della Calabria circa al 953, che Lupo Protospata nominò Melchiano, la Cronica di Cambridge addimandò Melghiano, e il Cedreno, che fu scrittore greco, lo disse Malaceno […] e similmente quell’ altro catapano di Calabria, che successe a Maniace nel comando dell’armata greca venuta in Sicilia circa l’anno 1038, da Giorgio Cedreno viene chiamato Doceano, da Lupo Protospata Dulchiano, da Leone d’ Ostia Dacliano (lib. 2, cap. 67), e da Guglielmo di Puglia Dochiano (loc. cit. lib. I). Della qual cosa io credo esserne stata causa non solamente l’incuria de’ copisti, ma quella difficoltà soprattutto che s’ incontra sempre nella pronunzia de’ nomi forastieri, per cui si torcono a un certo modo, che non riesce più possibile di ravvisare la primitiva forma.

[vi]     Antonio Macchione, Alle origini di Catanzaro La Chronica Trium Tabernarum. P. 90. Ms. XXII. 184, databile tra il 1601 e il 1650.

[vii]      Nel Nuovo Testamento il termine “arcangelo” è attribuito a Michele. Il suo nome deriva dall’espressione Mi-ka-El, che significa chi è come Dio? L’Arcangelo diventa il protettore della Chiesa, “capo degli strateghi celesti” (cfr. Epistola Apostolorum); il culto per san Michele ebbe in Oriente una diffusione enorme, ne sono testimonianza le innumerevoli chiese, santuari, monasteri a lui dedicati; nel secolo IX solo a Costantinopoli, capitale del mondo bizantino, si contavano ben 15 fra santuari e monasteri; più altri 15 nei sobborghi. Tutto l’Oriente era costellato da famosi santuari, a cui si recavano migliaia di pellegrini da ogni regione del vasto impero bizantino e come vi erano tanti luoghi di culto, Il culto di Michele e stato dapprima un culto popolare, mescolando elementi ebraici e pagani ed indirizzandosi, principalmente nel V e VI secolo, ad un Michele guaritore; sottolinea poi che, recuperato da una Chiesa inquieta dal suo monoteismo, il culto di Michele aumento nel VI secolo, con l’appoggio imperiale, per volgersi piuttosto all’aspetto militare dell’Arcangelo; infine, grazie al favore degli avvenimenti del VII e principio del VIII secolo, Michele, la cui dimensione militare andava rafforzandosi, divenne il Patrono degli eserciti imperiali, cosi come lo si constata all’epoca macedone.

[viii]     Raymond Janin, Les sanctuaires byzantins da Saint Michel. Socialmente, la devozione a Michele è largamente sviluppata, non solo in tutte le classi dirigenti del mondo bizantino, ma anche al di là. La generalizzazione di questa devozione coincide con ciò che Raymond Janin aveva sottolineato da parecchio tempo, e cioè la moltiplicazione delle chiese e dei luoghi di culto consacrati a Michele nell’Impero bizantino, soprattutto a partire dalla fine del IX secolo (). Spiritualmente, egli è venerato come qualsiasi altro Santo. Può essere rappresentato. Può apparire. Può manifestare la sua volontà. Può adombrarsi. Le sue virtù taumaturgiche si estendono al di là del registro delle guarigioni o dell’azione militare. Può agire attraverso la sua immagine od il suo nome, scritto o pronunciato. Può lasciare tracce materiali della sua apparizione. Il suo culto continua in certi luoghi di venerazioni antiche, ma esistono anche in santuari più recenti. Questi luoghi, di cui sembra essere più particolarmente patrono, non hanno alcuna caratteristica comune, geografica, topografica o funzionale: sono situati in Europa od in Asia; in pianura od in montagna; in riva al mare o ad un fiume; in città o fuori città; con o senza sorgente; sono chiese episcopali o monastiche. Infine egli non è essenzialmente invocato e descritto dalle sue virtù militari, ma piuttosto perché detiene, in Nome di Dio, una funzione che fa, di lui, in modo più particolare il protettore privilegiato degli Arconti dell’Impero Bizantino.

[ix]     Gli ebrei credevano che San Michele fosse l’angelo nominato da Dio affinché vegliasse su determinate fonti d’acqua, in particolare quelle con proprietà terapeutiche.

[x]     Johannes Malalas, Chronicle. Il cronista bizantino autore del libro Cronografia, in cui annotava i fatti più salienti del suo tempo (491-565), fa molti riferimenti a san Michele in relazione agli imperatori bizantini; Teodoro Prodromo  Alcuni passi del poeta, dove descrivendo un gioiello dell’imperatore, sul quale compaiono la Vergine, Giovanni Battista e l’arcangelo Michele, preannuncia al sovrano grandi successi militari, in quanto, egli dice: Insieme con te comanda il grande arcistratego. Allora ogni governatore si piegherà a te in maniera servile. In questi versi l’aspetto militare è associato agli arcangeli, in quanto motivo assolutamente tradizionale.

[xi]        , Arms and Armour of the Warrior Saints: Tradition and Innovation in Byzantine Iconography (843-1261).

[xii]      Lucio Guerrato, I guardiani del letto. Tutti sanno cos’è un eunuco, ma a parte alcuni aneddoti piccanti su di loro, […] forse non tutti sanno quali sono le conseguenze dell’evirazione su un uomo, totale o parziale che sia. Queste persone, maltrattate, tristemente ridicolizzate e che sembrano appartenere ad un passato lontano hanno percorso la storia dell’umanità durante almeno quattromila anni giocando spesso anche un ruolo significativo ed importante.

[xiii]      G. Del Ton, Verità su angeli e arcangeli. 1985

[xiv]     Teofane Continuato p. 318

[xv]        G. Ravegnani, I bizantini in Italia, Bologna, Il Mulino, 2004, p. 82.

[xvi]       Salvatore Cosentino, Storia dell’Italia bizantina, VI-XI secolo: da Giustiniano ai Normanni. 2008.

[xvii]     Filippo Burgarella, Lo stratego fondatore di Catanzaro: Costantino Phaghìtzes. In Atti del IX Congresso dell’Associazione Italiana di Studi Bizantini (Ravenna, 22 – 25 settembre 2015).

[xviii]     Jean Baptiste Louis Crevier, Storia degli Imperatori Romani. 1826, v. XL, p 83.

[xix]     Cedreno II, p.336

[xx]      Charles Le Beau, Storia del Basso Impero da Costantino il Grande Fino alla presa di Costantinopoli Fatta da Maometto Secondo. 1834, tomo. 10, parte 2, p. 305. Con riferimento a Cedreno p. 610, Zonara t.2 p195, Leone Diacono Historiae t.1 cap.1 p.7.

[xxi]     Lennart Ryden, The Life of St. Basil the Younger and the Date of the Life of St. Andreas Salos. 1984, pp. 568-577.

Print Friendly, PDF & Email

Di Nicola

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Impero Romano d'Oriente 330-1453 la sua storia is Spam proof, with hiddy

Condividi

Condividi questo articolo tra i tuoi amici!