BISANZIO riconquista nuovamente la SIRIA

Dopo la vittoria delle forze mussulmane nella battaglia dello Yarmuk nel 636, l’Impero bizantino perde in meno di dieci anni diverse ricche province: Siria, Egitto, Mesopotamia, quindi la Tripolitania. Occorreranno tre secoli prima che Costantinopoli possa effettivamente rialzare la testa e lanciarsi, sotto la guida di due suoi generali, diventati imperatori, alla riconquista della Siria.

La prima ondata della conquista mussulmana si esaurisce intorno all’anno 650. I Bizantini sono riusciti in quel periodo a bloccare le minacce sulle loro frontiere ed hanno lanciato le prime controffensive in Asia Minore. Essi riescono a mantenere per un certo periodo la loro provincia d’Africa e la sua capitale regionale, Cartagine. Ma la conversione, più o meno forzosa, dei Berberi all’islam, nel 696 fornirà dei nuovi contingenti ai conquistatori mussulmani. Le truppe del califfato degli Ommeyyadi riusciranno, in tal modo, ad impadronirsi di tutta l’Africa del Nord prima di invadere la Spagna, dove vinceranno i Visigoti. Peggio ancora, gli Arabi riusciranno a minacciare direttamente Costantinopoli e ad assediare più volte la capitale. Questi assedi verranno condotti, in un primo tempo, fra il 674 ed il 678, quindi, in un secondo tempo, nel 717 3 718. I Bizantini, grazie alla loro flotta, riusciranno comunque a respingere ogni volta i loro avversari.

Intorno al 740 appare evidente una considerazione: mai la Cristianità era stata ridotta ad un così piccolo spazio geografico. La sua sfera di influenza risulta ormai ridotta, in Occidente, alla Gran Bretagna, all’Irlanda, alla Gallia ed all’Italia, mentre in Oriente rimangono ancora la Grecia, la Tracia e l’Asia Minore. Dei cinque Patriarcati, intorno ai quali si era organizzata la Chiesa, tre sono stati conquistati dagli Arabi mussulmani: Gerusalemme, Antiochia ed Alessandria. Solo Roma e Costantinopoli rimangono sotto il dominio di principi cristiani. Peraltro, l’Impero Bizantino conserva appena il controllo diretto su Costantinopoli, dopo che i Longobardi si sono impadroniti di Roma e di quasi tutta l’Italia nell’8° secolo.

Il lento recupero

L’Impero bizantino, profondamente destabilizzato dagli attacchi dagli Arabi in Oriente, dai Longobardi in Italia e dalle prime invasioni slave nei Balcani, va incontro, a partire dal 750 a numerosi e gravi problemi interni, conosciuti col nome di “crisi iconoclasta”. L’imperatore Leone 3° l’Isaurico (685-741) vieta nel 730 l’uso delle immagini ed ordina la loro distruzione. I successi militari di Leone 3° e di suo figlio Costantino 5° (718-775), sebbene limitati, li spingono a rinforzare la posizione dottrinale di fronte agli iconoduli, partigiani delle immagini, di cui Giovanni Damasceno (676-749), dottore e Padre della Chiesa, ne è stato il più emblematico rappresentante. Dopo un momento di calma, ottenuta grazie ai compromessi del secondo Concilio di Nicea, del 787 (che autorizza nuovamente il culto delle immagini, limitando molto severamente, però, il loro commercio), la crisi si infiamma nuovamente nel 9° secolo. Sotto l’impulso dell’imperatore Leone 5° l’Armeno (775-820) e dei suoi successori, Michele 2° Psellos, l’Amoriano (770-829) e Teofilo (813-842), viene emanata a Costantinopoli una dottrina iconoclasta molto rigorosa. Occorrerà attendere l’imperatrice Teodora (805-867), vedova di Teofilo e reggente per l’imperatore Michele 3°, detto l’Ubriaco (840-867), perché vengano proclamati, nell’843, la fine dell’iconoclasmo ed il trionfo dell’ortodossia.

La restaurazione della venerazione delle immagini coincide quasi perfettamente con l’indebolimento della potenza araba in Oriente. Questo arretramento dei principali avversari dell’Impero, abilmente sfruttato dalla propaganda iconodule, è il risultato delle divisioni interne al mondo mussulmano, ma anche e paradossalmente, dello sforzo militare degli imperatori iconoclasti: “Comunque sia, il 9° secolo vede l’autorità bizantina consolidata in Oriente – gli Arabi non potranno più minacciare direttamente Costantinopoli –  e garantita nelle province balcaniche, perlomeno su quelle che erano sfuggite ai Bulgari. Lo stato bizantino, essendo riuscito a superare l’agitazione causata dall’importuno insediamento delle popolazioni slave, aveva nuovamente stabilito il suo dominio” (1).

Parallelamente, presso i Mussulmani, il Califfato Abbasside si incammina, lungo il corso del 9° secolo, in un lento periodo di disintegrazione. Una certa rinascita nazionale persiana fa sì che gli emirati orientali passino nelle mani dei Sassanidi e dei Safarridi, intorno all’875. L’Egitto proclama ugualmente la sua indipendenza sotto gli emiri Tulunidi. L’Armenia cristiana acquisisce, da parte sua, una certa autonomia, pur accettando di pagare un tributo agli Arabi. Il califfato viene persino costretto a tollerare l’insediamento di un principato sciita nel Tabaristan, posto sotto la protezione degli emiri Saffaridi.

Nel Mediterraneo, gli Aglabidi, di provenienza tunisina, occupano la Sicilia e la punta della Calabria. Ma sotto la pressione dei Normanni e dei Bizantini essi vengono progressivamente cacciati dall’Italia del Sud. Questa importante vittoria, sfocia nell’880, nell’Italia meridionale, sul primo recupero territoriale dei Bizantini negli ultimi due secoli. Agli inizi del 10° secolo, la scomparsa degli Aglabidi comporta la fine di qualsiasi tipo di controllo degli Abbassidi sulla attuale Tunisia. Per contro, il califfato recupera una certa autorità, riassumendo il governo diretto dell’Egitto nel 905 e beneficiando della favorevole situazione, determinatasi a seguito del rovesciamento dei Saffaridi, pro-sciiti, da parte dei Samanidi, mussulmani strettamente ortodossi.

In Oriente, il 10° secolo diviene, in seguito il periodo della riconquista da parte bizantina di territori perduti da più di 300 anni. Le grandi offensive iniziano durante il regno di Romano 1° Lecapeno (920 al 944). Il generale ha posto sotto tutela l’imperatore legittimo, Costantino 7° Porfirogenito (905-959), pur rispettando la sua persona e mantenendolo in uno statuto di imperatore associato, ma senza potere effettivo. Romano viene assorbito, durante la prima parte del suo regno, fino al 927, da una guerra nei Balcani contro i Bulgari di Simeone 1° il Grande (864-927). Ma, in seguito, le cose cambiano. Un abile generale, Giovanni Curcuas o Kurkuas (- dopo 946) viene incaricato di passare all’offensiva contro gli Arabi. Mentre la frontiera del Taurus rimane stabile, le operazioni si sviluppano principalmente in Armenia ed in Mesopotamia. Il maggiore successo di Kurkuas è rappresentato dalla conquista della città di Melitene, presa e poi riperduta nel 931, prima di essere nuovamente occupata, per lungo tempo, nel 934.

E’ a questa epoca che appare, nel campo avverso, un avversario temibile nella persona dell’emiro Sayf al-Dwala al Hamdani (913-967), membro della dinastia degli Hamdanidi, originario della Djazira. Egli opera in Armenia e saccheggia nel 940 la regione di Colonea. L’Impero Bizantino si trova di fronte al suo problema strategico abituale, dovendo costantemente condurre la guerra su due fronti. Nel 941 un attacco navale dei Russi mobilita le forze dell’Impero sul litorale della Scizia e Giovanni Corcuas o Korkuas potrà ritornare sul fronte orientale solo nel 942, alla testa di un grande esercito di circa 80 mila uomini, secondo le fonti arabe. Korkuas conquista l’anno seguente Martyropolis, Amida (Diarbakir), Dara e Nisibe, nell’attuale Curdistan. Egli attacca anche Edessa, senza riuscire peraltro a conquistarla. A quel punto, egli firma un trattato di pace con Sayf al-Dwala ed ottiene da quest’ultimo la restituzione del “Santo Mandylion” (2), in cambio della liberazione di prigionieri. La reliquia viene trionfalmente trasferita a Costantinopoli, dove effettua il suo ingresso il 15 agosto del 944. Il bilancio di Giovanni Korkuas risulta complessivamente positivo: “Impressionati dallo schieramento di forze dell’Impero bizantino, intere tribù arabe passano dalla parte dell’Impero: Esse ricevono il battesimo e vengono insediate nelle province bizantine. Questo spopolamento della frontiera araba faciliterà in maniera apprezzabile l’ulteriore avanzata dei Bizantini” (3). Per completezza di informazione, occorre dire che nello stesso tempo gli Hamdanidi risultavano assorbiti da lotte interne al califfato in Mesopotamia ed in Siria.

L’influente famiglia dei Focas

Nel dicembre del 944 Romano 1° viene rovesciato e quindi esiliato dai suoi figli, che saranno a loro volta destituiti dall’imperatore legittimo Costantino 7° Porfirogenito. Quest’ultimo ritorna, a quel punto, in primo piano per effettuare un secondo regno personale. Costantino effettua un ricambio politico a Costantinopoli e si getta nella braccia della potente famiglia Focas, originaria della Cappadocia e del suo capo Bardas di Niceforo Focas (878-969). Bardas è il fratello del generale Leone Focas il Vecchio (870-dopo 919), rivale dello sfortunato Romano Lecapeno, che aveva fatto fallire il suo colpo di stato e l’aveva accecato e quindi eliminato. Bardas Focas viene nominato domestico delle Scholes d’Oriente, carica che gli attribuisce la funzione di comandante supremo dell’esercito bizantino sulla frontiera con gli Arabi. I tre figli di Bardas, Niceforo (912-969), Costantino e Leone il giovane (915-dopo 971), ricevono nello stesso momento delle importanti cariche nell’ambito dell’esercito.

Nel 949, Costantino 7° ed il suo governo lanciano una gigantesca spedizione sull’isola di Creta, base strategica dei mussulmani, che minaccia gli interessi bizantini nel mare Egeo e nel Mediterraneo orientale. La spedizione, guidata da un mediocre comandante, Costantino Gongyles, fallisce miseramente. In Siria le cose vanno inizialmente abbastanza bene. Bardas Focas conquista Germanicea (Marash) nel 949 ed i Bizantini attraversano l’Eufrate nel 952. Ma la fortuna passa rapidamente di campo. Sayf al-Dwala riprende Germanicea, infligge diverse sconfitte alle truppe di Bardas, facendo prigioniero Costantino Focas nel 953. Per diversi anni, gli Hamdanidi riprendono l’iniziativa e sfruttano i loro successi.

Alla fine del 954, avviene un importante cambiamento tra i Bizantini: Bardas cede il comando dell’esercito a suo figlio Niceforo che diventa domesticus delle Scholes nel 955. Niceforo ha già più di 40 anni (essendo nato intono al 912) ed una solida esperienza di guerra. Le cronache di Giovanni Skylitzes o Scilitze (1040-1110) ci forniscono la seguente descrizione: “Il colore della sua pelle tendeva più allo scuro che al bianco. La sua capigliatura era spessa e scura. Aveva occhi neri, pensosi e preoccupati, protetti da spesse sopracciglia. Il suo naso, che non era né piccolo né grosso, si incurvava leggermente sulla sua estremità. Il suoi baffi, di giusta misura, si prolungavano lungo le gote con una barba poco fluente. Persona robusta, a causa della statura, egli risultava incurvato, con un petto e spalle molto ampie. Il suo valore e la sua forza uguagliavano quelli, così famosi, di Ercole e per la sua prudenza e la sua saggezza, egli superava tutti gli uomini della sua generazione”. (4)

Niceforo era supportato da Giovanni Tzimiskes (925-976), un brillante generale di origine armena, che aveva l’incarico di stratega di Mesopotamia, mentre l’esercito risultava in piena ripresa. Esso comprende delle truppe tematiche (5) ed, in una proporzione crescente, reggimenti, provenienti dai Tagmata (unità del livello battaglione/reggimento, facenti parte dell’esercito permanente bizantino). L’esercito comprende numerosi soldati reclutati all’estero: Scandinavi, Slavi, Ungheresi e Bulgari, provenienti dall’Occidente, Armani, Georgiani, Arabi e Kazari, venuti dall’Oriente. L’esercito bizantino risulta composto per due terzi da fanti e per un terzo da cavalieri. I primi risultano raggruppati in unità intermedie di mille uomini, chiamate Taxarchie, che comprendono ciascuno dei corpi specializzati: fanteria pesante, che costituisce la maggioranza delle truppe; fanteria leggera ed arcieri, che rappresentano un quarto degli effettivi. I soldati risultano protetti da un elmo e da uno scudo e sono equipaggiati con una lunga lancia da 4-5 metri come armamento principale, avendo anche a disposizione la spada, l’ascia o una mazza d’armi. Alcuni fanti, i menavlatoi, sono equipaggiati di una lancia pesante che consente di effettuare uno sbarramento alle cariche della cavalleria nemica. La cavalleria conta tra i suoi effettivi più di un terzo di arcieri a cavallo, equipaggiati di un arco lungo. Essi adottano, come loro tattica di combattimento, quella dei cavalieri originari delle steppe. La forza d’urto della cavalleria bizantina era composta dalla cavalleria pesante, armata di lance, rinforzata da cavalleria “ultrapesante”, integralmente corazzata, quella dei Catafratti (6). Infine, fanno parte dell’esercito anche i Prokursatores, cavalieri leggeri reclutati generalmente fra le popolazioni arabe ed armene della frontiera e la cui conoscenza del terreno risulta molto utile nelle loro missioni di ricognizione.

Sayf al-Dwala, di fronte ai Bizantini, dispone di un esercito ugualmente potente. Egli recluta i suoi effettivi principalmente nelle città sotto il suo controllo. Egli dispone anche di unità specializzate, quelle dei Ghulams, soldati schiavi, veterani di guerra. Il suo esercito comprende anche contingenti di arcieri turchi a cavallo. L’emiro di Aleppo ha arruolato anche mercenari e beduini per dotare come l’esercito bizantino, di unità specializzate. Sayf al-Dwala e le sue truppe sono inoltre animate da un innegabile spirito di Jihad. La guerra santa rappresenta una motivazione sempre più diffusa da parte dei predicatori che percorrono i territori hamdanidi. L’ambizione maggiore rimane la conquista di Costantinopoli, anche se la capitale bizantina sembra sempre di più fuori della portata dei comandanti mussulmani. L’autorità di Sayf al-Dwala si estende ormai sulla quasi totalità della zona di frontiera fra il mondo dell’islam e quello dell’impero bizantino. Il suo regno comprende una parte della Mesopotamia, la Siria del Nord e l’emirato di Tarso in Cilicia. Il fratello di Sayf, Nasir al-Dwala ha preso, succedendo al loro genitore, la guida dell’emirato di Mossul. Egli regna sulla Mesopotamia settentrionale, con l’appoggio delle tribù curde. Mentre Sayf risulta occupato dalla guerra diretta contro i Bizantini, le ambizioni di Nasir lo portano ad agire, in particolare, contro l’Armenia o in direzione di Bagdad.

I primi trionfi di Niceforo Focas

Niceforo Focas inizia la campagna in oriente a partire dal 956, avendo come obbiettivo di far dimenticare gli insuccessi di suo padre e di far avanzare la frontiera araba dell’Impero. Sayf al-Dwala, immaginando le ambizioni del nuovo domesticus delle Scholes, prende l’iniziativa di un’offensiva verso il Nord. Egli ottiene una vittoria di fronte a Giovanni Tzimiskes, nella regione di Amida, sul fiume Tigri. L’emiro ingaggia, in seguito, una seconda offensiva in territorio bizantino nel corso dell’autunno. L’anno 957 si presenta meglio per i Bizantini. Da un lato, presagio favorevole, un diacono di Antiochia, è riuscito ad “esfiltrare” verso Costantinopoli la reliquia della “mano di S. Giovanni Battista”. Dall’altro, Niceforo Focas riporta due successi importanti, impadronendosi di Hadat e quindi di Samosate, città che non riesce a conservare a lungo. L’offensiva bizantina viene alla fine bloccata da un ammutinamento di una parte dell’esercito, che Niceforo è costretto a reprimere nel sangue.

Sarà solo nell’anno seguente, nel 958, che viene lanciata una offensiva combinata di tre generali bizantini – Niceforo Focas, Giovanni Tzimiskes e Basilio Lecapeno detto il Bastardo (+985) – che conquista definitivamente Samosate. Naja, uno schiavo luogotenente di Sayf, viene battuto nel giugno da Giovanni Tzimiskes e l’emiro di Aleppo viene personalmente battuto nella battaglia di Raban. Con questi importanti successi e la cattura di un grande numero di prigionieri, Niceforo Focas riesce a penetrare profondamente le difese nemiche sulla frontiera con l’impero ed il mondo mussulmano.

Nel 959, la morte di Costantino 7° porta all’accessione al trono imperiale di suo figlio Romano 2° (938-963). Giovane amabile, ma debole e frivolo, Romano non mostra una vera volontà politica. Egli risultava sposato nel 956 con Anastaso (955-991), la figlia di un gestore di cabaret. Diventata imperatrice con il nome di Teofano, la giovane, a cui tutti attribuiscono una incomparabile bellezza, giocherà ben presto un ruolo politico, molto più importante di quello di suo marito, dimostrando una ambizione senza limiti. Romano, soggiogato dalla sua sposa, affida gli affari dello stato all’impopolare eunuco ed ammiraglio Giuseppe Bringas (+ 965) e si adagia sugli allori guadagnati sui campi di battaglia da Niceforo Focas. Quest’ultimo assume, nel 960, il comando di una operazione contro Creta. Chandax (Candia) cade nelle sue mani nel 961, dopo un terribile assedio che dura tutto l’inverno. Dopo 150 di dominazione araba, l’isola, vero e proprio covo di pirati, ritorna sotto la dominio bizantino, privando, in tal modo, gli Arabi del principale punto d’appoggio della loro potenza marittima e consentendo ai Bizantini di iniziare delle nuove campagne in Oriente, senza correre il rischio di un attacco marittimo arabo, alle spalle, nell’Egeo. L’ampiezza e le conseguenze di questa vittoria conferiscono a Niceforo Focas un immenso prestigio a Costantinopoli.

Durante questo periodo, in Siria, Sayf al-Dwala cerca di approfittare delle circostanze favorevoli per passare all’offensiva nel 960, proprio quando Niceforo si trova impegnato con le operazioni contro Creta. Cercando di affermarsi un po’ più come capo federatore dei mussulmani della regione ed a riempire le sue casse con il saccheggio, l’emiro parte in campagna con un esercito di 30 mila uomini, provenienti da Aleppo e da Tarso. Egli riporta una netta vittoria sui Bizantini, guidati dal patrizio Michele e quindi si lancia in profondità nelle terre imperiali, fino alla città di Charsanion, nel nord-est della Cappadocia. Sayf al-Dwala devasta le regioni attraversate, mentre, davanti a lui, Leone Focas rifiuta lo scontro e lascia l’emiro di Aleppo ai suoi saccheggi, attendendo il momento propizio per metterlo in trappola. L’occasione sperata si presenta quando Sayf al-Dwala inizia il movimento di ritorno verso Aleppo e che i Tarsioti che lo accompagnavano si separano dalla sua colonna, per rientrare in Cilicia. Leone riesce, così, a sorprendere l’esercito dell’Hamdanide in un passaggio obbligato ed a vincerlo, nonostante la sua inferiorità numerica. Il disastro nell’esercito mussulmano è completo e Sayf al-Dwala riesce a salvare la vita, dandosela a gambe. Egli rientrerà ad Aleppo con la sola guardia personale, avendo perso bottino ed esercito.

Terminati i festeggiamenti dei fratelli Focas per i loro rispettivi trionfi, nell’area dell’Oriente si instaura una calma relativa fino all’inverno del 961. Niceforo riprende in mano, discretamente, le operazioni nel corso del 962. Egli lancia due offensive in una zona che va dalla Cilicia all’Eufrate. Egli si impadronisce, in particolare, della città di Anazarbe nella Cilicia, posta in un settore strategico fra le terre dell’emiro di Tarso e quelle dell’emiro di Aleppo. La città viene saccheggiata ed i suoi abitanti cacciati, senza acqua né viveri, verso la città di Tarso, che per la maggior parte non raggiungerà mai. Alla fine di marzo del 962, Niceforo fa ritorno a Cesarea (odierna Kaiseri), capitale della Cappadocia, da dove prepara  una seconda operazione, stavolta in direzione di Aleppo, con un esercito forte di 30 mila uomini. Sayf al-Dwala organizza al meglio la resistenza. Egli depone l’emiro di Tarso, che rimpiazza con un uomo di sua fiducia e fa ricostruire le difese di Anazarbe, abbandonata in rovina da Niceforo Focas. Nell’aprile, le truppe tematiche bizantine conquistano Marash (Germanicea) e le forze di Niceforo Focas, superata la stretta dell’Amanus, penetrano nella Siria. Nulla si oppone all’esercito bizantino, che si  impadronisce delle piazzeforti siriane, una dopo l’altra. Il generale e poeta Abu Firas al Hamdani (933-968), un cugino dell’emiro di Aleppo, viene sconfitto e fatto prigioniero.

Dopo aver lasciato credere ad una offensiva diretta su Antiochia, Niceforo Focas, cambia decisamente direzione d’attacco per gettarsi su Aleppo. Sayf al-Dwala aveva inviato il suo luogotenente Naja e la maggior gran parte del suo esercito ad intercettare i Bizantini verso Antiochia. Egli si ritrova, a quel punto, preso completamente alla sprovvista nella sua capitale, senza forze sufficienti per opporsi all’attacco nemico. Persona con i piedi per terra, l’emiro decide di abbandonare Aleppo alla sua triste sorte. Nel dicembre 962, Niceforo Focas lancia l’assalto alla città capitale dell’emirato, dove, rapidamente, viene aperta una breccia. La città viene saccheggiata. Le moschee incendiate e le muraglie smantellate, mentre vengono fatti prigionieri 10 mila abitanti da parte dei Bizantini. Lo spavento risulta immenso nel mondo mussulmano che, da secoli, non aveva conosciuto una tale sconfitta. Niceforo Focas è cosciente di non essere in condizioni di mantenere, in pieno inverno, né Aleppo, né la Siria ed inizia immediatamente il suo viaggio di ritorno a Cesarea in Cappadocia. Per il momento, la sua grande vittoria resta solo un valore simbolico, ma ormai le porte per la riconquista della Siria rimangono aperte per l’esercito bizantino.

Il 15 marzo 963, la morte precoce di Romano 2° semina il caos nella guida dell’Impero Bizantino. L’imperatrice si vede attribuire la Reggenza per i suoi due figli, Basilio 2° Bulgaroctono (958-1025) e Costantino 8° (960-1028), a quel tempo minorenni. Teofano, con il suo acuto senso della politica, si rende ben presto conto della precarietà della sua situazione. Giuseppe Bringas e Niceforo Focas dispongono entrambi di loro sostenitori, sia nell’ambito del governo, come nel seno dell’esercito. Teofano sceglie di appoggiare Niceforo Focas e si mette d’accordo con lui a danno di Giuseppe Bringas. In primo luogo, Niceforo Focas viene acclamato imperatore dalle sue truppe, a Cesarea, quindi egli marcia su Costantinopoli, dove effettua il suo ingresso il 14 agosto 963. Egli abbatte la resistenza di Giuseppe Bringas e dei suoi sostenitori in sanguinosi combattimenti per le vie della città, prima di essere incoronato il 16 agosto seguente, nella chiesa di Santa Sofia. A quel punto Teofano gli offre la sua mano, una manovra, molto abile, in quanto in tal modo essa garantisce l’avvenire dei due giovani principi porfirogeniti (7), che il nuovo imperatore prende sotto la sua protezione. Questo matrimonio sancisce anche l’alleanza dei Focas con la dinastia legittima degli imperatori macedoni.

Il cambiamento di imperatore si traduce molto rapidamente in una riorganizzazione del governo e della struttura di comando dell’esercito. L’amministrazione civile viene affidata all’eunuco Basile o Basilio Parakimomenia, il Bastardo, figlio naturale di Romano Lecapeno. Niceforo Focas promuove Giovanni Tzimiskes alla carica di domesticus delle Scholes d’Oriente e riceve anche un nuovo titolo, appena creato, diventando proedros, vale a dire “braccio destro dell’imperatore”. Leone Focas, fratello di Niceforo, diventa, a sua volta, domesticus delle Scholes d’Occidente, mentre Bardas, il vecchio genitore ancora in vita, si vede gratificato del titolo di Cesare.

Antiochia e la Siria

Il regno personale di Niceforo Focas apre, senza alcun dubbio, il periodo più glorioso di successo militare dell’Impero Bizantino medievale. L’imperatore redige, tra l’altro, un manuale di campagna, conosciuto sotto il nome di Praecepta Militaria (8). Modificando l’orientamento dei trattati militari bizantini del periodo precedente, la cui filosofia, da un punto di vista strategico, era essenzialmente difensiva, l’opera di Niceforo Focas si dedica ad analizzare le possibilità offensive di un esercito di campagna organizzato, equipaggiato ed addestrato con grande rigore. Dotato di una buona comprensione della psicologia del combattimento, maturata a seguito della sua lunga esperienza sul terreno, Niceforo Focas formula e sviluppa idee chiare, concrete e misurate: “I Praecepta Militaria contengono l’espressione più concentrata dello stile delle guerre bizantine. Non si tratta né del combattimento omerico in nome della gloria personale, né della grande guerra eroica di Alessandro, né della distruzione implacabile del nemico tipico della guerra romana classica. Il comandante bizantino in operazioni, che tratteggia il testo non è né un adepto della guerra santa che trova la stessa soddisfazione in una vittoria gloriosa o in un martirio glorioso, né un avventuriero alla ricerca del successo. Il suo dovere è quello di condurre operazioni con successo, se necessario dando battaglia, ma ove possibile, preferibilmente senza doverne condurre; egli deve lanciare solo battaglie vittoriose, scopo che si può conseguire evirando con cura tutto quello che è simile ad un bel combattimento leale classico … … Gli stratagemmi e le imboscate costituiscono le alternative alle battaglie che non debbono essere lanciate: non c’è nulla di meglio, in effetti, per demoralizzare il nemico con il tempo, quello che consente di impegnare alla fine una battaglia che permette di riportare una vittoria certa.” (9)

Niceforo accumula numerose vittorie durante i sei anni del suo regno. Gli anni 964 e 965 vengono consacrati ad una guerra molto dura nelle montagne della Cilicia. Sono gli assedi, lunghi e penosi, che dominano le operazioni, specialmente quelli di Tarso e di Mopueste. Le due grandi città, ridotte alla ragione per fame, finiscono per arrendersi nel corso dell’estate del 965. La solida frontiera del Taurus, che separava i Bizantini ed i Mussulmani da diversi secoli non esiste più. Sempre nel 965, una grande flotta bizantina conquista l’isola di Cipro. L’acquisizione dell’isola, dopo quella di Creta, consolida l’egemonia bizantina sul Mediterraneo orientale e permette di preparare al meglio le successive operazioni.

Il grande disegno strategico di Niceforo Focas, maturato nel corso degli anni, vede la sua applicazione nel 956, quando l’imperatore lancia, finalmente, la sua campagna di conquista della Siria. Nell’ottobre l’imperatore si trova con le sue truppe sotto le mura di Antiochia, la città simbolo, ma deve ben presto ritirarsi senza poterla conquistare. Nel 967, Sayf al-Dwala muore improvvisamente nella città di Mossul, privando Niceforo Focas del suo principale avversario, che, a dire il vero, non si era più completamente rimesso dal sacco di Aleppo, di qualche anno prima. Viene lanciata contro la Siria una nuova grande operazione nell’anno 968 e questa volta Niceforo ed il suo esercito penetrano profondamente in territorio nemico. L’imperatore riporta una nuova vittoria davanti ad Aleppo e quindi si impadronisce di numerose città, fra le quali Chayzar – di cui fa bruciare la grande moschea – ed Emese (l’attuale Homs). Egli marcia poi verso il sud, costeggiando il litorale e conquista Jabal, Arqa e Tortosa (Tartus) e successivamente riceve la sottomissione di Laodicea. Rinnovando il suo stratagemma della campagna di Aleppo del 962, Niceforo cambia improvvisamente il suo obiettivo per attaccare Antiochia. L’esercito bizantino pone l’assedio alla città, ma poiché l’operazione procede con molta lentezza, L’imperatore decide di rientrare a Costantinopoli prima della conquista della città. Saranno in effetti, i generali Pietro Focas (940-977, schiavo della famiglia Focas) e Michele Burtzes (930-996), che otterranno la resa di Antiochia, la capitale della Siria, il 29 ottobre 969. Aleppo subisce la stessa sorte qualche mese più tardi ed il successore di Sayf al-Dwala, Saad al-Dwala al Hamdani (+991), è costretto a firmare una pace umiliante con Bisanzio. La Cilicia, la Siria del nord ed Antiochia vengono annesse all’Impero, mentre l’emiro di Aleppo riconosce ormai la sovranità del Basileus di Bisanzio. Il ritorno della città di Antiochia nel girone di Bisanzio, dopo tre secoli di dominazione mussulmana, risulta un successo di prim’ordine, tanto la città è ricca di memorie storiche e di tradizioni religiose per i Romani d’Oriente (10).

Le conquiste di Giovanni Tzimiskes

In Occidente le imprese di Niceforo Focas si rivelano decisamente più difficili. Le relazioni con l’imperatore germanico Ottone 1° di Sassonia (912-973) risultano particolarmente difficili ed i due uomini si disputano letteralmente il sud dell’Italia. Nei Balcani si assiste la crescita di potenza, che preoccupa i bizantini, di un principe russo, Sviatoslav 1° il Bravo d’Ukraina (942-972), il cui intervento contro i Bulgari è stato sollecitato proprio da Niceforo Focas. Inoltre, solo sei settimane dopo la conquista di Antiochia, un complotto contribuirà a mischiare le carte a Costantinopoli. Teofano Anastaso, sempre così giovane e bella (a quel tempo ha ancora 28 anni), si è innamorata, ricambiata, di Giovanni Tzimiskes. Giovanni Scilitze, che lo preferisce a Niceforo Focas per ragioni politiche, lo descrive intenzionalmente come un uomo bello ed avvenente: “Egli era bianco di viso, con una bella tinta della pelle. Egli lasciava scendere la sua capigliatura, bionda e rara, sulla fronte ed i suoi occhi erano energici e chiari. Egli aveva un naso fine e ben proporzionato; i suoi baffi, rossi, risultavano estremamente allungati sui lati mentre la sua barba era di taglia normale e ben fornita. Era un uomo di piccola taglia ma il suo petto e le sue spalle erano larghi. Possedeva una forza colossale e la destrezza ed il vigore del suo braccio erano irresistibili. Il suo animo, dal temperamento eroico, era intrepido ed impavido, facendo trasparire da un piccolo corpo una audacia sovrumana.” (11). Fra il generale, in disaccordo da qualche tempo con l’imperatore e la sua amante imperatrice, l’idea di eliminare Niceforo diventa rapidamente un progetto concreto, che verrà messo in atto nella notte fra il 10 e l’11 dicembre 969. L’imperatore viene assassinato nella sua camera da letto senza che la sua guardia di Vareghi possa avere il tempo di intervenire.

Per quanto riguarda la sua reputazione militare, Giovanni Tzimiskes risulta in posizione di forza per diventare il nuovo imperatore, con Basilio e Costantino, i figli di Teofano, come co-imperatori. Ma Polieucte, Patriarca di Costantinopoli (dal 956 al 970), gli impone di fare penitenza di lasciare la sua amante Teofano e di punire i suoi complici assassini. Giovanni, ormai pronto a tutto pur di essere incoronato, si sottomette alla volontà del Patriarca. A Teofano, relegata lontana dal potere, a quel punto non resta altro che meditare, con dispiacere, sul suo tradimento.

Una delle prime campagne di Giovanni Tzimiskes lo porta nell’anno 971 ad una serie di brillanti vittorie su Sviatoslav 1° (battaglia di Arcadiopolis ed assedio di Dorostolon). L’anno seguente viene il nuovo imperatore riesce a trovare una soluzione diplomatica e matrimoniale che consente di regolare le tensioni fra Bisanzio ed Ottone 1° e da quel momento può dedicarsi tranquillamente verso l’Oriente e gli affari della Siria. In questa regione, gli avversari principali dei Bizantini sono ormai i Fatimidi, il cui centro del potere è situato in Egitto e che hanno tentato, senza successo, di riconquistare Antiochia a partire dal 971. Peraltro, le truppe bizantine sono andate incontro ad una sconfitta, nello stesso anno, ad Amida (Dyarbakir). Giovanni Tzimiskes riprende in mano la situazione nel 972 e conduce preliminarmente una potente offensiva in Mesopotamia con un esercito di manovra di 10 mila uomini, fra i quali molti Armeni. Egli progredisce rapidamente nella regione di Nisibe, in direzione di Mossul, minacciando di invasione Bagdad, la prestigiosa capitale abbaside. Con molta prudenza e nonostante la debolezza delle truppe che gli sono opposte, Giovanni preferisce ritirarsi in Cappadocia per preparare una offensiva più ambiziosa in Siria. L’imperatore rilancia le operazioni nel 974 e la campagna principale viene effettuata nel corso dell’anno 975. Le truppe bizantine attaccano Emesa (Homs) nel mese di aprile, quindi si dirigono su Baalbeck, che cade rapidamente nelle loro mani. Poco dopo è il turno di Damasco che è costretta a capitolare davanti alle forze di Giovanni Tzimiskes. La città si impegna a riconoscere il dominio bizantino ed a pagare un tributo annuo. L’offensiva prosegue in Galilea con la conquista di Tiberiade e Nazareth, quindi sulla costa dove si impadronisce della città di Acri (Akka). La campagna culmina con la conquista di Cesarea, la base principale dei Fatimidi nella regione. A questo punto la città santa e patriarcale di Gerusalemme

sembra essere realmente alla portata di Giovanni Tzimiskes, che avrebbe  potuto ipotizzarvi, come il suo predecessore Eraclio (Erakleion) (575-641), un ingresso trionfale. Ma anche in questo momento, come per Bagdad, l’imperatore preferisce consolidare quanto conquistato, piuttosto che assumersi l’onere di rischi sconsiderati. L’esercito bizantino, in conseguenza, riprende la strada verso il nord, conquistando nel passaggio, Berytos (Beyruth) e Sidone (Saida). Ogni città conquistata riceve un comandante ed una guarnigione e Bisanzio a questo punto risulta padrona della maggior parte della Siria.

La campagna del 975, nelle sue motivazioni, nei suoi obbiettivi, come nella sua condotta, prefigura la 1^ Crociata, che avrà luogo poco più di un secolo più tardi. Sfortunatamente per Bisanzio, Giovanni Tzimiskes muore improvvisamente, nel 976, nel ritorno da una seconda campagna contro gli Abbasidi. Il suo successore Basilio 2° Bulgaroctono, figlio di Teofano Anastaso e di Romano Lecapeno, si dimostrerà un generale altrettanto brillante, ma verrà principalmente assorbito dai Balcani e dalle guerre contri i Bulgari. Basilio 2°, comunque sia, condurrà nel 995 una importante campagna in Siria con 17 mila uomini, per soccorrere l’emiro di Aleppo, suo vassallo, contro le ambizioni dei Fatimidi. La rinascita della Siria bizantina si concluderà ben presto con l’arrivo di un nuovo invasore: “Con il declino degli Arabi e l’incapacità cronica dei Persiani di riconciliare la loro antica cultura nazionale con l’islam – un dilemma che persiste ancora oggi – arriva il momento della supremazia dei Turchi, convertiti all’islam”. (12).

autore: MASSIMO IACOPI

NOTE

(1) Ahrweiler Helene, “L’ideologia politica dell’Impero bizantino”, Ed. PUF, 1975;

(2) Il Santo Mandylion è una reliquia particolarmente preziosa, un abito che sarebbe stato utilizzato dal Cristo per avviluppare il suo viso e lasciandovi una impronta che i Bizantini cercavano, da diversi anni, di recuperare ad Edessa;

(3) Ostrogorsky Georges, Storia dello Stato bizantino;

(4) Giovanni Scilitze o Skylitzes, Imperatori di Costantinopoli;

(5) Eraclio mette in opera il sistema dei “Temi”. La chiave di volta di questa decisione consiste in una totale rottura con un sistema amministrativo che risale ancora al 4° secolo: In Asia Minore vengono creati i Temi, allo stesso modo delle province lontane, che sono l’esarcato di Ravenna o di Cartagine, che diventano delle entità amministrative a vocazione essenzialmente militare. Alla testa di ogni Tema viene nominato uno Stratega, con una funzione paragonabile a quella degli esarchi d’Italia e d’Africa. Egli è affiancato da un proconsole, in carica per l’amministrazione civile.;

(6) Personnaz Charles, nel suo lavoro su Niceforo Focas, avanza l’ipotesi di 500 – 600 catafratti su un esercito totale di 20-25 mila uomini;

(7) Porfirogenito: nato nella porpora, vale a dire quando il padre (Romano 2°) era già imperatore;

(8) Il suo titolo completo è: “Presentazione e composizione sulla guerra dell’imperatore Niceforo”;

(9) Luttwack Edward, La grande strategia dell’Impero bizantino;

(10) Antiochia è stata conquista nel 638 da parte degli Arabi. Essa ritorna ad essere bizantina nel 969 e lo resterà fino al 1084, quando cadrà nelle mani dei Turchi selgiuchidi. I Crociati riprendono Antiochia nel 1098 e vi fondano un principato. Nel 1268, il sultano mammelucco Baybars si impadronisce nuovamente di Antiochia, evento che segna la fine della Siria cristiana;

(11) Giovanni Skylitzes, Imperatore di Costantinopoli;

(12) Luttwack Edward, “La grande strategia dell’Impero bizantino”, Odile Jacob, 2010.

BIBLIOGRAFIA

Chaliand Gerard, Rageau Jean Pierre, “Atlante Storico del mondo Mediterraneo”, Ed. Payot, 2000;

Mutafian Claude, Van Lawve Eric, “Atlante storico dell’Armenia”, Autrement, 2001;

Norwick John Julius, “Storia di Bisanzio”, Perrin, 2002:

Ostrogorsky Georges, “Storia dello stato bizantino”, Payot, 1983;

Personnaz Charles, “L’imperatore Niceforo Focas, Bisanzio di fronte all’islam. 912-969”, Belin 2013.

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Di Nicola

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