L’optimum climatico medievale

Per “Optimum climatico medievale” si intende la fase di clima relativamente caldo attraversata dall’Europa nell’Alto Medioevo.

Secondo la tesi espressa negli anni Sessanta dal celebre climatologo H.Lamb, fra il 750 e il 1200 il nostro continente registrò valori di 1-1,5°C più alti di quelli attuali (media 1900-1960). La frequente presenza di alte pressioni alle latitudini nord-europee avrebbe causato, in particolare, il boom della navigazione vichinga, l’espansione verso Nord della coltura della vite, ma anche della malaria, mentre la perturbazioni calde giunte con maggiore frequenza sul Mediterraneo avrebbero concorso a determinarne la ripresa agricola ed economica, dopo gli ultimi shock delle scorrerie ungarico-arabe. Volendo vedere la questione per gli aspetti più vicini a noi, si può anche ipotizzare che un clima più piovoso  e con inverni meno rigidi potrebbe avere aiutato i bizantini nella disperata difesa dell’Anatolia di fronte agli attacchi arabi.

Agli inizi del 1300, l’abbassamento della temperatura, con le immense alluvioni del 1310-1320 su Gran Bretagna, Francia e Belgio, avrebbe aperto le porte alla cosiddetta Piccola Età Glaciale (1550-1850). Il “mondo pieno” del basso Medioevo europeo sarebbe quindi tramontato con il concorso di colpa del peggioramento climatico.
Fin qui, la ricostruzione comunemente accettata fino a pochissimo tempo fa.
Gli ultimi studi (Bradley, Hughes, Diaz) mettono tutto questo in discussione. Varie analisi delle carote di ghiaccio, degli anelli degli alberi, delle stalagmiti di grotte tendono a reinquadrare la storia climatica dell’Alto Medioevo, con una periodizzazione più stretta, ma soprattutto ridimensionando il riscaldamento climatico. In realtà, nel periodo 750-1200 la temperatura si mantenne quasi sempre su livelli inferiori a quelli attuali, di circa 0,2°C. Inoltre, gli studi effettuati su scala locale evidenziano delle variazioni che non consentono di ricostruire un quadro unitario. Il periodo caldo non si verificò dappertutto nello stesso momento, né con la stessa intensità. Facciamo solo un paio di esempi.

Secondo i prelievi effettuati sugli alberi di Tornetrask (Russia, Urali) il periodo veramente caldo, più caldo dell’attuale è  soltanto quello fra il 960 ed il 1032 d.C.. In questo intervallo di tempo gli anni con temperatura superiore all’attuale sono effettivamente la maggioranza. Dopo il 1032, il clima conosce una nuova, lenta tendenza al raffreddamento, sia pure intervallato da periodi, anche decennali, nuovamente caldi, con temperature anche superiori alle attuali. Alternanza destinata definitivamente a spezzarsi solo a metà del XVI secolo, inizio della Piccola Era Glaciale.
Apparentemente molto diversi sono i dati della caverna di Uamh an Tartari, nel Nordovest della Scozia. Grazie ad essi è stato possibile ricostruire uno degli indici climatici più importanti: l’oscillazione Nord-Atlantica (NAO). Essa misura la posizione delle aree di alta e bassa pressione sull’Europa: ad una NAO elevata corrispondono alta pressione e secco a Sud dell’Europa,  bassa pressione e umido a Nord. Ad una NAO bassa corrisponde l’inverso: le perturbazioni si dirigono sul Mediterraneo, mentre il Mare del Nord conosce momenti di maggiore pausa, dove però dominano i venti freddi dell’est. Ebbene, grazie a questi dati si può vedere come negli anni fra il 1032 e il 1082, ma solo in quegli anni, l’indice NAO si mantiene costantemente a livelli bassissimi, di gran lunga inferiori ai più bassi registrati successivamente. Sul Nord della Scozia anche le piogge calano in modo assai consistente: oltre il 20% in meno rispetto alle medie attuali. In compenso, sul Mediterraneo centro-occidentale la media delle precipitazioni potrebbe essere stata sensibilmente più elevata di quella odierna, con immaginabile beneficio per l’agricoltura. La civiltà comunale, allora agli albori, ne avrà tratto senz’altro un notevole vantaggio.

Negli altri anni del Medioevo NAO e piogge si attestano più o meno sui livelli attuali, anche se la tendenza negativa continua ad essere evidente fino al 1140 circa. In ogni caso, come si può vedere, il 1032, anno della grande carestia, sembra rappresentare un punto di svolta.
Purtroppo, non sono disponibili on line dati sul clima nel periodo e nel territorio dell’Impero Romano d’Oriente. Sono disponibili dati di stima sulle precipitazioni in Turchia negli ultimi 650 anni. Essi non mostrano alcuna correlazione con le contemporanee variazioni del quadro climatologico europeo. Il che, se da un lato non ci consente di ricavare per interpolazione degli altri dati europei una periodizzazione climatica della storia bizantina, ci consente anche di prendere seriamente in esame la possibilità che l’impero dei Romei non abbia conosciuto alcun Optimum climatico, quantomeno su scala generale.

autore: LUISITO SDEI

Per i dati climatologici: http://wdc.cricyt.edu.ar/paleo/recons.html

Per una critica alla teoria dell’Optimum climatico medievale:
http://www.scienzaesperienza.it/news/new.php?id=0178

http://www.sciencemag.org/cgi/content/summary/302/5644/404?rbfvrToken=8d247c3432723fb710ec9aacb62214b88e7b430a
http://www.globalwarming.org/article.php?uid=163 .

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Di Nicola

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