La storia degli erbari bizantini

Il patrimonio di conoscenze che gli antichi ci hanno trasmesso circa le piante e la farmacologia è raccolto in una serie di codici che discendono uno dall’altro fin dall’antichità secondo una tradizione mai interrotta. Il nucleo principale di questa tradizione è costituita dal testo di Dioscoride cioè dagli erbari bizantini, dai quali derivarono quelli arabi da un lato e una parte degli erbari occidentali, italiani in particolare, dall’altro. Fortunatamente oggi questi codici straordinari sono facilmente disponibili in ottimi, anche se non sempre economici, facsimili. ERBARI BIZANTINI

E’ curioso che il più splendido libro che l’antichità ci abbia tramandato non è un testo letterario neppure un testo religioso, bensì un testo di botanica farmacologica: l’erbario di Dioscoride, noto anche col nome di Codice di Giuliana Anicia, dal nome della principessa bizantina che lo fece eseguire poco prima del 512 d.C.
Questo meraviglioso e sontuoso volume, costituito da 491 fogli di pergamena di forma quasi quadrata (370×312 mm) – in origine ne contava 546 – e che pesa almeno una diecina di kg, non solo è un capolavoro della miniatura tardo antica, ma è anche l’unico manoscritto di questa antichità che si può datare con sicurezza.
Il testo contiene la recensione alfabetica della Materia Medica ( Perì yles ìatrikes ) di Dioscoride (cc.12v-387), in effetti relativa alle sole erbe, illustrata da 383 figure a piena pagina di piante medicinali. Seguono da c.388 a c.485v alcuni poemetti sui poteri delle erbe, sugli animali velenosi e le cure che impongono ( Theriaka e Alexipharmaka ) e due poemi sulla pesca e l’uccellagione.
Precedono l’erbario sei frontespizi figurati due dei quali rappresentano i più grandi medici antichi a consesso sotto la direzione del centauro Chirone e di Galeno; altri due raffigurano Dioscoride che riceve da una figura divina la mandragola e Dioscoride che descrive nel suo erbario le proprietà della mandragola mentre un pittore la ritrae su pergamena. Nel primo dei successivi frontespizi è ritratta la patrizia Giuliana Anicia assisa in trono in abiti imperiali contornata da figure allegoriche come promotrice dell’opera e nel seguente il titolo dell’opera con le pagine dell’indice.
Come si è detto il codice oggi contiene 383 figure di piante medicinali ma in origine ne contava 65 in più; la qualità di queste figure è piuttosto varia perché non essendo state copiate da piante vive, bensì da illustrazioni di precedenti erbari, risentono molto della qualità dei loro modelli, ma in generale sono straordinariamente belle per vivezza e aderenza alla realtà.
Pedanio Dioscoride Anazarbeo era un medico di cultura greca, originario dell’Asia Minore, nato ad Anazarbo, in Turchia presso l’odierno confine siriano, forse attorno al 25 d.C., servì come medico militare nelle legioni romane.
Una volta ritirato dal servizio, probabilmente su richiesta del governatore romano della Cilicia Lecanio Basso di cui era amico e che animava un vivace circolo culturale, stese una enciclopedia in cinque libri nella quale raccolse tutte le nozioni che a quel tempo si avevano circa l’azione fisiologico-farmacologica che le sostanze (circa un migliaio) provenienti dal regno animale vegetale e minerale hanno sul corpo umano. L’opera ebbe una tale fortuna che ancora nel 1700 veniva usata correntemente. La grande autorità che il De Materia Medica godette fin da subito e la complessità della sua organizzazione interna stimolarono la produzione di una quantità di compendi, rielaborazioni ed erbari: il Codice di Giuliana Anicia è appunto il più antico tra questi che si sia salvato e dopo lunghe vicissitudini approdò nella Biblioteca Nazionale Austriaca di Vienna. La storia di questo codice è molto interessante e merita di essere raccontata un’altra volta. Ora basterà dire che il suo carattere e l’impegno richiesto per produrlo lo fanno annoverare non tanto tra i manuali d’uso agli specialisti quanto a quelle opere destinate dai maggiorenti a rappresentare l’ideologia del loro regime e a costituire lo strumento del loro potere: l’ instrumentum regni appunto.
Il figlio di Giuliana Anicia, Flavio Anicio Olibrio jr. nel 526 fu nominato Console per l’Occidente e probabilmente fece fare in Italia una copia dell’erbario di Dioscoride che direttamente o indirettamente fu utilizzata anche da Cassiodoro nel periodo in cui preparava i suoi monaci nel monastero di Vivarium in Calabria. Questa copia rimase nascosta in Campania e pur avendo perso forse 25 pagine si trova ora alla Biblioteca Nazionale di Napoli.
Flavio Anicio Olibrio jr. tornato a Costantinopoli si trovò impelagato nella rivolta di Nika del 532:  gli fu confiscato tutto il patrimonio, che però gli fu restituito più tardi probabilmente perchè, non avendo figli, non poteva costituire una minaccia per Giustiniano. Ma non gli fu restituito l’erbario di Dioscoride che rimase sepolto nella biblioteca imperiale. L’erbario fu tirato fuori di lì agli inizi del decimo secolo quando Costantinopoli volendo fare un dono strabiliante al califfo al-Rahaman III di Cordova ne fece fare una copia da spedire con un’ambasceria in Spagna. Il codice fece un’enorme impressione presso la classe medica araba ed ebbe un’influenza determinante nello sviluppo della loro farmacologia ma sfortunatamente oggi è perduto, forse bruciato ai tempi della reconquista o nell’incendio dell’Escurial del 1732. Tuttavia possiamo farci una buona idea di questa copia perché durante la rinascenza macedone, poco più tardi, fu prodotta sempre a Costantinopoli una copia della Materia Medica di Dioscoride, aggiornata secondo i consigli di Fozio, illustrata con figure sicuramente copiate dal grande codice di Giuliana Anicia: questa copia si trova oggi alla Pierpont Morgan Library di New York. Da questa copia ne fu tratta un’altra forse un secolo e mezzo più tardi che si trova nel monastero della Grande Laura del Monte Athos.
Tuttavia copie illustrate della Materia Medica anche se non così sontuose come queste dovevano circolare in tutto l’impero bizantino perché a Parigi alla Biblioteca Nazionale se ne conserva una probabilmente preparata in uno scriptorium siriaco nel nono secolo, certamente copiata da qualche esemplare greco più antico. Le illustrazioni di questo codice sono piccine e risentono della struttura dell’archetipo che doveva essere su papiro ma sono straordinariamente interessanti perché appartengono alla stessa tradizione iconografica da cui dipendono tutti i Dioscoridi che Hunayn ben Ishaq fece tradurre in arabo a Baghdad: la prova incontrovertibile è data dal modo in cui sono raffigurate un paio di piante: nel codice greco parigino la pianta del Bromos ha lungo il fusto delle testoline che sembrano dei pesci e le stesse testoline si vedono nei codici arabi figurati; e così pure si può dire della pianta dalle Testine Ridenti dei codici arabi derivata da un fraintendimento della pianta che Dioscoride chiama Lonchitis .
Un altro erbario bizantino basato sul grande erbario di Giuliana Anicia si conserva alla Biblioteca del Seminario Arcivescovile di Padova probabilmente copiato a Costantinopoli alla metà del ‘300 nel monastero di Giovanni Battista Prodromo su richiesta di un umanista occidentale.
Il codice infatti non si trovava più nella biblioteca imperiale e la sua fama cominciò a correre di bocca in bocca. Il futuro cardinale Bessarione (cardinale Ruteno) ne fece fare una copia che si trova oggi alla Biblioteca Vaticana, altre due copie si trovano in Inghilterra al Museo di Storia Naturale di Londra e nella Biblioteca di Cambridge e svariate copie in formato piccolo si trovano alla Nazionale di Parigi e persino alla Biblioteca Ambrosiana di Milano.
In effetti la tradizione dioscoridea è stata talmente potente da aver condizionato tutti gli erbari bizantini in modo determinante anche quelli che paiono derivare dalla tradizione iconografica degli Pseudo Apulei latini. Per esempio, nella collezione Schoenberg dell’Università di Pennsilvania a Philadelfia c’è un erbario in greco preparato probabilmente agli inizi del XV secolo che nell’impostazione è chiaramente derivato dagli erbari del tipo latino ma nell’introduzione si rifà ancora all’erbario di Dioscoride Pedanio, Ippocrate e Galeno.

I codici di cui abbiamo parlato sovente sono disponibili in eccellenti facsimili:

Il Codice di Giuliana Anicia:

Dioscurides. Codex Aniciae Iulianae picturis illustratus nunc Vindobonensis med. gr.1 phototypice editus. Moderante Iosepho de Karabacek… praefati sunt Antonius de Premerstein, Carolus Wessely, Josephus Mantuani. Lugduni Batavorum, Sijthoff, 1906. 2 vol.

Der Wiener Dioskurides. Codex medicus graecus 1 der Osterreichischen Nationalbibliothek. Kommentar von Hans Gerstinger. Graz, Akademische Druck u. Verlagsanstalt, 1970. 2 vol.

Der Wiener Dioskurides. Codex medicus graecus 1 der Osterreichischen Nationalbibliothek. Kommentar von Otto Mazal. Graz, Akademische Druck u. Verlagsanstalt, 1998-99. 2 vol.

Il codice della Nazionale di Napoli

Dioscurides Neapolitanus. Roma, Salerno, 1991. 2 vol.
Cavallo Guglielmo: Introduzione.
Lilla Salvatore: Dioscurides Neapolitanus. Studio del codice.
Orofino Giulia: Il Dioscoride della Biblioteca Nazionale di Napoli: le miniature.
Bertelli Carlo: Una proposta circa il committente del Dioscoride napoletano.

De materia medica. Codex neapolitanus graecus 1 of the National Library of Naples. (Alimos), Militos, (Genus Publications 2000). 2 vol.
Commento relativo a Dioscoride di A.Touwaide; analisi codicologica di G.Cavallo; trascrizione greca del testo di Agamennon Tselikas.

Il codice della Pierpont Morgan Library
Pedanii  Dioscuridis Anazarbei De materia medica libri VII accedunt Nicandri et Eutecnii opuscula medica. Paris, 1935. 2 vol.

Il codice della Vaticana

El Dioscorides grecolatino del Papa Aljandro VII manuscrito Vat.Chigi 53 (F.VII.159). Madrid, 2001. 2 vol.
Commento: Gonzales Manjares D.Miguel Angel, Herrero Ingelmo Maria Cruz.

autore: SERGIO SELLATORE

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Di Nicola

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