Isacco II Angelo

La famiglia e l’ascesa al trono 

Nonostante i compiacenti collegamenti dei rètori di corte, il nome della famiglia che resse Bisanzio alla fine del XII secolo aveva un’origine piuttosto prosaica, e derivava dalla città di Angel, nei dintorni di Amida, in Mesopotamia. Compaiono in effetti degli Angeli in epoca molto antica, ma ben difficilmente possono essere ravvisati dei legami, tanto più che gli stessi cronisti dell’epoca potevano permettersi di dubitare dell’effettiva nobiltà di questa casata. Si trattava di una famiglia di militari la cui nobiltà era piuttosto recente, ed ebbe la ventura di entrare a far parte del clan imperiale tramite il matrimonio tra Costantino Angelo ed una figlia di Alessio I Comneno, Teodora. Tanto lui quanto il resto della famiglia furono in prima linea nelle campagne di Alessio, Giovanni e Manuele, ed Andronico Angelo, figlio di Costantino, fu tra i comandanti delle truppe di Manuele a Miriocefalo, dove ebbero modo di combattere anche i figli che aveva avuto dalla nobile Eufrosina Castamonitissa, tra i quali vi era Isacco, nato nel 1155.
Alla morte di Manuele gli Angeli appoggiarono il consiglio di reggenza dominato dall’Imperatrice Maria e dal protosebasto Alessio Comneno, ed infatti proprio Andronico Angelo venne inviato a bloccare l’avanzata dell’usurpatore Andronico Comneno. Tuttavia la sconfitta subìta a Charax, in Bitinia, rese gli Angeli invisi al protosebasto, provocandone il passaggio dalla parte dell’usurpatore.
L’appoggio ad Andronico II non durò molto, e presto, in seguito ad un fallito tentativo di congiura, Andronico Angelo ed i suoi figli fuggirono in esilio, ed alcuni di essi si posero a capo di ribellioni in Asia Minore. Teodoro Angelo venne giustiziato dopo la presa di Brussa, ed Isacco Angelo, dopo la caduta di Nicea, della cui ribellione era tra i fautori, venne inviato da Andronico II a Costantinopoli, sotto sorveglianza.
Verso la metà del 1185 venne diffusa la voce che si preparava una ennesima congiura ai danni dell’imperatore, e che tra i cospiratori vi fosse Isacco Angelo. In breve vennero inviati alcuni dignitari con l’incarico d’arrestarlo, ma Isacco si difese energicamente, uccidendo personalmente uno degli inviati. Rifugiatosi in Santa Sofia, a furor di popolo il 12 settembre venne proclamato Imperatore ed incoronato dal titubante patriarca, Basilio II Camatero.

L’Impero, tra Normanni e Bulgari 

I primi giorni Isacco li dedicò a consolidare il suo potere: così fece catturare Andronico II, che venne massacrato, ed in seguito i suoi figli, Giovanni, che s’era proclamato imperatore, e Manuele. Entrambi vennero accecati. Anche il patriarca, legato al precedente regime, venne defenestrato.
Tuttavia la situazione interna ed esterna era disastrosa: lo Stato era al collasso, ed i Normanni, che già tenevano Tessalonica e dominavano i mari, erano in marcia verso la Città. Isacco prese vigorosamente le redini del governo e, con l’aiuto di un potente appoggio popolare, che si concretizzò in un importante afflusso di uomini e di mezzi, soprattutto dai temi anatolici, riorganizzò le truppe, e le scagliò contro i Normanni, sotto l’abile guida di Alessio Branas. Gli invasori vennero battuti presso Mosinopoli e presso Anfipoli, quindi Branas nel novembre del 1185 li battè definitivamente a Dimitritza, l’attuale Siderocastro. La disfatta normanna era completa, Tessalonica venne abbandonata ed i superstiti fuggirono. La stessa flotta normanna, che nulla aveva potuto fare, lasciò le Isole dei Principi dove aveva attraccato. Nella primavera del 1186 Isacco riprese anche il controllo di Durazzo e di Corfù.

Ovviamente l’impresa aveva necessitato di più ampie alleanze, e così Isacco s’era assicurato la tranquillità delle frontiere orientali, concludendo un trattato con Kilidj Arslan di Iconio, e chiuse definitivamente le ostilità con Venezia, con trattative che, nel 1187, sfociarono nella emissione di ben tre crisobolle, testimonianza, comunque, dei nuovi rapporti tra la Repubblica e l’Impero: non si trattava ormai più di concessioni imperiali, bensì di trattati tra potenze di pari grado. Nello stesso tempo Isacco normalizzò i rapporti con l’Ungheria, ed in modo proficuo e duraturo, con un trattato che, insieme a questioni territoriali, prevedeva le nozze tra il basileus stesso, rimasto vedovo della prima moglie, Irene Paleologina Comnena, e la figlia di Bela III d’Ungheria, la piccola Margherita, ribattezzata Maria.

Il matrimonio venne celebrato con gran fasto, e le spese ricaddero, tramite una pesante tassazione aggiuntiva, sulle provincie, in particolare su alcune aree bulgare: fu questa, secondo Niceta Coniata, la ragione che spinse alla ribellione quelle genti. Il casus belli sarebbe stata la negata cessione di una pronoia a due fratelli bulgari, Teodoro -in seguito ribattezzato Pietro- e Asen. Infastiditi da tale rifiuto, i due fratelli decisero di porsi a capo di quanti tra Bulgari, Cumani e Valacchi intendevano liberarsi del giogo imperale, e presto crearono una loro enclave attorno a Tarnovo, attaccando i territori romani.
L’Imperatore non si scoraggiò né frappose indugi all’azione: per quanto molto incostante, influenzabile e debole, nonché amante del lusso e dei piaceri, Isacco non era né timoroso né inattivo, né tantomeno un incapace. Mentre si sviluppava la rivolta in Bulgaria, venne inviata, nella primavera del 1186, una flotta di 70 navi verso Cipro, dove sotto Andronico II Isacco Comneno s’era ritagliato un suo impero. La spedizione ebbe esito fallimentare e Giovanni Contostefano si fece distruggere esercito e flotta. Poco dopo Isacco rispose alla ribellione bulgara marciando personalmente contro i rivoltosi, che si ritirarono oltre il Danubio. Non essendo stato tuttavia raggiunto alcun risultato duraturo, tra la fine del 1186 e l’inizio dell’anno successivo Isacco tentò più volte di soggiogare i ribelli, con campagne mai dall’esito risolutivo. Giovanni Ducas conseguì successi; Giovanni Cantacuzeno si fece battere; Alessio Branas, il vincitore dei Normanni, parve giungere alla vittoria finale, quando decise di proclamarsi imperatore e di marciare contro Costantinopoli, che nel 1187 venne posta sotto assedio. In questo frangente Isacco trovò l’appoggio del cesare Corrado, figlio del marchese del Monferrato, che era lì giunto a sposare Teodora, sorella del basileus: Isacco e Corrado affrontarono l’usurpatore fuori dalla Città e lo sconfissero. Lo stesso Corrado uccise Alessio Branas. Subito dopo l’imperatore decise di marciare alla testa delle truppe imperali contro i Bulgari ed i Valacchi: Corrado non era con lui, avendo deciso di recarsi in Terra santa, ove cinque anni dopo avrebbe trovato la morte. Comunque Isacco ottenne rilevanti successi, ma dovette accontentarsi di stipulare una tregua con Pietro ed Asen, richiedendo quale ostaggio il loro fratello Kalojan, poiché la rivolta di Teodoro Mancafa, nel 1188, lo costrinse ad accorrere in Asia Minore, a Filadelfia.
Mancafa l’anno dopo venne espulso dalla città assediata e costretto a rifugiarsi presso i Selgiuchidi, che lo consegneranno a Bisanzio, tuttavia questa rivolta ebbe conseguenze fatali. Costrinse Isacco ad abbandonare la lotta contro i Bulgari in un momento cruciale, ed essi ne approfittarono per rinforzarsi e costituirsi in Stato, con Asen quale zar; ed allontanò Isacco dalla capitale proprio quando giungeva il Barbarossa.

L’Impero, tra Crociati e Bulgari

La caduta del Santo sepolcro nelle mani del Saladino, tra l’emozione della Cristianità, aveva portato alla Terza Crociata. Uno dei suoi duci fu il grande nemico di Manuele Comneno, Federico Barbarossa, che, alla testa di un possente esercito, nell’estate del 1189 fu in territorio romeo. L’assenza del basileus dalla capitale, i ritardi nelle comunicazioni e reciproche incomprensioni provocarono gravi tensioni tra i Tedeschi ed i Romei, aggravate dalle fortissime diffidenze reciproche. Isacco fece arrestare degli ambasciatori crociati, un fatto inaudito, e rinnovò il trattato con il Saladino, facendo inorridire i Crociati. Che del resto, dal canto loro avevano stipulato un trattato con il sultano di Iconio… Fatto sta che le truppe romee cercarono in ogni modo, invano, di contrastare l’avanzata crociata, facendosi anche sconfiggere alle porte di Filippopoli, di cui era duca lo stesso Niceta Coniata, e che presto venne occupata. La decisione del Barbarossa -il cui pensiero, ormai, era quello di occupare la stessa Costantinopoli- di avanzare su Adrianopoli costrinse Isacco a scendere a patti e, nel febbraio del 1190, venne raggiunta un’intesa con i Crociati, che a marzo poterono passare in Asia Minore e procedere senza eccessivi problemi da parte romea verso la loro meta, restata un sogno, poiché a giugno Federico Barbarossa sarebbe annegato nel fiume Göksu.
Le spedizioni di Riccardo Cuor di Leone e di Filippo Augusto non riguardarono Bisanzio, se non per l’occupazione da parte di Riccardo di Cipro, nel giugno del 1191, e la conseguente prigionia di Isacco Comneno. Cipro non sarebbe ritornata mai più ai Romei.

L’uscita di scena del Barbarossa per Isacco fu la fine di un incubo, ma non la fine di una serie ininterrotta di sventure, per questo sovrano davvero sfortunato. L’impero pareva relativamente solido all’apparenza, in realtà la catastrofe era alle porte, anche per responsabilità di Isacco, dei suoi sperperi, della corruzione imperante -Niceta Coniata sostiene che l’imperatore “metteva in vendita le cariche come i mercanti la frutta”-, per la crisi economica che costrinse il governo ad una decisa svalutazione, per la tassazione. Ciononostante Isacco si dimostrava un sovrano religioso e generoso, concedendo donativi ai poveri, costruendo e restaurando chiese, monasteri, ospizi ed ospedali. Tuttavia il suo problema era la debolezza nel governo, e la cessione di ampie prerogative imperiali a consiglieri dissennati si rivelò esiziale. Del resto, dopo la morte di Manuele, con Andronico, l’Impero aveva intrapreso una via che in brevissimo tempo l’aveva riportato indietro d’oltre un secolo, con un radicale rinnovo dell’aristocrazia tramite l’immissione d’elementi provinciali e civili, con il ritorno ai vertici del potere di stranieri ed eunuchi, con il conseguente indebolimento dell’intera compagine imperiale.  Così questi anni videro una serie ininterrotta di ribellioni ed usurpazioni, tra le quali si segnalarono quelle dei Pseudoalessi: il più pericoloso di costoro, personaggi che sostenevano d’essere il vero Alessio II, figlio e successore dell’ormai già mitizzato ed indimenticato Manuele Comneno, con l’appoggio di Iconio tenne in scacco per anni le truppe imperiali fino a quando non venne ucciso a tradimento, nel 1192.

Intanto i Bulgari ed i Valacchi dilagavano. Isacco, passato il Barbarossa, nel 1191 decise di farla finita e si lanciò contro il nemico, ma la sua armata, cacciatasi in una stretta gola nei pressi di Beroe, l’odierna Stara Zagora, venne annientata e lui stesso si salvò a stento. Caddero Anchialo, Varna, Sofia, ed i Serbi di Stefano Nemanja insorsero contro Bisanzio. L’imperatore reagì velocemente e rioccupò e ripristinò le fortezze cadute, mentre concertava l’azione con l’alleata Ungheria. Sulla Morava Stefano Nemanja venne battuto, ed in seguito i Bulgari vennero contenuti. Tuttavia, nel 1194, l’esercito romano venne nuovamente annientato ad Arcadiopoli, l’odierna Lüleburgaz, nella Turchia europea, grazie al tradimento d’uno dei comandanti. L’Imperatore decise di mettersi nuovamente alla testa delle sue truppe e, dopo un intenso arruolamento, si preparò a marciare, nel marzo del 1195. La campagna non ebbe neppure inizio: a Cipsello, sulla Maritza, il sebastokrator Alessio, fratello di Isacco, si proclamò Imperatore e l’8 aprile fece arrestare il congiunto. Ad Isacco vennero cavati gli occhi, e gli venne imposto di dimorare nel monastero di Bera, in Tracia. Fu quindi portato a Costantinopoli, dove trascorse la prigionia prima alle Blacherne, in una torre che è identificata con quella che oggi è chiamata torre di Isacco Angelo, e poi in una dimora in località Due colonne, nell’attuale Besiktas, in compagnia del figlio Alessio.

L’agonia del secondo impero

Isacco avrebbe dovuto trascorrere la sua vita in cattività, ma il destino aveva disposto diversamente. Il figlio riuscì, infatti, a fuggire e, imbarcato su di una nave pisana, sbarcò ad Ancona nel settembre del 1201, colmo di desiderio di vendetta. Presto fu in Alsazia, presso Filippo di Svevia, che era suo cognato, e qui incontrò Bonifacio di Monferrato, appena giunto alla guida della nuova Crociata che in quei giorni andava preparandosi. Per il giovane Alessio si apriva la strada alla vendetta ed al trono. Papa Innocenzo III non gli offrì aiuto, ma molti Crociati sì, allettati dalle sue offerte, e nell’aprile del 1203, a Zara, l’accordo tra Alessio Angelo ed i cavalieri era pronto.

Gli eventi che seguirono sono noti. Durante le ore convulse del primo assedio alla Regina delle Città, nella notte tra il 17 ed il 18 luglio del 1203, Alessio III fuggì e dalla prigionia in cui languiva venne tratto Isacco II, che, nonostante la sua cecità, venne nuovamente posto sul trono: si toglieva così ai cavalieri franchi ogni pretesto d’intervento per motivi di legittimità di potere. Ciononostante ad Isacco venne imposta la coreggenza del figlio, affinché costui onorasse le promesse fatte, ed il primo di agosto Alessio IV fu incoronato coimperatore. Ovviamente nessuno dei due Imperatori potè pagare interamente il debito ai cavalieri, nonostante la pressione fiscale, gli espropri di patrimoni, le razzie, che non ebbero altro esito che l’esacerbare ulteriormente l’animo dei sudditi romei. Si creò inoltre una forte tensione tra i due imperatori, ed Alessio, appoggiandosi ad alcuni settori della corte, riuscì ad isolare dal potere il padre. Già malato, Isacco crollò mentalmente e si rifugiò in un mondo tutto suo, occupandosi solo più di pratiche magiche e di astrologia, sperando in tal modo di recuperare il vigore perduto.
Odiato dal popolo, da gran parte dell’aristocrazia, inviso a gran parte della corte, il 28 di gennaio del 1204 Alessio IV venne arrestato ed imprigionato dal protovestiario Alessio Ducas Murzuflo, che in seguito l’avrebbe fatto strangolare. Isacco II, nuovamente deposto, ritornò in prigione, ma pochi giorni dopo morì. Di morte naturale, pare…

autore: SERGIO BERRUTI

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Di Nicola

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