COSTANTE II: un imperatore fra Oriente e Occidente

Costante II fu un grande imperatore non sufficientemente apprezzato dai contemporanei e dai posteri. Le fonti del VII secolo sono molto scarse, ma se analizziamo i fatti questi dimostrano che tutta l’azione di governo di Costante ebbero una sua grande logica intrinseca e che la sua azione, insieme a quella di suo nonno Eraclio, salvò l’impero dalla distruzione. Dopo la morte di Eraclio (641) il trono fu diviso fra il figlio maggiore Costantino III, figlio della prima moglie Eudossia, ed Eracleona (diminutivo di Eraclio), il figlio avuto dalla seconda moglie (e nipote) Martina. Costantino III governò solo tre mesi prima di morire di tubercolosi lasciando  sul trono il fratellastro con la madre come reggente. Il figlio di Costantino, di nome  Costantino Eraclio, ma da tutti  chiamato con  il diminutivo di Costante, fu escluso dal trono.

Il comandante dell’esercito orientale (magister militum per Orientem) Valentino appoggiò la sua causa e costrinse Martina ad accettare la nomina di Costante a co-imperatore.  Dopo 6 mesi condusse l’esercito nella capitale e depose Eracleona e la madre pensando di diventare lui reggente in nome di Costante. Ma il popolo di Costantinopoli era troppo fedele alla dinastia di Eraclio, il salvatore dell’ impero. Valentino perse la vita durante una rivolta generalizzata della città. In questo modo Costante divenne unico e indiscusso imperatore all’età di 14 anni.  Si rivelò subito come una personalità precoce e focosa con una filosofia precisa sulla gestione dell’Impero. La sua idea era un vasto piano di stabilizzazione in tutti i campi che potesse dare la possibilità di sopravvivenza all’Impero ed una eventuale riconquista dei territori persi. La politica di Martina ed Eracleona era stata completamente rinunciataria verso l’invasione Araba.  L’8 Novembre 641 era stato stipulato un trattato per cui i Bizantini si impegnavano ad abbandonare Alessandria entro 11 mesi portandosi via armi ed equipaggiamento. Nel settembre 642 in accordo con il patto stipulato Alessandria aprì le porte agli Arabi ed il controllo imperiale sull’Egitto ebbe termine. Ma l’Egitto era uno dei bastioni dell’impero, al quale forniva una grande quantità di grano e denaro. All’epoca contava dai 6 ai 7 milioni di abitanti e vantava una serie di città fortificate. Costante non poteva rinunciare ad una provincia così importante. Nel 645 una grande flotta di 300 navi partì da Costantinopoli per tentare la riconquista del paese. L’esercito era comandato dal comes sacri stabuli Manuele (molto probabilmente un eunuco). La flotta riuscì ad arrivare indisturbata (Bisanzio aveva ancora il controllo totale del mare) e non avvistata di fronte al porto di Alessandria. Le truppe furono fatte sbarcare e i mille uomini della guarnigione Araba furono tutti trucidati. La popolazione accolse festante i soldati imperiali. Conquistata facilmente Alessandria Manuele si spinse a sud recuperando tutto il Delta.

Il Califfo richiamò il conquistatore dell’Egitto, Amr ibn al-Aas, che aveva imprudentemente destituito, e gli affidò un esercito di 15.000 uomini che affrontò di nuovo presso Nikiu (Delta occidentale) le forze imperiali. Gli Arabi vinsero per l’ennesima volta, però le forze bizantine fecero in tempo a rinchiudersi in Alessandria. Amr si accampò sul lato est, l’unico sgombro da laghi e canali. E cominciò a controllare da lontano le mura verso le quali era chiaramente impotente. Con il controllo del mare i romani potevano resistere indefinitivamente, ma purtroppo si inserì il tradimento di parte  della comunità copta monofisita, del resto vittima della  persecuzione religiosa   da parte imperiale. Fu aperta una porta e gli Arabi  irruppero in Alessandria massacrandone gli abitanti e abbandonandosi a saccheggi e incendi. I Romani comunque riuscirono a salvare l’esercito, la maggior parte del quale (sicuramente soldati Presentali e dell’esercito di Tracia) si mise in salvo sulle navi. Manuele perse la vita nella difesa. La campagna era durata circa 9 mesi. Amr fece abbattere le mura di Alessandria sul lato est per evitare che, in avvenire, la città potesse in futuro chiudere di nuovo le porte agli Arabi. Il fallimento della campagna non va semplicemente ricercato nel tradimento dei monofisiti ma purtroppo nella  permanente superiorità sul campo degli eserciti Arabi su quelli imperiali. Il governatore arabo della Siria, Moawia, futuro califfo, intuì che, nonostante le sconfitte, i bizantini avrebbero sempre avuto la possibilità di riconquistare l’Oriente finche mantenevano il controllo del mare. Che la flotta imperale fosse arrivata ad Alessandria senza che nessuno se ne fosse accorto impressiono molto gli arabi. Moawia si impegnò subito per approntare una flotta Araba. La sconfitta in Egitto si associò alla rivolta dell’Esarca di Africa Gregorio (646), che si rifiutò di pagare le decime alla capitale. La morte di Gregorio e le difficoltà logistiche degli Arabi permisero a Costante di recuperare la maggior parte dell’Africa settentrionale all’impero senza colpo ferire. Nel 648 inviò il nuovo Esarca a Cartagine. Ma i problemi più gravi erano sul mare. La flotta messa a punto da Moawia in Siria  e da Abd ibn Sa’d in Egitto era pronta. Si presentava molto efficiente: opportunamente i marinai  erano siriani o egiziani e i combattenti arabi. Nel 649 la flotta araba veleggiò su Cipro e costrinse il governatore bizantino ad accettare l’accordo sul condominio dell’isola. Il predominio romano sul mare era in pericolo. Con l’Africa ancora in suo possesso, Costante ritentò la riconquista dell’Egitto. Nel 652 i Bizantini misero in mare una grande flotta e si diressero di nuovo su Alessandria. Ma questa volta gli Arabi erano ad attenderli con la flotta di Egitto e Siria riunite.

Verso sera il vento cadde ed entrambe le flotte trascorsero la notte all’ancora. Il mattino seguente si svolse una battaglia furibonda.Le navi si uncinarono a vicenda e si combatté  all’arrembaggio. Infine, però, i Bizantini ebbero la peggio ed impossibilitati a sbarcare ripresero il mare per Costantinopoli. Erano definitivamente passati i tempi in cui la flotta romana  poteva scorrazzare indisturbata per il Mediterraneo. Senza il dominio del mare la riconquista di Siria e Egitto era impossibile. Nel 653 Moawia invase Cipro una seconda volta e vi pose una guarnigione araba a presidio. Nel 654 occupò Rodi: la minaccia si faceva pressante. La gravità dell’invasione araba esigeva un’azione energica per giungere alla pacificazione religiosa interna. Nel 648 Costante emanò un editto imperiale, il “Tipo”, che ordinava la cessazione delle polemiche sulla volontà e l’energia del Cristo, minacciando le pene più gravi. Il papa Martino I rifiutò l’editto e convocò un Concilio in Laterano  che condannava i dettami imperiali. Sdegnato perché il papa rifiutava la sua politica religiosa di unificazione, decise di imporre la sua volontà e mandò ordine all’Esarca di Ravenna di arrestarlo e portarlo prigioniero a Costantinopoli. L’Esarca Olimpio, facendosi interprete della volontà dell’aristocrazia e delle truppe italiane, rifiutò ed anzi si recò in Sicilia per organizzare una spedizione navale contro la capitale e prendere il potere. La morte di Olimpio pose fine alla ribellione. Costante inviò un nuovo Esarca che esegui gli ordini e riuscì a prendere prigioniero il papa e portarlo a Costantinopoli. Martino I fu condannato all’esilio in Crimea. Ma la resistenza agli ordini imperiali era sempre più accesa in Italia. E questa fu sicuramente una delle considerazioni che spinsero Costante alla sua campagna Occidentale.

Nel frattempo si era riusciti ad riorganizzare la flotta imperiale (Ploimon). Nel 655 a Phoenix sulle coste della Licia (vicino alla odierna Finikie  in un luogo che i cronisti arabi chiamano le “ Le Colonne”  per la presenza di resti  di templi  vicino al mare) si giocò la partita decisiva. Sapendo della gravità dell’ora l’imperatore era al comando dell’intera flotta. La flotta araba era al comando dell’emiro egiziano Abd ibn Sa’d. Fu uno scontro epico: lo stesso Costante rischiò di essere ucciso e fu salvato da un marinaio che prese il suo posto e le sue vesti e che  per questo perse la vita. L’eroico marinaio rimase per secoli, con ballate e storie, nell’epos popolare bizantino. Gli Arabi adottarono, come di fronte ad Alessandria, la tattica dell’arrembaggio con uncini delle navi bizantine trasformando lo scontro da marittimo in terrestre. I romani non erano abituati a questa tattica molto aggressiva. La battaglia fu persa e la flotta imperiale dovette ritirarsi. I Romani non avevano più la supremazia marittima. Tale perdita fu il colpo più grave subito dall’impero da quando gli Arabi erano comparsi sulla scena. Soltanto grazie alla talassocrazia Eraclio era riuscito a riconquistare le provincie orientali invase dai Persiani mentre i Persiani stessi e gli Avari assediavano Costantinopoli. Fino a Phoenix era stato possibile pensare alla riconquista di Siria, Palestina e Egitto. Con l’avvento della supremazia navale araba la perdita delle provincie diventava definitiva.

Costante volle risparmiare la flotta e non tentò più di attaccare gli Arabi per mare, anche perché chiaramente Moawia puntava ad un attacco per mare alla stessa Costantinopoli. Aveva però a disposizione l’esercito che Eraclio aveva salvato dalla distruzione. Poi nel 656 scoppiò la guerra fra Moawia, governatore della Siria e capo della grande famiglia degli Omaiadi,  ed Alì genero di Maometto. Poiché gli Arabi impegnavano tutte le loro energie a combattersi l’un l’altro Costante si trovò in una situazione molto favorevole. In primo luogo impegnò l’esercito in Armenia, fu recuperato il territorio costiero  sul Mar Nero fra Sinope e il paese dei Lazi (Piccola Armenia). Fu anche ristabilito il protettorato sull’intera regione. Costante poi si rivolse ai Balcani ove erano rimaste all’impero solo delle enclaves costiere. Fra queste la più importante era quella di Tessalonica che era però minacciata dagli Slavi che premevano dai Rodopi e dalla Macedonia. Nel 658 l’imperatore liberò Tessalonica dall’assedio e ristabilì i collegamenti via terra fra la città e la capitale. Nel 659 Moawia, troppo impegnato nella guerra civile, chiese di stipulare una tregua formale con l’impero impegnandosi anche a pagare un tributo. Era un grande successo per Costante. La tregua durò 3 anni finche gli Omaiadi non vinsero la guerra civile. Furono 3 anni preziosi che permisero ai Bizantini di riorganizzare l’esercito: senza questa pausa forse  l’impero  non sarebbe sopravvissuto ai furiosi assalti Arabi nei decenni successivi.

La nascita dei Temi

Gli anni di tregua dal 659 al 661 furono il periodo in cui venne perfezionata  la struttura militare dei Temi (“themata” in greco). Fu questa nuova organizzazione dell’esercito che permise a Bisanzio di evitare la conquista Araba. La parola “tema” significa in senso generale dislocazione, in questo caso di truppe in certi territori. Costantino Porfirogenito afferma che tema significa ”l’atto di insediare qualcosa in qualche luogo”. Le truppe dei temi non erano altro che i vecchi eserciti campali comitatensi che ora erano dislocati in precisi territori in Anatolia con assegnazione di terre ai soldati. Gli eserciti di Armenia, di Oriente e di Tracia non erano più nei loro vecchi territori. Eraclio li aveva tutti ritirati in Anatolia di fronte all’ invasione Araba e Slava. Così  ora divennero i temi Armeniaco, Anatolico e Tracesico conservando in forma ellenizzata i loro vecchi nomi latini. Erano collocati rispettivamente nella Anatolia orientale, centrale e occidentale. Siccome il nome delle truppe si identifica con il territorio quando si parla del territorio tracese, non si parlerà di Tracia ma di Anatolia occidentale (le vecchie Ionia, Lidia e Caria). Gli eserciti Presentali (cioè schierati vicino all’imperatore) furono trasformati nel Tema Opsiciano (dal latino “Obsequium”, che indicava appunto il “seguito” dell’imperatore) ed il territorio loro assegnato fu quello che li vedeva da sempre acquartierati, la Tracia orientale e l’Anatolia nord-occidentale (Bitinia e Frigia).Tutti i comandanti dei temi erano chiamati strateghi, escluso quello del Tema Opsiciano che era denominato conte, sottolineando anche con il nome diverso l’importanza   di questo esercito  dislocato intorno alla capitale. Fu creato anche il tema Carabisiano (da “karabis”, nave in greco, e quindi marinai) da una trasformazione, secondo Treadgold , in truppe navali dell’esercito dell’Illirico. I Carabisiani furono dislocati in Licia, Panfilia e Cilicia oltre che nelle isole dell’Egeo e nelle enclaves costiere rimaste di Grecia e Macedonia. La capitale era Samos (nell’isola omonima). In totale le forze all’epoca erano calcolabili intorno ad 80.000 uomini  rispetto ai 150.000 presenti prima dell’invasione Araba (erano state conservate circa il 60% delle forze). Aver salvato più della metà dell’esercito è un grosso merito di Eraclio. Ma queste truppe erano comunque tante per le ridotte capacità finanziarie dell’impero. Già Eraclio aveva ridotto la paga della metà nel periodo dell’emergenza durante l’invasione persiana. Ora il sistema dei temi era pensato principalmente come sistema per pagare i soldati con delle terre piuttosto che con denaro, di cui l’impero era disperatamente a corto. Le assegnazioni di terra provenivano da precedenti proprietà imperiali.Questa riforma tagliò le spese militari di circa 2/3 attraverso il dimezzamento dei libri paga e il trasferimento dallo stato agli stessi soldati delle spese per armi, uniformi, foraggio e cavalli. Questo fece sì che i soldati fossero riforniti in modo migliore che in passato. Inoltre il sistema dell’insediamento diede ai soldati un motivo di più per difendere i punti assegnati, dato che vi si trovavano anche le loro proprietà. Anche se durante le incursioni nemiche i soldati potevano fuggire, avevano buone ragioni per ritornavi dopo che gli invasori se ne erano andati. Per tutto il periodo in cui i temi furono  presenti ai nemici riuscì  difficile fare conquiste durature a spese dell’Impero.

La spedizione di Costante II in Occidente
Nel 660 Costante organizzò una grande spedizione militare in Occidente. Questa era il naturale compimento del rafforzamento dell’impero perseguito con tanta tenacia fin dai primi anni di regno. In effetti gli Esarcati di Italia e Africa erano in grave pericolo. Vi erano delle forti spinte autonomiste che le sedizioni di Olimpio e Gregorio avevano messo in evidenza ed erano minacciati dai Longobardi e dagli Arabi.  Nella visione “ecumenica” imperiale che ancora perdurava intatta non erano certo provincie secondarie da abbandonare. Inoltre la dinastia di Eraclio, anche se era Armena di provenienza, aveva origini occidentali (da Cartagine), ed il richiamo dell’occidente era forte anche per Costante come lo era stato per suo nonno Eraclio, che nel momento di più forte crisi durante l’invasione persiana aveva pensato di trasferire a Cartagine la capitale dell’Impero. Inoltre gli appariva evidente l’importanza strategica determinante dell’Africa, la cui conquista da parte dei Vandali aveva provocato la caduta dell’impero in Occidente. Dall’Africa dipendeva la sicurezza della Sicilia e dell’Italia ed il libero passaggio nel bacino occidentale del Mediterraneo. L’idea di Costante era quella di impedire la rottura dell’unità mediterranea sotto Roma. Costante lasciò suo figlio maggiore Costantino come co-imperatore a Costantinopoli e con truppe dei temi Opsiciano e Anatolico e con la flotta dei Carabisiani partì per l’Italia. Dopo un primo soggiorno a Tessalonica e uno più breve ad Atene l’imperatore approdò a Taranto, che fu scelta come base di appoggio per l’operazione. La spedizione era stata preparata accuratamente ed era finalizzata a riprendere il controllo definitivo dell’Africa e riconquistare almeno l’Italia meridionale longobarda provvedendo poi alla distribuzione delle terre ai soldati come era stato fatto in Oriente. Fu intrapresa la solita strategia di alleanza con i Franchi che dovevano attaccare i Longobardi alle spalle, e l’esarca di Ravenna Gregorio II doveva impedire il passaggio da nord a sud degli Appennini delle forze longobarde. Per prima cosa, però, la flotta veleggiò verso Cartagine ove riprese il controllo definitivo dell’Esarcato. L’Africa era in agitazione dal tempo dell’esarca Gregorio (646) ma, isolata geograficamente e minacciata dagli Arabi che premevano da est, era stanca delle sua precaria autonomia. La provincia della Tripolitania era persa e la Bizacena seriamente minacciata. Rimanevano all’impero la Zeugitana con Cartagine, la Numidia e la Mauritania nell’estremo occidente. La promessa di distribuzione di terre ai soldati funzionò bene e senza colpo ferire la fedeltà dell’esarcato fu assicurata. Nel 663, con il ritorno della flotta dall’Africa, l’esercito orientale era pronto per tentare la riconquista dell’Italia meridionale. Da Taranto l’imperatore risalì la Puglia ed investì la fortezza di Lucera che fu conquistata e rasa al suolo. Romualdo, duca di Benevento, non aveva forze sufficienti per contrastare i Bizantini e si rinchiuse nella capitale. Costante pose l’assedio a Benevento. Grimoaldo, padre di Romualdo e re dei Longobardi. si accinse a muovere in aiuto del figlio ma a questo punto con notevole tempismo intervennero i Franchi di Austrasia  che invasero l’Italia dalla Provenza. Grimoaldo li affrontò vicino ad Asti, in una località che ancora oggi si chiama Refrancore (Rivus Francorum), riportando una notevole vittoria. Poi, dopo aver affidato il governo del nord Italia al duca del Friuli Lupo, mosse rapidamente verso sud con una velocità non prevista da Costante. L’Esarca d’Italia, muovendo da Ravenna, tentò di impedire il passaggio dell’esercito dei Longobardi a sud degli Appennini. La base fu posta a Forlimpopoli. I Longobardi furono attaccati mentre erano in marcia ma riuscirono a passare, ed attraverso Galeata e il passo della Calla scesero in Casentino e da qui si diressero verso sud. Grimoaldo stava sfruttando egregiamente la sua posizione centrale e stava operando con successo per linee interne. L’assedio di Benevento non andava bene per Costante ed i Longobardi avevano anche effettuato delle sortite con successo. L’esercito romano rischiava di essere preso alle spalle: Costante preferì ritirarsi verso Napoli. Da Napoli tentò un attacco contro l’esercito Longobardo riunito per ottenere una vittoria campale, ma il suo generale l’armeno Saburro (molto probabilmente lo stratego del tema degli Anatolici) fu sconfitto pesantemente a Forino nei pressi di Avellino. Costante si ritirò definitivamente a Napoli e rinunciò alla conquista del Ducato di Benevento. Ma non per questo però rinunciava alla sua politica italiana ed il  5 Luglio 663 entrò a Roma, accolto con tutti gli onori da papa Vitaliano. Era il primo imperatore romano che metteva piede nella vecchia capitale dopo la caduta dell’impero di Occidente. Vi si fermò per 12 giorni. Il sovrano visitò le principali basiliche distribuendo benefici ed assistendo a numerose cerimonie religiose. Ma la sua finalità era anche quelle di raccogliere fondi per la riorganizzazione dei domini occidentali. Non si sa quale effetto fecero su di lui gli antichi monumenti della gloria passata di Roma. Il comportamento fu quello che tutti avevano nell’alto medioevo, usare gli antichi monumenti come riserva di materiale: rimosse le tegole di bronzo dorato che rivestivano il tetto del Pantheon (che dai tempi di Foca era diventato una chiesa dedicata alla Vergine)  e le inviò per nave in Sicilia dove pensava di porre la capitale di un rinnovato impero d’Occidente.

Il 17 Luglio 663 l’imperatore partì da Roma in nave e, facendo scalo a Napoli e Reggio, raggiunse Siracusa. La scelta della Sicilia e di Siracusa era legata all’importanza strategica dell’isola, che permetteva di intervenire sia in Italia che in Africa ed inoltre di controllare i movimenti navali degli Arabi la cui potenza si era ricostruita dopo la fine della guerra civile  e che dal 661 avevano ripreso a minacciare l’Africa e l’Anatolia. Moawia aveva ripreso il suo piano di conquista della capitale bizantina. Prima della guerra civile aveva già occupato Rodi; ora si spingeva ad occupare Smirne e basi di appoggio in Bitinia. Troppo impegnato in Occidente Costante, oltre ad allertare suo figlio Costantino a Costantinopoli, mandò una ambasceria per proporre una tregua. Non si sa se fosse accettata. Nel frattempo il re longobardo Grimoaldo tornava in nord Italia ponendo fine all’usurpazione del duca del Friuli Lupo. La città di Forlimpopoli, che si era opposta ai Longobardi durante la loro discesa verso meridione, non adeguatamente difesa dalle forze dell’esarcato, fu rasa al suolo  e tutti i suoi abitanti uccisi. Costante in Sicilia cominciò ad distribuire terre ai soldati come aveva già fatto in Oriente: la riforma toccò l’Italia, l’Africa, la Sicilia e la Sardegna. Furono creati depositi militari e le risorse furono trovate con un incremento del fiscalismo che  le fonti occidentali e della chiesa romana lamentano. Nel 667 le riforme erano forse già completate ma cominciarono i problemi con l’esercito giunto dall’Oriente con l’imperatore. Ormai il progetto era chiaro: Costante mirava alla rinascita della carica di imperatore di Occidente e questo voleva dire  che vi erano poche possibilità per un ritorno delle truppe in Oriente. Non solo: sempre nel 667 cominciò ad allestire una spedizione in Africa per recuperare la Bizacena ormai caduta in mano agli Arabi. Si cominciò ad armare un esercito locale a Cartagine composto prevalentemente da truppe Berbere, che doveva aspettare l’arrivo delle truppe tematiche dalla Sicilia prima di muovere verso il nemico.

Nel 668 l’imperatore associò al trono anche i figli Eraclio e Tiberio (Costantino lo aveva già elevato al trono prima di partire per l’Italia). Poi li convocò tutti in Italia insieme alla moglie Fausta, molto probabilmente per sanzionare la spartizione dell’Impero fra i co-imperatori. Non fecero in tempo a raggiungerlo: Costante fu assassinato mentre faceva il bagno dal conte degli Opsiciani, l’armeno Mesezio, il  15 Luglio 667. Aveva solo 38 anni. Sicuramente Mesezio era a capo di una sedizione militare, tanto è vero che fu proclamato subito dopo imperatore dalle truppe di Siracusa. La rivolta di Mesezio fu la prima di una lunga serie che gli strateghi dei Temi provocarono. Era l’altra faccia della medaglia della riforma dell’esercito: i comandanti dei temi  avevano una  pericolosa quantità di potere. Una delle preoccupazioni degli imperatori in futuro sarà quella di limitare questo potere senza ledere l’efficienza dell’esercito tematico da cui dipendeva la sopravvivenza dell’impero. Comunque la rivolta fu prontamente sedata dalle truppe dell’Esarcato d’Italia che rimasero fedeli alla dinastia di Eraclio. Contro Mesezio l’Esarca Gregorio schierò non solo truppe italiane ma anche contingenti provenienti dall’Africa e dalla Sardegna. Nel frattempo giungeva a tempo di record una flotta da Costantinopoli al comando dello stesso Costantino IV. Le truppe tematiche siciliane  abbandonarono Mesezio  e l’usurpatore fu ucciso. Ma urgevano gravi problemi in oriente, l’attacco Arabo a Costantinopoli si avvicinava, Costantino riportò in fretta   in Anatolia la maggior parte delle truppe. L’idea di una riscossa in Africa fu abbandonata e nel 669 gli Arabi saccheggiarono Siracusa, non più adeguatamente presidiata, portando via le famose tegole di bronzo dorato del Pantheon asportate da Costante, le quali furono inviate ad Alessandria e fuse.
La spedizione italiana di Costante finì con un fallimento solo parziale. L’intervento diretto dell’imperatore rinforzò i domini occidentali e permise a Bisanzio di mantenere, con alterne vicende, la sua presenza in Italia meridionale per altri 400 anni. Il giudizio su tutta l’azione di Costante non può che essere positivo. Le sue iniziative, cui si era dedicato quando era poco più di un bambino, richiesero talento  sia nel pianificarle che nel realizzarle e furono di vitale importanza  per il futuro dell’impero. Oltre alla creazione dei temi e alla razionalizzazione dell’apparato burocratico, Costante gestì accuratamente le finanze, fermò la spinta di indipendenza dell’Italia e dell’Africa e costruì numerose e necessarie fortificazioni in Anatolia. In questo modo preparò Bisanzio a superare i secoli bui e a sopravvivere alla lotta mortale con gli Arabi.

autore: GIANCARLO LANDINI

Bibliografia:

–   J.B. Glubb, Le Grandi Conquiste Arabe, Martelli 1963

  1. F. Cognasso, Bisanzio: storia di una civiltà, Dall’Oglio 1976
  2. G. Osgtrogorsky, Storia dell’Impero Bizantino, Einaudi
  3. W. Treadgold, Storia di Bisanzio, Il Mulino 2005
  4. G. Ravegnani, I Bizantini in Italia, Il Mulino 2004
  5.  J. Haldon, The Bizantine Wars, Tempus  2000
  6.  A. Simonini, Autocefalia ed Esarcato in Italia, Longo  1969
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Di Nicola

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