Bizansist_touchup

Dopo il 1204 ed il saccheggio della città da parte dei Crociati, Bisanzio appare ormai prossima alla fine. Diviso ed impoverito l’impero riuscirà ancora a durare per altri 250 anni. Dei secoli di fioritura artistica e religiosa nel quale, davanti all’inarrestabile avanzata dei Turchi, si organizza anche la …. sopravvivenza.

La caduta dell’Impero Romano del 476 ha lungamente affascinato gli storici. Ma per i Bizantini l’Impero Romano ha conosciuto la sua fine solo nel 1204 ed i quesiti posti da Edward Gibbon (Putney 1737 – Londra 1794), autore nel 1776 della famosa “Storia del declino e della caduta dell’Impero Romano”, avrebbero sbigottito i Rum del 10° e 11° secolo, nome che gli stranieri davano ai Bizantini, proprio in ragione del loro legame con la romanità.
Gli stessi Bizantini erano in effetti fieri di questo passato romano di cui essi si sentivano i soli legittimi eredi. Costantinopoli, nuova Roma, era stata creata sul modello della vecchia Roma, ma, rispetto a questa, essa disponeva in più fra le sue mura, oltre ad un imperatore, anche di un patriarca che pregava per la salvezza dell’Impero. Nel 12° secolo la città attirava mercanti, pellegrini e viaggiatori, aveva accumulato nel corso della sua lunga storia ingenti tesori, ricordati nei rapporti delle ambasciate e costituiva la meta degli itinerari dei pellegrini del tempo.
Questa reputazione di ricchezza sarà anche quella che provocherà la sua perdita nel 1204, in occasione della deviazione della quarta crociata: una parte della città viene incendiata e le sue ricchezze saccheggiate. Molte di queste andranno ad abbellire le città dell’Occidente ed in prima istanza Venezia. Questo tradimento occidentale avrà l’effetto di un’onda di choc, le cui pulsioni si fanno sentire ancora oggi nella diffidenza esistente fra Oriente ed Occidente.
Di fatto, dopo il 1204, l’Impero Bizantino si ritrova spezzettato in diverse piccole entità, la cui debolezza di fronte ai Turchi li porterà alla loro progressiva eliminazione. Fra questi, l’Impero di Nicea, che rivendicava l’eredità bizantina, costituiva una struttura funzionale, ma non possedeva né la dimensione né la ricchezza dell’antico impero, anche se, nel 1261, Michele 8°  Paleologo riesce a riconquistare Costantinopoli. L’Impero Bizantino così rifondato non ritrova però né il suo territorio, né la sua potenza e molto denaro viene investito nella ricostruzione e nella difesa della capitale.

John_VI_KantakouzenosUn secolo più tardi, alla metà del 14° secolo, nel momento in cui l’energica azione dell’Imperatore Andronico, aveva ristrutturato un stato bizantino incentrato sul sud dei Balcani, la guerra civile fra Giovanni 6° Cantacuzeno e Giovanni 5° Paleologo, alla quale si aggiungono la minaccia turca e la terribile epidemia di peste nera, mette fine alle ultime speranze di un pieno recupero.
Nonostante tutto, l’Impero sopravvive ancora per un secolo, non certo grazie alla sua forza politica, ma grazie al freno posto all’invasore turco, che è anch’egli costretto, nell’occasione, a fare fronte agli attacchi dei nomadi di Tamerlano, venuti dall’Asia Centrale. Con la progressiva diminuzione del suo territorio, l’Impero viene a poco a poco ad identificarsi con la sua immensa capitale, ridotta a 50 – 70 mila abitanti.
Il declino della potenza militare dell’impero appare inarrestabile. Nel 1453 l’imperatore di Costantinopoli non dispone più di un esercito degno di questo nome per difendere l’ultimo ridotto difensivo e conta sull’aiuto di forze straniere (Genovesi e Veneziani) per garantire la sua difesa, oltre all’ancora possente muraglia, costruita circa mille anni prima. Tutto questo non servirà a contenere le truppe ottomane che, oltre alla sproporzione del numero, disponevano anche di un imponente parco di artiglierie ed il 29 maggio 1453 le truppe di Maometto 2° il Magnifico conquistano la città.
Il Basileus, erede del trono di Costantino il Grande, non era ormai che un modesto sovrano con risorse limitate, che chiedeva in prestito denaro o navi alle città italiane, ogni volta che doveva lasciare la sua capitale. Pero Tafur, viaggiatore spagnolo, presente a Costantinopoli nel 1437, sottolinea che l’antico cerimoniale imperiale è nonostante tutto ancora in auge, ma che l’imperatore ha piuttosto l’apparenza di un vescovo senza sede. Lo stesso autore mette in evidenza anche lo stato deplorevole del grande Santuario della Vergine delle Blacherne e del vicino Palazzo Imperiale. Gli abitanti, ad eccezione di qualche quartiere attivo nei pressi delle rive, vivono in una città largamente in rovina: la stessa S. Sofia ha perduto moltissimi dei suoi ornamenti dopo il saccheggio del 1204.
Tuttavia, prima della caduta della città, un certo numero di bizantini, cominciava ad intravedere che sulle rovine dell’antico impero, si sarebbe potuto costruire un nuovo stato, anche se retto da un sovrano mussulmano, il sultano ottomano. Questi dominava già il Mediterraneo orientale e cercava di conquistare Costantinopoli per farne la sua capitale. L’ateniese Laonice Chalcocondyles nel 15° secolo è il primo storico greco a fondare la sua opera sullo sviluppo degli Ottomani. Nei suoi scritti il termine “Basileus” designa il Sultano, mentre il sovrano di Costantinopoli era chiamato “Basileus degli Elleni”.
In questo Regno di Greci circolavano pertanto delle idee nuove, inconcepibili nel periodo di apogeo dell’impero: viene proposto al sovrano di vivere dei propri beni, cessando di prelevare imposte ingiuste; egli avrebbe dovuto far accettare, preventivamente, da una specie di Stati Generali qualsiasi prelevamento sulle ricchezze dei suoi sudditi. Questo evidente indebolimento politico, questi timori ed anche queste idee inedite sono state la base e la causa delle rivolte a carattere prettamente sociale.

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Il cedimento economico dell’impero non è da meno della sua debolezza militare e politica. Le guerre e la peste, manifestatasi nuovamente dopo il 1347, avevano ridotto il numero della popolazione, come del resto in tutta l’Europa. Dal 1204 i Latini avevano definitivamente imposto la loro superiorità navale nel Mediterraneo e ne approfittavano per conquistare i mercati, non solo del Mediterraneo orientale, ma anche del Mar Nero.
Tuttavia gli uomini di affari bizantini rimanevano molto più attivi di quanto non si possa pensare o si sia scritto ed essi riescono ad integrarsi nella rete di scambi internazionali, attraverso accordi con le grande famiglie mercantili italiane. Nella metà del 15° secolo, Luca Notaras, che governava l’impero per conto dell’ultimo sovrano, Costantino 11°, possedeva una immensa fortuna, che, evidentemente, si era preoccupato di mettere al sicuro nei forzieri di Genova e di Venezia.
La posizione di crocevia dei commerci, rendeva Costantinopoli una piazza decisamente molto conveniente, fatto che spiega perché gli Italiani si stabilivano ancora sulle sue rive del Bosforo e perché i Genovesi ed i Veneziani siano venuti poi in soccorso dei Bizantini contro gli Ottomani nel 1453, anche se, in effetti, si trattò di un aiuto fornito in ordine sparso e troppo tardivo. In realtà essi, oltre a difendere dei Cristiani minacciati da uno stato mussulmano, volevano primariamente salvaguardare i loro specifici interessi.
Con l’installazione dei Turchi in Asia Minore a partire dal 1071, la Chiesa Ortodossa aveva già perduto una gran parte dei suoi fedeli: alcuni avevano scelto la fuga, mentre altri, per salvare i propri commerci o i propri interessi, la conversione all’Islam. Nei Balcani conquistati dai Turchi a partire dal 14° secolo, la chiesa rimane, per contro, dinamica, per il fatto che essa riesce ad inquadrare le comunità cristiane, greche, bulgare e serbe, nonostante l’avanzata degli Ottomani.
I monasteri furono toccati economicamente dalle devastazioni della guerra e le epidemie, ma il monachesimo non scompare in queste regioni, dove furono persino fondate delle nuove strutture come quelle delle Meteore, in Grecia, costruite su degli speroni rocciosi. Questi monasteri vengono a costituire, dopo la sparizione dell’impero, uno dei bastioni dell’ortodossia. Quelli di Monte Athos (sempre in Grecia), di fronte alla conquista ottomana dalla fine del 14° secolo, sapranno negoziare con il Sultano le condizioni della loro sopravvivenza: i Turchi, da parte loro, avevano tutto l’interesse a garantirsi il sostegno dei monaci per mantenere il dominio sulle popolazioni cristiane conquistate.
Gli ultimi due secoli dell’Impero, furono per i Balcani un periodo di grande vitalità religiosa. Una potente corrente mistica, l’esicasmo (1), nasce sul Monte Athos. La ricerca della pace interiore (Hesychia) aveva spinto i monaci ad una riflessione sulla preghiera. Fra questi Gregorio Palamas (2), difende la possibilità di avere accesso diretto alle energie divine. Le sue idee, inizialmente contestate, vengono finalmente sanzionate da un sinodo, che si tiene nel 1347 a Costantinopoli e lo stesso Gregorio verrà canonizzato da un altro sinodo, indetto nel 1368.
Il dinamismo religioso si manifesta anche nel rinnovamento della poesia liturgica e dell’arte sacra. Simeone, ultimo arcivescovo di Tessalonica (Salonicco), prima della definitiva conquista della città da parte degli Ottomani nel 1430, si situa nella scia dei grandi canonisti e liturgisti bizantini.
Sul piano istituzionale la Chiesa ortodossa riesce persino a conquistare la propria autonomia. Certamente il Patriarca rimane fino alla fine dell’Impero un fedele sostenitore dell’Imperatore, respingendo le pretese del Principe di Mosca, che, nel 1393, tenuto conto della debolezza dell’Impero, non riconosceva più nel Basileus il sovrano dell’universo.
Tuttavia nel seno della Chiesa alcuni cominciavano ad immaginare un Patriarcato che avrebbe continuato a vivere senza imperatore. Georgios Scholarios, che nel periodo precedente aveva firmato il Trattato dell’Unione delle Chiese, concluso in occasione del Concilio di Ferrara – Firenze del 1438-39 allo scopo di ricevere aiuto dall’Occidente, prende decisamente la testa del partito avverso all’unione contro l’imperatore. Egli diviene il primo Patriarca nominato dal Sultano Maometto 2°, il quale si sentiva tranquillo, in tal modo, di poter contare su un acerrimo avversario dei Latini e che non avrebbe in alcun caso suscitato una crociata contro di lui.
La chiesa bizantina, al prezzo di una trasformazione radicale, che aboliva nello schema tradizionale la figura dell’imperatore eletto da Dio, riesce a sopravvivere al 1453 e diviene persino l’interlocutore privilegiato del sultano per tutto quello che concerne il Millet (popolo) greco e più largamente ortodosso.
Il forte declino politico dell’Impero, lungi dal mettere in crisi i suoi letterati ed i suoi artisti, conosce ugualmente un potente movimento letterario e vede la nascita di importanti opere d’arte.
A partire dalla fine del 12° secolo, sotto i Comneno, i Bizantini, traumatizzati  dalle prime conquiste turche, spaventati dal passaggio degli eserciti crociati, preoccupati per le ripetute ribellioni dei popoli balcanici, Serbi, Valacchi, Bulgari, avevano maturato una certa xenofobia, che si manifesta in maniera spettacolare nel 1182, in occasione del massacro di una parte dei Latini residenti nella capitale. Sotto l’effetto di un improvviso richiudersi in sé stessi, i Bizantini cominciano a sentirsi prima di tutto dei Greci, fatto che concorrerà a determinare una marcata identificazione etnografica per un impero che era stato concepito come trascendente rispetto ai popoli che lo costituivano. Allo stesso tempo questo sentimento, quasi “nazionalista”, concorre ad un rafforzamento dell’interesse per la cultura greca antica che, assimilata al paganesimo, era stata negletta fino ad allora, anche se Omero, Platone ed Aristotele avevano continuato ad essere letti.
Nel 13° secolo, un gruppo di filologi bizantini, fra i quali Maximos Planude e Manuel Moschopulos, pubblicano l’Antologia Palatina (raccolta di diverse migliaia di epigrammi greci di tutte le epoche), così come è pervenuta a noi ed anche edizioni dei tragici greci, Sofocle ed Euripide. Manuel Moschopulos redige inoltre una grammatica greca ed un lessico, preparando in tal modo la strada per l’apprendimento della lingua classica, sia per i Bizantini colti e sia per i Latini, che venivano sempre in maggior numero a studiare a Costantinopoli.
Molti testi antichi furono irrimediabilmente perduti nel corso degli incendi oppure trafugati, ma numerosi manoscritti furono acquistati ai Latini da parte dei Greci dell’Impero di Nicea. Nel 1261, allorché Michele Paleologo riconquista Costantinopoli, la città diventa nuovamente un centro intellettuale di primo ordine, mentre Tessalonica, seconda città dell’impero, poteva rivaleggiare con la capitale per la sua vitalità religiosa ed intellettuale.
I letterati greci non furono mai così numerosi come all’epoca dell’ultima dinastia imperiale, quella dei Paleologo (1261-1453). Spesso usciti da famiglie di buon livello, essi servivano lo stato e la chiesa. L’alta aristocrazia era appassionata di letteratura e fino a quando ne avrà i mezzi, essa avrà il patrocinio della produzione letteraria e delle arti. Gli Italiani, che riscoprono l’ellenismo classico, fanno spesso ricorso a questi letterati: fra il 1397 ed il 1400, Manuel Chrysoloras, amico intimo dell’Imperatore Manuele 2°, viene invitato ad insegnare dal Comune di Firenze. In questa occasione egli redigerà, a sua volta, una grammatica greca che risulterà il manuale classico per l’apprendimento della lingua greca e che sarà reeditato varie volte.
Simultaneamente si sviluppa anche una letteratura in lingua popolare, che rappresenta l’origine della lingua greca moderna (quella parlata oggi in Grecia). Nei due ultimi secoli dell’Impero, l’arte bizantina conosce a sua volta un importante rinnovamento, la cui espressione più bella si trova nei mosaici e negli affreschi di S. Salvatore in Chora (l’attuale Kariye Chami – moschea a Istambul), risalente agli inizi del 14° secolo e negli affreschi delle chiese di Mistra nel Peloponneso, dipinti fra il 14° ed il 15° secolo. Nella chiesa monastica del S. Salvatore, il mosaico ci presenta, mentre offre la chiesa al Cristo, il mecenate della Chiesa, Teodoro Metochita, il ricchissimo Gran Logoteta (ministro principale) dell’Imperatore Andronico 2°.
La vita della Vergine, Protettrice e Patrona di Costantinopoli, costituisce il soggetto di diciotto delle scene conservate. Sulla giovinezza della Vergine gli artisti si sono largamente ispirati attingendo alla letteratura apocrifa.

Constantinople_1453Il movimento delle figure costituisce un taglio netto con la tradizione rappresentativa ieratica delle icone, l’attenzione ai dettagli familiari o pittoreschi manifestano la capacità di rinnovamento degli artisti bizantini. Questi ultimi, il cui stile consente di risalire allo specifico artista, escono dal loro anonimato. Ma queste innovazioni coesistono accanto alla corrente più tradizionalista, ancora presente nelle chiese di Monte Athos e che il monaco Denis de Furna codificherà nel 18° secolo.
In più non bisogna limitare l’arte bizantina al solo modesto territorio controllato dai sovrani bizantini. L’influenza di questa arte, messa al servizio della religione, si è fatta sentire in tutti i luoghi in cui l’ortodossia risulta prevalente: Teofano il Greco viene chiamato a decorare la chiesa della Trasfigurazione a Novgorod alla fine del 15° secolo; i monasteri serbi testimoniano anche loro l’influenza di Bizanzio sui pittori locali.
La cultura bizantina che, nella sua fase finale, si è incarnata nell’ortodossia, nell’arte e nella letteratura, é rimasta feconda ben oltre il 1453. Essa è sopravvissuta all’occupazione ottomana ed marcherà  con la sua influenza una gran parte dell’Europa orientale. Essa ha in tal modo influenzato anche l’Occidente, trasmettendogli i testi ed il sapere dell’antichità ellenica, le sue tradizioni politiche e scientifiche.

autore: MASSIMO IACOPI

NOTE
(1) Teoria e pratica di meditazione ascetica, propria della teologia bizantina, diffusa principalmente da Gregorio Palamas;
(2) Costantinopoli 1296, Salonicco 1359. Teologo della Chiesa greca. Monaco sul Monte Santo ed arcivescovo di Salonicco (Tessalonica) dal 1347 al 1359. Consacrò la sua vita all’approfondimento dell’esicasmo.

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Di Nicola

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