Codici prima di Giustiniano

Nel 438 Teodosio II, imperatore d’Oriente, emanò un Codice (Codice Teodosiano), con un secolo di anticipo sulla più organica e complessa opera di Giustiniano.

Non era il primissimo tentativo. Precedenti dell’opera teodosiana si trovano nei Codici Gregoriano ed Ermogeniano, dell’età di Diocleziano, che raccoglievano le leggi non in  ordine  cronologico,  ma  secondo gli argomenti.

La stessa opera di Teodosio II e della cancelleria costantinopolitana è  preceduta   da  quella  della cancelleria   ravennate:   nel  426   Valentiniano  III pubblicava  una raccolta  che  poneva  dei principi generali,   leges   e   iura   di   valore  universale, distinguendole da  quei  provvedimenti nominativi, che, per  loro  natura,  avevano  efficacia  particolare. Il provvedimento occidentale del 426 è comunque presentato al senato di Roma in nome di entrambi gli  imperatori, a sottolineare una comunanza di intenti  che, quanto meno regnando Valentiniano III e Teodosio II, dal 437 genero e suocero, si voleva stabilire tra la pars  Orientis  e la pars Occidentis.  Era questo del resto lo spirito  con cui Teodosio I aveva  diviso  l’Impero,  negando  di  voler con questo creare  due  Stati  assolutamente  indipendenti  fra loro.  Ciò  si  riteneva  valesse  soprattutto  per  la legislazione, e che il diritto fosse unico e quello romano resterà nella coscienza universale, e, per quello che ci riguarda da vicino, nel Meridione d’Italia sotto tutti i regimi.

Il Codice Teodosiano può dirsi però la prima raccolta organica di leggi romane, iniziando a togliere, come dirà Dante della codificazione giustinianea, il troppo e il vano.

Teodosio II, nipote di Teodosio I, regnò sull’Oriente tra il 408  e il 450.  Salito al trono  ancora bambino, seppe  presto  sbarazzarsi della  tutela  della sorella Pulcheria e della madre Eudossia. Affrontò pesanti problemi politici nei confronti di Unni, Persiani, Vandali e dello stesso Occidente. Il lungo suo regno fu turbato  da crisi  politiche e religiose:  nel 431 egli stesso convocò il Primo Concilio di Efeso, che condannò Nestorio;  nel 449,  un Secondo Concilio di  Efeso, che permise  il culto  monofisista,  atto che mosse la dura condanna del papa Leone I, che lo definì  latrocinium.

Il progetto  della  corte  di  Costantinopoli era di raccogliere  organicamente  tutte  le  costituzioni  da Costantino allo stesso Teodosio II. La codificazione teodosiana  è  preceduta  dalla  raccolta delle constitutiones   che  soddisfacessero  all’esigenza  di validità  generale,   cosa  che  deve  essere  avvenuta attraverso ricerche  di  archivi sia in  Oriente sia in Occidente.

Il Codex Theodosianus  si presenta come il frutto del rapporto tra il potere legislativo del principe e la sanctio Romana, ossia  la  giurisprudenza  sviluppatasi   attraverso  i pareri  dei  grandi  giuristi  imperiali, che elaboravano le leggi o le adattavano ai tempi, consegnandole ai Cesari perché la loro autorità le rendesse indiscusse e quasi sacre.  Teodosio II manifesta la volontà di  codificare definitivamente le leggi generali,  considerando in  qualche modo conclusa la fase antica del diritto aperto a interpretazioni. Intendendo  così  raccogliere e  definire la sapienza giuridica del  popolo  romano,  il  Codice  si proclama magisterium vitae,  una normativa capace, come si legge,  di “insegnare il diritto alle province ed ai popoli soggetti”; e ciò fa secondo criteri di  presentazione della materia  “brevitate et claritate”.   La “brevità” si  rende  necessaria,  in  quanto la materia, ripetutamente modificata nel corso dei secoli, causava difficoltà di consultazione.   La  “chiarezza”  si  otteneva  eliminando l’oscurità delle sentenze  e delle interpretazioni,  quello che il testo chiama le “diversitates”.

Il  Codice  del  435  si  può  considerare una compilazione   accurata,   che   non   giunge   però  a quell’ambiziosa finalità di divenire magisterium vitae, ossia  un  legislazione  completa e  capace di regolare tutti gli aspetti della vita sociale del mondo romano; ma è un interessante precedente della più organica opera di Giustiniano.

È doveroso precisare che queste codificazioni costantinopolitane e “romee”, e con esse le chiarificazioni e correzioni, costituiscono quello che noi chiamiamo il Diritto Romano e che, attraverso la perpetuazione del governo imperiale romeo su parte dell’Italia Meridionale, e il passaggio della sua tradizione giuridica al Regno di Sicilia, infine la codificazione federiciana del 1231 a Melfi e il gran lavoro della giurisprudenza napoletana durante il Viceregno, reggeranno i popoli fino all’età borbonica. Intanto, grazie a Napoleone, il diritto romano era divenuto comune a tutta Europa continentale.

autore: ULDERICO NISTICO’

 

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Di Nicola

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