L’esercito romano del X e XI Secolo

1 – Introduzione

Dalla seconda metà del X sec. l’Impero Romano d’Oriente passò decisamente all’offensiva, sotto la guida di imperatori quali Niceforo Foca, Giovanni Zimisce e Basilio II; la macchina bellica di questi sovrani era la più potente a disposizione dell’Impero dai tempi del grande Eraclio.
Lo scopo di questo mio breve articolo è quello di illustrare l’organizzazione militare e le tattiche in uso in quel periodo, che si conclude con l’ascesa della dinastia dei Comneni, cercando anche di delinearne l’evoluzione a partire dagli eserciti del cosiddetto “Medioevo Bizantino”; in ciò ci vengono in aiuto i numerosi manuali scritti nel periodo, che però devono essere usati criticamente, ponendo spesso essi più problemi di quelli che risolvono.
Non tratterò in modo approfondito gli equipaggiamenti dei vari tipi di truppa, sia per ragioni di spazio che per una ragione metodologica: non voglio infatti ingenerare nel lettore, con minuziose descrizioni delle armi, offensive e difensive in uso, l’impressione che esse avessero un ruolo determinante nei successi dell’esercito imperiale: allora, come nella classicità, era l’uomo, con la sua disciplina, il suo addestramento, il suo valore morale ed il suo acume tattico e strategico, ad essere il fattore determinante.
Spero di poter comunque scrivere qualcosa in seguito sugli equipaggiamenti imperali.
Analogamente sarebbe interessante delineare modalità di reclutamento e provenienza delle truppe che combatterono sotto gli imperatori di questo periodo, ma ance questo argomento avrà bisogno di essere trattato a parte.

2 – Le fonti

Le principali fonti di cui disponiamo per il periodo sono i seguenti manuali militari:
la Taktika (Tacticae Costitutiones) dell’Imperatore Leone VI (primi del X sec. circa);
Il Sylloge Tacticorum (Metà del X sec. circa)
I Praecepta Militaria, con tutta probabilità scritti da Niceforo Foca (r.963 – 969);
La Taktika di Niceforo Urano (largamente basata sui lavori di Niceforo Foca e di Leone VI nonché sull’anonimo De re strategica del VI secolo);
Il De Velitatione Bellica
Lo Strategikon di Cecaumeno (XI sec.)
Di questi i Praecepta Militaria ed il Sylloge Tacticorum sono i più importanti.
In specie quest’ ultimo lavoro è il più difficile da interpretare, anche se potenzialmente il più ricco di informazioni, scritto dopo la Taktika di Leone, ma prima dei Praecepta di Niceforo.
Esso è in realtà composto da più parti, la Tactica Perdita ed il Corpus Perditum, più vari frammenti di Onasandro, Eliano e Maurizio che lo studioso Alphonse Dain pubblicò insieme.
Esso è quindi pieno di termini arcaici, di derivazione ellenistica, usati per descrivere un contesto contemporaneo, ed inoltre molte sue parti sono troppo evidentemente copiate dalle stesse fonti ellenistiche ed inapplicabili quindi al X secolo.
Ciononostante altre sue parti descrivono evidentemente equipaggiamenti di fanteria e cavalleria e modalità di schieramento per la battaglia contemporanee; inoltre la comparazione, contenuta nell’opera, tra l’arte della guerra classica e l’arte della guerra bizantina rivela una certa competenza tecnica da parte dell’autore.
Diverso è il discorso per Praecepta di Niceforo Foca, che essendo un pragmatico generale, non punta tanto all’effetto letterario, quanto all’utilità pratica di un manuale: il suo lavoro descrive senz’altro la realtà dell’esercito imperiale di quegli anni.
Comunque, in realtà, lo stesso Niceforo Foca usa come spesso come fonte per il proprio manuale alcuni capitoli del Sylloge.

3 – La fanteria

3.1 – Struttura di comando

La struttura di comando è così descritta nei manuali:
Lo Strategos, comandante militare del Tema è al comando dell’esercito, a meno che non sia presente l’Imperatore in persona o il Domesticus delle Scholae.
Abbiamo poi il Tourmarcha e il Merarcha al comando di Tourmai e Merai (unità contenenti fino a 6.000 uomini) suddivise in Droungoi (unità contenenti fino a 3.000 uomini) comandate da Droungarii.
Il comandante di un Tagma o Taxeis (unità base della fanteria) è chiamato ancora col vecchio nome latino di Komes, o usando termini di derivazione ellenistica quale Taxiarcha, Hiliarca o (più raramente) Tagmarcha.

3.2 Organizzazione

L’unità base della fanteria è il Tagma (cfr. il Sylloge) o Taxeis (cfr. i Praecepta), basata su circa 1.000 uomini; a livello superiore troviamo i Meros di circa 4.000 – 6.000 uomini, a livello inferiore essa è divisa in Kontoubernia di 5 – 10 uomini.
In campo le varie parti del Tagma sono comandati da ufficiali, quali l’Hekatontarcha, il Pentekontarcha o il Dekarcha, i cui titoli e funzioni ci rimandano all’epoca ellenistica.
Ma la cosa più interessante è il tipo di formazione usata dai Tagma di fanteria pesante, che riprendo qui dai Praecepta.
Infatti queste unità sono formate da diversi tipi di truppa: 400 “opliti” ben protetti, scudati e armati di picca (l’”oplita” è chiamato aspidyphoros dal Sylloge, scutatos dalla Taktika di Leone VI e di Niceforo Urano), 300 arcieri (psiloi), 200 monaulatoi armati di monaulion (un’arma simile ad una pesante lancia da fanteria) e 100 giavellottisti (akontistai) o frombolieri (sphendonitai).
In battaglia normalmente i primi e gli ultimi ranghi (da due a quattro a seconda che la profondità sia di 7 o 10 ranghi) sono formati da “opliti”, quelli intermedi, da arcieri, normalmente su tre ranghi, mentre i monaulatoi costituiscono un singolo rango a ridosso della pima fila di “opliti”.
Frombolieri e giavellottisti operano come schermagliatori in maniera indipendente dal resto dell’unità.

3.3 Disposizione della fanteria sul campo di battaglia

Il Sylloge ci da una descrizione di come un esercito composto solo da circa 24.000 fanti possa essere schierato, partendo dal presupposto che esso operi in territorio nemico e che quindi debba schierarsi a battaglia con un preavviso minimo.
All’avanguardia vi sono 4 Tagmata di 1.000 fanti leggeri (prokoursatores), mentre in retroguardia vi è un Tagma di 500 tra fanti pesanti e leggeri.
Vi è inoltre la guardia dello stendardo dell’armata, composta da 50 fanti pesanti corazzati.
I restanti uomini sono divisi in quattro divisioni (Meros) di quasi 5.000 uomini ciascuna.
Una volta assunto lo schieramento di battaglia, con la fanteria disposta solitamente su due linee più la retroguardia, i prokoursatores svolgono funzioni di schermagliatori davanti alle 4 divisioni principali, che distano tra di loro una dozzina di metri, di modo che le truppe leggere possano ritirarsi tra di esse o ai loro lati
E’ da notare che il Sylloge ammette che i Tagmata non abbiano tutti la forza numerica teorica di 1.000 uomini, dato anche che i manuali consigliano comunque di dividere le truppe disponibili in almeno 15 – 16 Tagmata.
Ove sia presente la cavalleria lo schieramento è più articolato. Il Sylloge descrive nella maniera seguente un esercito di circa 19.500 fanti e 6.500 cavalieri.
Durante la marcia in territorio nemico, sotto costante minaccia di attacco, la fanteria si dispone in una formazione a quadrato o a rettangolo, al centro della quale troviamo la cavalleria, che viene così protetta dai fanti.
Disponendo di una dozzina di Tagmata essi sono schierati in un quadrato vuoto di tre Tagma per lato o in un rettangolo di cinque Tagmata sul fronte e sul retro ed uno su ciascun lato ovvero di quattro Tagmata sul fronte e sul retro e due su ciascun lato.
Un altro tipo di formazione prevede che i Tagmata siano schierati invertendo i ranghi e le file, in modo da avere Tagmata disposti per colonna (ricordiamo che uno schieramento tipico per i Tagmata di fanteria pesante sopra descritti prevede 10 ranghi e 150 file).
Vengono inoltre previsti intervalli tra i Tagmata, in modo tale che la cavalleria possa attaccare al di fuori del quadrato; questi intervalli sono calcolati per permettere il passaggio di 12 – 15 di file di cavalieri e sono coperti da fanteria leggera; è da notare che questo schema non è fisso, ma è realizzato anche in funzione del numero di fanti e cavalieri presenti, sia amici che nemici.
Vi sono infine altri tre Tagmata: il corpo di guardia allo stendardo dell’armata, di 50 fanti pesanti corazzati, uno di 800 prokoursatores, arcieri e frombolieri, che viene suddiviso tra gli intervalli dei Tagmata pesanti per coprirli, ed uno di 300 monaulatoi destinati ad affrontare la cavalleria nemica.
Se l’esercito comprende un numero minore di fanti e cavalieri (il Sylloge fa un esempio di un esercito misto con 12.000 fanti), il numero di Tagmata resta invariato, e così essi sono schierati sotto forza (7 ranghi e 100 file per i Tagmata pesanti).
Per quanto riguarda lo il fronte occupato dai singoli combattenti si va dai quasi due metri della fanteria in marcia o delle truppe leggere in ordine di schermaglia, ai 90 centimetri circa della fanteria pesante schierata in battaglia, che si possono ridurre ai poco più di 60 cm della fanteria che riceve la carica della cavalleria (sinaspysmos).
Per quanto riguarda lo schieramento in battaglia campale di un esercito misto di fanti e cavalieri, ne rimando la descrizione alla successiva parte relativa alla cavalleria.

3.4 Tattiche della fanteria

I Praecepta trattano solo brevemente gli scontri tra fanteria e fanteria, ciò non ci deve meravigliare, dato il tipo di guerra prevalente nel teatro operativo orientale dell’Impero, è però da considerare il ruolo importante svolto dalla fanteria nelle operazioni di assedio, in quelle notturne e in quelle in terreno accidentato.
Comunque, in combattimenti di sola fanteria, ove possibile, l’esercito imperiale deve assumere uno schieramento in linea che sia più ampio di quello nemico, e lo stesso Niceforo Foca dà perciò in questo caso la preferenza, per i Tagmata pesanti, ad uno schieramento su meno ranghi onde aumentarne il fronte.
Ottenuto così un fronte ampio almeno quanto quello del nemico, la fanteria pesante deve impegnare lo schieramento nemico frontalmente, mentre la fanteria leggera, riordinatasi in ordine chiuso, deve cadere sui fianchi del nemico.
Ove non sia possibile ottenere questo vantaggio (Leone VI ci ricorda che la fanteria araba spesso ricorre a schieramenti di fanteria a quadrato, o comunque profondi, per evitare gli aggiramenti), la fanteria leggera opera semplicemente in supporto della fanteria pesante, e giavellottisti e monaulatoi accorrono nei punti critici.
Ma i manuali considerano uno scontro di sola fanteria come improbabile, e si concentrano sulle tipiche azioni di fanteria e cavalleria, che vedono la fanteria agire solitamente in supporto della cavalleria.
Ad esempio se l’esercito è schierato in quadrato vuoto, ove la cavalleria imperiale venga sconfitta, i Tagmata pesanti bloccano il nemico, mentre la cavalleria defluisce all’interno del quadrato attraverso gli intervalli che vengono subito richiusi dalla fanteria leggera.
In tal modo la cavalleria romana può riorganizzarsi.
A questo punto il peso del combattimento ricade sulla fanteria; normalmente la cavalleria leggera nemica, in specie quella araba, non carica i Tagmata di picchieri supportate da arcieri, ma altre truppe montate da shock lo fanno.
In tal caso, come già detto prima, i picchieri serrano i ranghi, formando essi i ranghi dal secondo al quarto o quinto, mentre i monaulatoi con le loro robuste lance si dispongono davanti ad essi, cercando di colpire i cavalli nemici.
I monaulatoi possono quindi agire in coordinazione sia con le truppe leggere che con la fanteria pesante.
Nel caso invece di attacco della cavalleria imperiale, essa passa attraverso gli intervalli tra i Tagmata pesanti, in tal caso la fanteria leggera deve supportare l’azione di attacco della cavalleria, ritirandosi successivamente, se troppo pressata, a difesa degli intervalli stessi, supportata dalla fanteria pesante.

4 – La cavalleria

4.1 – L’organizzazione

Nel Sylloge la maggior parte della cavalleria è costituita da kabalarioi (cavalieri), che ancora una volta, come nello Strategikon sono divisi in cursores (o koursores) e defensores, mentre nei Praecepta queste denominazioni non sono specificatamente utilizzate, anche se poi permane la divisione funzionale dei due ruoli.
I defensores sono schierati in tagma di 500 uomini circa, anche se il Sylloge ammette che le unità siano spesso sottoforza (350 – 400 uomini).
Comunque, in un’unità della forza nominale di 500 defensores, schierati su 5 ranghi di 100 uomini cadauno, la proporzione tra arcieri e lancieri è di 175 a 325 (200 a 300 per i Praecepta), di modo che i lancieri formino il primo, il secondo ed il quinto rango, nonché parte del terzo (il primo, il secondo ed il quinto per i Praecepta).
I Praecepta prescrivono 12 di queste unità, mentre il Sylloge solo 9.
In effetti sia i Praecepta che il Sylloge immaginano uno schieramento su tre linee per un esercito di cavalleria: la prima linea, la linea da combattimento, di due tagma di defensores con un tagma di kataphraktoi al centro di essi; la seconda linea, la linea di supporto, dove si posiziona il comandante dell’esercito. con quattro tagma di defensores, ed infine una linea di riserva composta da tre tagma che per i Praecepta sono di defensores, ma per il Sylloge di cursores.
In ogni caso i tagma sono divisi in bandon (o, usando un termine più moderno, allaghion) di 50 uomini.
I Praecepta considerano tre tagmata che, dal punto di vista tattico, si comportano come cursores.
Essi sono i prokoursatores (schermagliatori) e gli hyperkerastai (fiancheggiatori).
I primi formano un Tagma di 500 o 300 kabalarioi di cui circa 110 – 120 (o solo 60, nel caso di unità di 300 cavalieri) arcieri, il resto lancieri; essi operano davanti allo schieramento principale, divisi in banda di circa 50 uomini, di cui 2 o 3 rimangono sempre in ordine chiuso, mentre il resto opera in ordine aperto.
Gli hyperkerastai sono divisi invece in due Tagmata di circa 100 uomini ciascuno, per lo più arcieri; operanti a destra ed a sinistra dello schieramento principale.
Mentre gli hyperkerastai sulla destra cercano di avvolgere l’ala sinistra nemica, quelli sulla sinistra cercano di evitare che l’ala destra nemica faccia lo stesso.
Il Sylloge, invece, tratta in maniera più completa i cursores, che, a differenza di quello che avviene nei Praecepta, sono ivi esplicitamente individuati come tali.
Anche se la nomenclatura e la proporzione tra arcieri e lancieri varia, anche il Sylloge ci descrive prokoursatores e hyperkerastai, ma ad essi aggiunge altri sette piccoli tagmata, di cui tre disposti negli intervalli tra i tagmata di defensores della seconda linea e tre in retroguardia e la guardia del comandante dell’esercito, di 50 uomini equipaggiati come kataphraktoi.
Infine due piccole unità di 100 cursores sono usate per tendere imboscate
Per concludere il Sylloge prescrive 9 tagmata di 500 defensores cadauno, 12 più piccoli cursores ed un tagmata di 504 kataphraktoi.
Nei Praecepta abbiamo invece 12 tagmata di 500 defensores, un tagma di 504 (o 384) kataphraktoi un tagma di 500 (o 300) prokoursatores e due di 100 hyperkerastai.

4.2 – Gli altri tipi di cavalleria

Passiamo ora ad esaminare gli altri due tipi di cavalleria descritti nei manuali.
Parliamo in primis dei kataphraktoi, di cui ho peraltro parlato in un precedente articolo
Sia nei Praecepta che nel Sylloge i kataphraktoi vengono schierati in una formazione a cuneo, con il primo rango di 20 uomini, su 12 ranghi, per un totale di 504 uomini; i Praecepta danno anche un altro schieramento a cuneo di 384 uomini su 12 ranghi, ma con il primo rango di 10 uomini.
In effetti in almeno un’occasione (battaglia di Silistria 972 d.C.) i kataphraktoi, sembrano essere stati schierati sulle ali, anziché al centro, in due cunei presumibilmente di 384 uomini.
Anche i kataphraktoi sono formati da un mix di arcieri e mazzieri (lancieri secondo il Sylloge ed una problematica interpretazione dei Praecepta), ed è previsto anche l’uso di giavellottisti e arcieri; anche sul numero di questi ultimi i due manuali sono in disaccordo, si va dai 126 del Sylloge ai 150 (80 per la formazione da 384 uomini) dei Praecepta.
In secundis un cenno alla cavalleria leggera, che viene citata nel Sylloge ma non nei Praecepta; essa è armata con una lancia e tre giavellotti, ed è dotata di scudo, ma non di armatura.
Con tutta probabilità la cavalleria leggera è solo un altro degli arcaicismi di cui è ricco il Sylloge, quali ad esempio l’esistenza di peltasti nel X sec. d.C., e ciò è avvalorato dalla mancanza di riscontri nelle fonti e nella manualistica.
Con ciò non voglio affermare che non esistesse cavalleria leggera nell’esercito bizantino del X ed XI sec. ma essa era formata da truppe ausiliarie non Romane e non da soldati dell’esercito regolare.

4.3 – Le tattiche

I Praecepta ci danno un’idea forse schematica ma sicuramente condivisa dagli ufficiali imperiali delle tattiche usate sul campo di battaglia.
Una volta ingaggiata battaglia tocca ai prokoursatores tartassare e provocare il nemico per disordinare il suo schieramento, esaurito questo compito essi si ritirano, divisi in due sub unità dietro e ai fianchi del singolo tagma di kataphraktoi ; essi hanno infatti il compito secondario di proteggere i fianchi di quest’ultimo tagma.
La carica dei kataphraktoi è il momento culminante, e si presuppone sia inarrestabile da un nemico già abbastanza disordinato.
Niceforo si aspetta che a questo punto lo schieramento nemico ceda, in tal caso i due tagmata esterni della prima linea inseguono, mentre i kataphraktoi seguono in ordine chiuso.
Se la carica della prima linea dello schieramento non riesce nel proprio intento allora viene lanciata una carica da parte dei tagmata della seconda linea, supportati dagli hyperkeristai; se neppure questo riesce a rompere il nemico allora tocca alla terza linea attaccare effettuando una manovra aggirante.
Come ultima risorsa il generale imperiale può usare i restanti due tagmata della seconda linea ed i tre che proteggono il bagaglio, a meno che lo stesso non venga minacciato dal nemico.
Tutto ciò può sembrare al lettore un po’ troppo schematico, ma in realtà i comandanti dell’epoca si aspettano che il nemico ceda, di fronte all’attacco della cavalleria imperiale e la loro preoccupazione principale è che l’inseguimento non si tramuti in un disastro per un improvviso contrattacco dell’avversario, una finta fuga, un ‘imboscata o un attacco di forze nemiche fresche; d’altronde la manualistica stressa l’importanza di distruggere completamente il nemico mediante un ben attuato inseguimento.
Lo schema utilizzato in presenza della fanteria è simile, con in più la possibilità della cavalleria di riformarsi al sicuro, in caso di ritirata, protetta dalle truppe appiedate; da ciò si ricava l’impressione di una maggior rilevanza tattica della fanteria rispetto alle epoche precedenti ed a una maggior cura dell’addestramento, in specie degli arcieri appiedati.
Dal punto di vista tattico la carica della cavalleria imperiale è abbastanza dissimile da quella della contemporanea cavalleria occidentale: quando la carica viene deliberata i cavalieri avanzano non al galoppo ma al trotto, serrando i ranghi (prima della carica la distanza tra i cavalieri è di circa un metro); quando la formazione è a distanza di tiro gli arcieri dei ranghi posteriori scoccano le loro frecce.
Per questo motivo viene inoltre data la massima importanza al mantenimento della disciplina e dell’ordine, e vengono scoraggiati il saccheggio e la cattura di prigionieri.
Lo shock della carica “in massa” a ranghi serrati unita all’effetto del tiro è, almeno a giudizio della manualistica militare imperiale, sufficiente per rompere una formazione nemica già d’altronde disorganizzata dall’azione dei prokoursatores e dalle eventuali cariche degli altri tagmata di kabalarioi.
La contemporanea cavalleria occidentale carica invece al galoppo, in maniera più impetuosa e colpendo il bersaglio come una serie di individui isolati.

5 – Conclusioni

Per concludere mi sembra qui opportuno fare un paio di osservazioni.
Innanzi tutto da questa breve illustrazione degli eserciti imperiali del IX e X sec. d.C. si evince subito la continuità del pensiero militare dei Romani dell’est: Leone VI fa da ideale anello di congiunzione tra lo Strategikon ed il Sylloge, che a sua volta ci rimanda ai Praecepta. Ma continuità non significa immobilismo, ma evoluzione, che in due punti della storia militare dei Romani dell’est, e cioè ai tempi delle invasioni persiane ed arabe e successivamente dopo la fatal Manzicerta, assume un andamento frenetico.
E’ per questo motivo che personalmente diffido da tutte le descrizioni “omogeneizzanti” degli eserciti dei Romani dell’est: semplicemente l’esercito di Giustiniano, quello di Eraclio, quello di Basilio II e quelli dei Comnenidi o addirittura più tardi sono troppo diversi da loro, pur discendendo l’uno dall’altro, per essere omologati sotto un’unica etichetta.
Per quanto riguarda infine gli aspetti operativi e tattici veri e propri, bisogna sottolineare che i manuali militari non erano un mero esercizio letterario (anche se nel genere si cimentarono anche dei letterati) ma erano generalmente scritti da militari per altri militari e davvero utilizzati sul campo di battaglia, dove sicuramente i migliori generali erano quelli che riuscivano a coniugare l’aderenza ad essi con la flessibilità necessaria per adattarsi alle circostanze.

autore: GIANFRANCO CIMINO

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Di Nicola

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