Il diritto romano tra l’VIII e il X secolo,
dal periodo successivo a Giustiniano fino alla dinastia macedone 

La storia dell’Impero Romano d’Oriente non si è caratterizzata dallo scorrere lineare degli eventi e del tempo ma ha visto l’alternarsi di momenti di intenso splendore e di periodiche crisi di carattere politico-militare che, una volta riassorbite, hanno fatto da preludio al rinnovamento dello Stato.

Appartiene a questa casistica la vicenda della produzione normativa successiva alla promulgazione del Corpus iuris civilis ad opera dell’imperatore Giustiniano, nel VI secolo d.C.

Dopo il poderoso lavoro giustinianeo, volto a raccogliere e dare ordine alla legislazione romana, il secolo VII fu connotato da un profondo declino istituzionale, causato dal continuo stato di guerra su tutti i fronti, che culminò con la grande invasione araba.

Il primo imperatore che riuscì ad invertire la tendenza disgregatrice fu, nell’VIII secolo, Leone III l’Isaurico (717-741).

Il basileus, forte della vittoria riportata sugli Arabi nell’assedio di Costantinopoli degli anni 717 e 718 d.C., quasi a voler ribadire la regola per cui “la grandezza dei monarchi deve poggiare al contempo sulle armi e sulle leggi”, emanò la sua Ecloghè ton nomon (“selezione delle leggi”).

L’opera, scritta in greco e non già in latino, si presenta come un compendio di norme tratte dalle Istituzioni, dai Digesti, dal Codice e dalle Novelle di Giustiniano, a cui si aggiungono tutta una serie di consuetudini maturate fuori dal Corpus iuris civili.

La data di nascita della legge è incerta ed oscilla tra gli anni 726 e 741, periodo in cui esplose la lotta tra Costantinopoli e la Chiesa di Roma in tema dell’Iconoclastia, situazione che creò una forte opposizione della Curia, seppur ancora sottomessa all’imperatore dei Romani, e ostacolò la sua diffusione in Italia, attecchendo solo nell’estremo Mezzogiorno.

L’Ecloga è di dimensione modesta e si compone di circa 150 capitoletti ordinati in 18 titoli che coprono l’intero ambito giuridico, soffermandosi in particolare sul diritto penale.

Un diritto penale che si discosta grandemente da quello giustinianeo per via della presenza di norme consuetudinarie, spesso cruente, quali ad esempio le pene afflittive del taglio delle mani, della lingua, del naso.

Sul versante del diritto privato viene ribadita la centralità della famiglia e del matrimonio, che poteva avvenire attraverso una scrittura notarile oppure con una celebrazione da tenersi o in chiesa o davanti ad amici.

Nello stesso periodo dell’Ecloga di Leone III erano in uso anche tre piccole raccolte di norme speciali: il Nomos gheorghikos, una legge agraria incentrata sulla piccola proprietà terriera; il Nomos Rhodion nautikos, codicetto sulla navigazione il cui titolo riprende il nome antico e prestigioso della Lex Rhodia; il Nomos stratiotikos, infine, che raccoglie norme di diritto penale militare.

L’Ecloga e i codicetti presentano quindi l’immagine di un ordinamento attento alle consuetudini, situazione esemplificativa di uno stato di arretramento culturale dell’elaborazione delle leggi, il cui clima di crisi non era più in grado di formare giuristi sul modello di Triboniano.

Il livello qualitativo migliorò di pari passo con la grande ripresa dell’Impero operata dalla dinastia macedone a partire dal IX secolo.

Basilio I (866-886), il fondatore della casata, progettò di fare una grandiosa raccolta in quaranta libri di materiale giustinianeo, un’Anacatharsis ton palaion nomon (“purificazione delle leggi antiche”), un’impresa avviata ma rimasta incompiuta.

Al suo posto vennero pubblicate due sillogi: la prima fu il Procheiros nomos (“legge manuale”), tra l’870 e l’879, la quale offriva un prontuario delle materie più frequenti, dichiarando di rifarsi a Giustiniano ma attingendo sia ancora all’Ecloga sia alla Parafrasi di Teofilo sulle Istituzioni giustinianee; la seconda silloge aveva il nome di Epanagoghè ton nomon (“ripetizione delle leggi”), di qualche anno successiva alla prima, che riprendeva la stessa aggiungendovi nuovi elementi come le descrizioni degli status dell’imperatore, del patriarca di Costantinopoli e dei relativi dignitari.

Alla morte di Basilio I, si ritiene che i lavori e il materiale intorno al Procheiros confluirono nella grande compilazione legislativa del figlio e successore Leone VI il Saggio (886-911): ta Basilika (“atti imperiali”).

Nei Basilici, ricompresi in ben sessanta libri, si compì un forte e netto ritorno al diritto di Giustiniano e l’opera attinse, con talune libertà, dal Codice, dal Digesto, dalle Novelle e, in misura minore, dalle Istituzioni.

Il materiale proveniente dal Corpus iuris civili fu riorganizzato per darne organicità e venne scelta la lingua greca, ormai unica lingua parlata dai lettori orientali; questo fatto ne agevolò la diffusione e comportò l’accantonamento dei testi giustinianei autentici, seppur rilanciandone il contenuto.

Un grande risultato ottenuto dai Basilici fu quello di ravvivare l’interesse e l’interpretazione scientifica, attraverso anche la scrittura di scholia, o note di commento.

I Basilici non abrogarono le opere precedenti e, anzi, il Procheiros nomos, l’Epanagoghè e l’Ecloga continuarono ad essere rimaneggiate e a fornire materiali per nuove raccolte private fin dopo l’anno mille.

Il fatto che le compilazioni precedenti rimasero in vigore può far pensare, come nei regni romano-barbarici, ad una tendenza dell’ordinamento ad agire su due piani: uno destinato ad offrire le norme volgari essenziali alla pratica corrente, l’altro a fornire un più ampio diritto comune sussidiario.

Se il compito dei Basilici fosse stato quello di fungere da diritto comune, oggetto di interpretazione scientifica e di insegnamento scolastico, verrebbe a configurarsi un parallelismo con quello che sarebbe stato il Corpus iuris civili per l’Occidente qualche secolo più tardi, con gli scholia che potrebbero apparire come i vecchi cugini delle glosse nostrane e, infine, con la didattica istituita ufficialmente nel 1045 nella Scuola di Stato di Costantinopoli, che realizzerebbe l’anticipazione di quell’insegnamento che si praticherà, mezzo secolo dopo, sotto le torri di Bologna.

autore: JACOPO ROSSI

Fonte: Ennio Cortese, Le grandi linee della storia giuridica medievale, Il Cigno GG Edizioni, Roma

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Di Nicola

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