Interessante l’iniziativa di Nicola Bergamo con Alessandra Bucossi. Voglio aggiungere qualcosa.

Nel 1053, papa Leone IX tenta una coalizione con i Romei contro i Normanni, che lo sconfiggono a Civitate e, fattolo prigioniero, aprono trattative che condurranno al vassallaggio degli Altavilla alla Chiesa, a patto di riconquistare le terre in mano greca e la Sicilia araba. L’anno dopo è, almeno nell’immaginario collettivo, l’inizio dello Scisma d’Oriente; e così venne sentito anche dagli immediati posteri.

 La Calabria, per quanto costituisse uno dei tre themi del Catepanato, aveva confini labili con il Principato di Salerno; e, comunque andassero le vicende politiche e belliche, Cosenza e le Diocesi a nord del Crati erano latine. Il resto del territorio, dal VI secolo soggetto all’Impero d’Oriente, era legato a Costantinopoli dai tempi di Leone III, nel 732; e religiosamente sottoposto all’Arcivescovato di Reggio, tranne la piccola Metropolia di S. Severina e suoi Suffraganei.

 Contava, la Calabria, moltissimi cenobi greci, anche in aree longobarde come l’alveo del Mercure; erano “comunità” autonome ciascuna con un igumeno, e tendevano a difendere l’indipendenza dai vescovi, e la distinzione dal clero secolare. Negli ultimi anni del secolo X, e dopo conflitti con il clero, il più celebre di loro, s. Nilo da Rossano, lascia la Calabria e passa a Serpieri, e da lì a Grottaferrata, che è tuttora il centro del rito greco cattolico in Italia; e stringe rapporti con i papi romani, e molto stretti e personali con gli Ottoni. Era stata una scelta epocale, che separerà dalla gerarchia, e quindi dall’Impero d’Oriente, le sorti del monachesimo di lingua greca, e che durerà ancora almeno fino alla metà del XV secolo, e, sotto forma di un Ordine Basiliano cattolico greco, dal 1579 fino al XVIII. I Normanni accetteranno di buon grado i monaci greci cattolici, fondando nuovi cenobi, e organizzando quelli vitali attorno a tre grandi istituzioni: S. Elia di Carbone, S. Giovanni Theresti di Bivongi – Stilo, e SS. Salvatore di Messina, i cui igumeni divennero archimandriti, una sorta di provinciali con funzioni di controllo.

 Tutt’altra vicenda, quella delle gerarchie secolari. E qui non è inutile ripetere che, nel mondo romeo, è grave errore, anche di linguaggio, persino usare le parole Stato e Chiesa come fossero cose distinte, e magari, in quanto diverse, alleate. Esiste solo l’Impero, che è voluto da Dio, e, letteralmente, ne procede attraverso la processione dello Spirito Santo come il Figlio. L’Impero si struttura nel Basileus e nella gerarchia episcopale, ciascuno con le sue competenze operative, ma dalla stessa origine, e rivolti alla stessa finalità. Espressioni come cesaropapismo, spesso ripetute, sono sciocche battute umoristiche da ripudiare sotto qualsiasi forma.

 La storia politica, però, interviene quando mutano gli assetti territoriali, e si formano ad Oriente molti Regni, presto giunti anche all’autocefalia, e quindi alla separazione da Costantinopoli. Oggi, con buona pace dell’enfasi giornalistica, il Patriarca di Costantinopoli ha autorità solo sui cristiani di Istanbul, e non esercita alcuna influenza su altre Chiese, nemmeno su quella greca; anzi tanto meno, giacché questa nacque proprio in opposizione a Costantinopoli. Il Patriarca infatti aveva scomunicato i Greci ribelli all’Imperatore.

 Chi era, questo Imperatore pro tempore? Il Sultano dei Turchi, il quale era Califfo dei musulmani del mondo, però anche Cesare dei Rum. Qualcosa di simile accadrà nel 1941 nei confronti del segretario di un partito comunista sovietico ufficialmente ateo. E, ai tempi degli Zar, le innumerevoli principesse tedesche che ne sposarono uno divennero ortodosse e ribattezzate anche nel nome; cosa che mai sarebbe avvenuta a una principessa cattolica; ma, al contrario, cattolica divenne Elena di Montenegro, poi regina d’Italia.

 Premessa indispensabile per comprendere come, nel Meridione dell’XI secolo, Ruggero [I], nella veste di Legato papale, abbia latinizzato le Diocesi, con vescovi di nomina papale; e istituendone di nuove come la grande Mileto, la sua capitale. Non sarà così semplice, è vero, se il rito greco fino a metà XV si conserverà secolo a Rossano, e alla fine del XVI a Bova; e in molte Parrocchie; e a S. Severina, per Bolla di Lucio III del 1192, si recitava il Credo senza il Filioque, e da parte di papài legittimamente sposati. Del resto, il Credo con solo “dal Padre” si legge, a caratteri cubitali, nella cattedrale dell’Eparchia greco cattolica di Lungro, che è stata istituita nel 1919: 1919, e non è un lapsus di tastiera.

 Così andarono le cose, detto in estrema sintesi. A ben vedere, però, le Chiese orientali sono, per la Chiesa di Roma, scismatiche (con o senza atti formali), ma non eretiche: anche se gli ortodossi non riconoscono i dogmi cattolici, nemmeno il calendario gregoriano del 1582. Un sacerdote greco è un consacrato e amministra validi Sacramenti, e non è un laico eretico come i protestanti. Uno scisma, per quanto faticosamente, si può ricomporre, e numerosi, sebbene vani, furono i tentativi, tra cui quello di Barlaam di Seminara con l’aiuto del Petrarca.

 Cosa pensava di questo, la gente? Le mie vecchissime e cattoliche prozie raccontavano di un parente prete barbuto, di non so quale secolo, cui proprio per l’onor del mento vietarono di dire Messa, e s’impose anche con la forza fisica, mostrando un Cristo con la barba. Chissà quanti di questi episodi, in una Calabria porto di mare! Del resto, io mi chiamo Nisticò, nome di un santo greco che praticava il digiuno sacro; e che, paradosso della storia e dell’agiografia, conosciamo con il nome latino di Ieiuno.

autore: Ulderico Nisticò

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Di Nicola

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