La guerra contro i Normanni

I Normanni arrivarono inizialmente in Italia come pellegrini, in seguito furono chiamati come mercenari, per poi diventare i padroni dell’antico katepanato dopo il 1071. La caduta di Bari, infatti, sancisce la definitiva perdita da parte dell’Impero dei Romani di tutto il meridione italiano a favore del capo indiscusso di tutti i Normanni: Roberto di Altavilla detto il Guiscardo. Eppure al prode uomo del nord pare non bastasse. Il suo sogno si chiamava Costantinopoli!
Una volta affermato e stabilizzato il suo potere in terra meridionale, Roberto dal «temperamento tirannico, astuto di pensiero e coraggioso nell’azione, estremamente ingegnoso nel pianificare attacchi alle ricchezze di facoltosi possidenti e ancor più ostinato nel metterli in pratica», decise di muovere guerra ad Alessio Comneno, giovane Imperatore da poco insediato sul trono dell’Impero dei Romani. Il normanno organizzò la spedizione in maniera minuziosa. Radunò tutto il suo esercito che secondo le fonti coeve raggiungeva la potente cifra di 16mila uomini, verosimilmente non tutti normanni, ma anche longobardi, italici, greci, armeni ed altri abitanti del variegato ed eterogeneo thema della Langovardia. Salpò da Brindisi nel 1081, conquistò la strategica Corfù che resistette prontamente ma nulla poté con la disparità di forze militari in campo. Dall’isola, che divenne il punto strategico per governare e controllare tutto l’Adriatico, inviò la flotta alla conquista di Durazzo.

Dall’altra parte della barricata, l’Imperatore Alessio, che per altro era un abile stratega e un ottimo soldato, iniziò ad inviare dispacci in tutto il suo regno contattando i toparchi d’Oriente, che in quel periodo combattevano valorosamente i turchi. L’urgente richiesta era spostare tutte le truppe disponibili dal fronte orientale a quello occidentale, in modo da contrastare quella che era considerata la più importante e pericolosa invasione. Allo stesso tempo inviò come nuovo governatore suo cognato Giorgio Paleologo, affinché difendesse la città di Durazzo. Il nobile giunse a destinazione e in pochissimo tempo preparò popolazione, mura e soldati per un lungo assedio.

I Normanni arrivarono a Durazzo il 17 giugno del 1081, e nei loro dromoni, oltre alle truppe, portarono legna e artificieri per organizzare l’assedio. La città bizantina, guidata dal Paleologo, uomo esperto d’armi e temprato dalle guerre in Oriente, si preparò alla difesa. I Normanni avevano approntato una torre immensa, alta come le mura della città e ricoperta di pelli, in modo da evitare possibile incendi scatenati dal terribile fuoco greco, arma in dotazione dell’esercito imperiale. Alla estremità di questa torre vennero poste catapulte pronte a scagliare pesanti proiettili all’interno del recinto murario nemico.

Alessio venne informato della situazione critica nella quale versava la strategica città di Durazzo, una sua eventuale caduta in mano normanna avrebbe spianato la strada, la via Egnazia, al Guiscardo, fino a Costantinopoli. Decise quindi di chiedere aiuto agli unici alleati disponibili all’epoca: Turchi e Veneziani. I primi risposero prontamente ed inviarono un robusto esercito di mercenari per rimpolpare lo sgangherato esercito imperiale uscito a pezzi dopo Manzicerta. I secondi, tramite il dux Domenico Selvo, e dopo aver ricevuto «formali promesse», si misero alla testa di una grande flotta e partirono dalla città lagunare in direzione di Durazzo. Quando i Venetici giunsero in prossimità della città, la trovarono sotto stretto assedio e attraccarono nelle vicinanze perché furono colti dallo sconforto e dalla paura vedendo l’immensità delle macchine belliche nemiche montate e che facevano fuoco sulla città. Il dux decise di attaccare il giorno seguente, sperando nell’aiuto della risicata flotta imperiale come gli era stato promesso da Alessio. I Venetici agirono velocemente e dimostrarono tutto il loro valore sbaragliando la flotta normanna capitanata da Boemondo, figlio illegittimo di Guiscardo. Una volta liberata la costa, fecero scendere dai ventri lignei delle loro imbarcazioni centinaia di soldati, che assieme alle truppe imperiali del Paleologo, attaccarono l’esercito normanno.
Lo scontro fu violentissimo, i soldati venetici ed imperiali ebbero per un momento la meglio, tanto da spingersi fino alla tenda di Roberto, come ci ricorda Anna Comnena. La vittoria ormai era in mano al Paleologo e ai suoi soldati, tanto che i Veneziani «fatto gran bottino, ritornarono alle proprie navi e si imbarcarono». Alessio sembrò pienamente soddisfatto del comportamento dei lagunari e inviò loro « molti presenti» e «infiniti doni», credendo di aver già inferto un colpo mortale al nemico. La vittoria non era ancora certa e Roberto tentò di forzare il blocco navale che i Venetici e i Romani avevano approntato sulla città di Durazzo, ma non vi riuscì grazie al pronto intervento di Maurizio valido Drungario della flotta imperiale.

La situazione rimase in fase di stallo. L’esercito normanno era bloccato tra Durazzo e il mare, ma non aveva subito danni significativi a differenza della flotta. Roberto stava solo riorganizzandosi e non era vinto, questo comportamento poco belligerante prese in fallo Alessio che invece credeva di aver vinto la guerra. La sua convinzione era tale che decise di affrontare il normanno de visu, partendo da Costantinopoli con un grosso esercito composto in gran parte dall’élite (« e vi aveva posto a capo gli uomini più valorosi delle truppe scelte. » come ci ricorda Anna Comnena). Le spie normanne seppero subito dell’arrivo dell’Imperatore e Roberto ordinò di attaccare convintamente la città di Durazzo con tutte le armi ossidionali in suo possesso. Il Paleologo vedendo la situazione, organizzò una sortita che ebbe il risultato di distruggere parte delle macchine d’assedio nemiche, ma costò la vita a molti suoi soldati e quasi alla sua. Roberto persistette nel suo modus operandi, continuando ad attaccare le cinta murarie con una nuova macchina appena costruita. Il Paleologo uscì nuovamente e la sbaragliò. Sebbene le grandi gesta del governatore di Durazzo sembravano consegnare la vittoria in mano agli imperiali, Roberto manteneva gran parte della sue truppe intatte e il blocco navale non era più garantito visto che i Venetici erano ritornati in laguna.

L’imperatore sapendo la situazione in cui versava la città, affrettò molto il passo e arrivò nei pressi di Durazzo in tempi brevissimi. Ordinò subito che si costruisse il suo quartier generale preparando trincee e fortificando la linea, sistemando l’accampamento nella posizione più agevole e più strategicamente favorevole. Scelse un altura, dove vi era il santuario di San Nicola, poi organizzò una riunione strategica con i propri generali per escogitare l’attacco al campo normanno. Dopo varie discussioni interne, Alessio escogitò un attacco a sorpresa nella notte, direttamente sul campo di Roberto che sarebbe stato preso da due lati, e condotto dalle truppe mercenarie. Una volta che la situazione si fosse evoluta in maniera positiva, lo stesso imperatore avrebbe guidato la carica contro il centro dello schieramento nemico. Avvenne però un imprevisto. Nella notte le truppe normanne lasciarono il campo per pregare nel santuario dedicato a S. Teodoro e così il piano svanì miseramente. Alessio non si perse d’animo e agì di conseguenza spostando le «schiere sul pendio lungo il mare», lasciò libere le truppe mercenarie con il compito di colpire la tende di Roberto, e trattenne a sé, invece il reggimento variago, che però fu fatto scendere dai cavalli. Divise l’esercito in «falangi», diede il comando dell’ala destra a Cesare Niceforo Melisseno, mentre a quella sinistra al gran domestico Pacuniaro, il centro invece fu guidato dallo stesso Imperatore. Tra la prima fila composta da soldati mercenari di stirpe barbarica, e la linea del Basileus, vi erano una moltitudine di arcieri pronti a colpire i normanni, e a loro difesa erano state scelte, le truppe variaghe guidate da Nampite.

AUTORE: NICOLA BERGAMO

(segue)

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Di Nicola

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