I dissenzienti


La religione ortodossa è una delle pietre miliari nella struttura culturale e politica dell’impero bizantino; un decreto imperiale del 380 che venne in seguito posto in apertura del codice di Giustiniano considera “dementi e folli”chi non condivide la religione”che il Divino Apostolo Pietro trasmise ai romani”. Il significato d’ortodossia era “retta dottrina”, tutti i sudditi dell’impero non solo dovevano essere cristiani ma anche seguire un’unica dottrina: la minima deviazione da tale dottrina era considerata un’eresia. Un solo Dio,una sola religione e un solo impero che tramite l’imperatore doveva fare valere l’osservanza del vero credo. Viene per logica che non tutti i sudditi dell’impero erano cristiani ortodossi. Nel primo periodo bizantino i dissenzienti erano estremamente tanti,forse la maggioranza,tale numero diminuì nel periodo medio per divenire minimo in quello tardo. Il gruppo più consistente è costituito dai pagani di qualsiasi natura, i cristiani intorno al 400 erano la maggioranza nelle città tranne alcuni casi come Carre dove la popolazione rimase pagana ben oltre la conquista araba. La popolazione rimase pagana alle due estremità della scala sociale: da un lato i contadini dall’altro l’aristocrazia provinciale. Il paganesimo domina ancora i circoli intellettuali ed è parte essenziale della tradizione popolare. Il tempio d’Iside a File è chiuso solo nel 540; Giovanni l’Elemosiniere nella sua “Vita” testimonia come “i tagliatori di papiro dei dintorni d’Alessandria non abbiano mai ricevuto il messaggio delle scritture”. Nei sobborghi di Dafne nel 588 sono segnalati sacrifici, forse sanguinari; Procopio nel 537 quando Belisario attraversò l’Appennino Marchigiano segnala “che la popolazione locale non solo non era cristiana ma non professava nemmeno la religione olimpica”. Il vescovo d’Efeso Giovanni d’Amida tra il 542 e il 576 convertì circa ottantamila persone nei distretti montani dell’Anatolia, ai nuovi cristiani era impartito il battesimo di massa ed era donato un terzo di solido ciascuno, si può ben dubitare dell’efficacia di tali conversioni. Ancora nel VII secolo la “Vita” del vescovo Leone di Catania segnala l’esistenza di  una corrente pagana molto potente in Sicilia. La storia del passaggio dal paganesimo e cristianesimo è spesso accompagnato da oppressione e persecuzioni, da linciaggi come quello patito da Ipazia ,da roghi di libri e di templi. La chiusura della scuola filosofica d’Atene da parte di Giustiniano nel 529 e le ultime persecuzioni non fanno sparire il paganesimo, spesso i culti sono praticati in privato e la conversione frettolosa d’ampie fasce di popolazione non può cambiare immediatamente radicate consuetudini e convenzioni. Il cristianesimo popolare ereditò e in parte razionalizzò un vasto corpus di superstizioni pagane, e alcune tradizioni pagane sopravvivono ancora nell’islam popolare in Anatolia:i Dervisci ruotanti sono gli eredi dei sacerdoti di Cibele,i Galli,che danzavano vorticosamente prima di evirarsi in onore della dea. Un capitolo a parte meritano i Balcani dopo l’invasione slava,queste terre perse all’impero e al cristianesimo dovranno essere nuovamente evangelizzate dopo la riconquista e anche in queste terre il passaggio dal paganesimo al cristianesimo non sarà lineare e indolore.

GLI EBREI

Dopo i pagani venivano gli ebrei,sparsi in tutto l’impero con l’editto di Caracalla del 212 divennero cittadini romani. La legge protegge gli ebrei sino al V secolo: è fatta proibizione di convertirli con la forza, hanno diritto di praticare il loro culto, di mantenere sinagoghe, di avere proprie corti di giustizia, di nominare il proprio clero. La  legislazione del V secolo li sottomette alle stesse discriminazioni dei pagani, non possono avere schiavi cristiani, non possono costruire sinagoghe, non possono fare proselitismo, devono adempiere gli obblighi curiali senza  però fruire dei privilegi che ne derivano. Tale legislazione tende a contenere gli ebrei, a farli diventare dei cittadini di seconda classe, a rendere loro la vita difficile. Una Novella del 553 vieta, l’uso della lingua ebraica nelle funzioni religiose e proibisce l’uso della Mishna, il commento dei testi post biblici. Gli ebrei che non avevano mai brillato in fedeltà all’impero dopo questi, provvedimenti fecero blocco con i Samaritani contro l’autorità imperiale culminata con la rivolta del 555 che mirava alla creazione di uno stato indipendente. Per gli ebrei, come per gli altri popoli del vicino oriente, l’autoaffermazione religiosa riveste subito il significato di dissidenza. La tensione esistente tra ebrei e cristiani si riflesse anche in terre lontane; nell’attuale Yemen regnava una dinastia, gli Himyamiti, i cui ultimi sovrani si erano convertiti all’ebraismo e in particolar modo l’ultimo sovrano, Du Nuwas, adottò delle misure coercitive nei confronti della comunità cristiana presente nel suo regno per rappresaglia delle persecuzioni patite dagli ebrei nell’impero, quest’atteggiamento causò un intervento militare bizantino e solo la conquista dello Yemen da parte dei cristiani d’Etiopia pose fine alla situazione. Quando i persiani invasero l’impero gli ebrei si vendicarono aiutando gli invasori e attaccando chiese e monasteri. La vittoria d’Eraclio sui persiani riportò un gran numero d’ebrei sotto il dominio romano e l’imperatore n’ordinò la conversione forzata, in realtà la direttiva imperiale non fu eseguita e le invasioni arabe risolsero il problema, le regioni più popolate dagli ebrei passarono all’islam. Nel resto dell’impero rimasero comunità ebraiche che pur al prezzo di uno statuto giuridico d’inferiorità e di una posizione socio economica modesta non subirono nessuna vera persecuzione e sino allo XI secolo non dovettero vivere in quartieri separati. Passata la bufera del VI e VII secolo Il diritto civile e religioso  difendono gli ebrei, pur affermandone uno statuto d’inferiorità, non può però difenderli dal pregiudizio: l’accusa di deicidio(THEOKTONOI) è già presente negli scritti dei padri della chiesa.

Il numero delle correnti eretiche è impressionante: Giovanni Damasceno nel secolo VIII ne contò oltre cento. Già il codice Teodosiano contiene una sessantina di leggi contro gli eretici e prescrive varie sanzioni. Oggi è difficile destreggiarsi in mezzo a tanti movimenti, alcuni erano composti di poche centinaia d’adepti, altri come i montanisti o i messaliani erano molto diffusi nella penisola Anatolica e perdurarono nel tempo. Ben maggiore fu l’incidenza dell’arianesimo, della chiesa nestoriana e di quella monofisita. Queste tre eresie in periodi diversi e per ragioni diverse causarono gravi problemi all’impero. L’arianesimo già presente ai tempi di Costantino vide in certi periodi imperatori di fede differente sedere sui troni d’occidente e d’oriente, nel V secolo era in forte flessione nel territorio imperiale e sopravvisse sino al VII solo nei regni germanici. La chiesa nestoriana aveva il suo centro nella Mesopotamia e dopo la chiusura della scuola d’Edessa nel 489 e il suo trasferimento a Nisibi sotto l’impulso dei due Katholikos Narsai e Babai si diffuse sino alla Cina con una grande spinta missionaria venendo a interessare solo marginalmente il territorio imperiale. Ben più devastante fu l’effetto del monofisismo in Egitto e in Siria dove dal vescovo Giacomo Baradeo prese il nome di Giacobita. Ad Alessandria il popolo si ribellò alla sostituzione del patriarca Dioscuro e alla morte di questi elesse Timoteo Eluro. Ad Antiochia esistono due gerarchie parallele, nel 609 il patriarca monofisita Anastasio II è massacrato dagli ortodossi, da una parte e dall’altra l’uso della violenza è permanente. Durante il regno di Giustiniano, dopo la morte di Teodora, la repressione s’inasprisce e ogni traccia di gerarchia monofisita sparisce sino al 575, ma al prezzo di una sanguinosa repressione. Ma sia in Egitto che in Siria il monofisismo si rifugia nei monasteri da dove continua a dominare incontrastato l’animo popolare. A partire dal tentativo di Zenone nel 482 con l’Henotikon  di porre fine ai conflitti, per proseguire con la politica conciliante d’Anastasio, quella repressiva di Giustino, quell’altalenante di Giustiniano, quelle nuovamente concilianti di Giustino II e d’Eraclio il risultato fu un nulla di fatto se non la creazione di una nuova eresia, il monotelismo, nata dalla formula di conciliazione d’Eraclio.Ancora una volta le conquiste arabe risolsero in parte il problema,le terre a maggioranza monofisita passarono sotto il controllo dell’islam. Un’altra pericolosa fonte di dissenso è rappresentata dalla setta dei pauliciani. Nata intorno al VII secolo sembra per opera di un certo Costantino di Manamali,si trattava di una setta dualistica,la quale accettava il Nuovo Testamento senza il libro dell’apocalisse, rifiutava il Vecchio Testamento e nutriva una particolare devozione per San Paolo. Erano inoltre docetisti, ritenevano che Cristo avesse preso corpo in cielo sicché non era nato da Maria n’era morto sulla croce, respingevano il culto dei santi, delle icone, della croce, non si battezzavano né si comunicavano, non è chiaro se avessero una classe di sacerdoti o solo degli iniziati.  Michele I imprudentemente decretò la pena di morte contro i pauliciani,questi con l’appoggio degli arabi costituirono uno stato con capitale Tefrice. Guidati da una serie di capi militari iniziarono una guerra aperta contro l’impero: il primo condottiero si chiamava Sergio, seguito da Karbeas e infine da Chrysocheir; l’Anatolia era teatro delle loro azioni Efeso fu saccheggiata, Nicea e Nicomedia assediate. Solo la distruzione di Tefrice per merito di Basilio I portò alla dispersione dei pauliciani che ancora nel X secolo erano diffusi in tutta l’Anatolia e in Tracia,pare che molti soldati aderirono a tale eresia. Nel X secolo si diffuse in Tracia,in Macedonia e soprattutto in Bulgaria un’altra eresia:il bogomillismo. Questo movimento sembra aver avuto origine in Europa per poi passare nei distretti occidentali dell’Anatolia i cui adepti prendono il nome di Fundagiagiti (portatori di bisaccia). La prima notizia di tal eresia è del 915, opera dell’ecclesiastico bulgaro Giovanni l’Esarca ma la maggior fonte è il prete (sicuramente di rango elevato) Cosma che scrive tra il 969 e il 972. Curioso è che Psello nel suo “De operatione daemonum” non prenda in considerazione i bogomilli che compaiono nella storiografia solo col regno d’Alessio I con il processo contro il loro capo Basilio. Il prete Cosma sottolinea come gli eretici siano fautori di una vita più pura e rigorosa contrapposta ad un clero ortodosso apatico e classista. Testualmente il prete scrive”Insegnano a chi aderisce a non sottomettersi alle autorità, denigrano i ricchi, detestano l’imperatore, irridono i superiori, insultano i signori, ritengono che Dio abbia in abominio quanti lavorano per l’imperatore e premono su ogni servo perché non lavori per il suo padrone”. Qui troviamo un motivo sociale per cui i bogomilli,pur essendo al contrario dei pauliciani,pacifici minacciavano le radici dell’ordine costituito. La diffusione di tal eresia fu rapidissima e sappiamo che non interessò solo gli strati bassi della popolazione e del clero,ma anche,secondo Anna Comnena,membri di alcune famiglie nobili. I bogomilli erano dualisti, tenevano in conto solo il Nuovo Testamento, ritenevano il mondo creazione del male,battezzavano imponendo le mani. I bogomilli si dividevano in credenti e perfetti, a loro volta divisi in anziani e diaconi. Nel 1167 al concilio cataro di Saint Felix di Lauragins  assisté un vescovo bogomillo, tale Niceta di Costantinopoli che consacrò con una forma particolare di battesimo quattro vescovi catari. Un ramo del bogomillismo divenne religione di stato in Bosnia interessando la regione tra il XII e il XV secolo e malgrado la conversione del Ban Kulin nel 1203 al cattolicesimo il suo radicamento tra la popolazione si dimostrò molto profondo.

IL MANICHEISMO

Il manicheismo interessò l’impero tra il III e VI secolo, la prima misura imperiale contro di lui risale al 297, nel IV secolo era diffuso in tutto l’impero,particolarmente nelle province orientali e nel nord Africa. Nonostante le continue e feroci repressioni a cui fu sottoposto  sia nell’impero romano sia nella Persi sasanide(Mani stesso il fondatore di questa religione fu ucciso dietro ordine del clero zoroastriaco)  la religione manichea si diffuse rapidamente sino alla Cina dimostrando una non comune presa sulle popolazioni di tutte le classi sociali. Nell’impero romano era prevista la pena di morte per i manichei ma malgrado ciò ai tempi di Giustiniano fosse stato ancora diffuso anche tra personaggi importanti: Pietro Barsimene prefetto del pretorio era un sostenitore dei manichei. Religione gnostica, dualistica, salvifica, sincretistica fu un messaggio traducibile in ogni lingua e adattabile ad ogni forma religiosa, per questo motivo si diffuse così rapidamente e a tutti i livelli della società. Il terrore che ispirò questa dottrina e le persecuzioni che subì ovunque non hanno riscontro in nessun altro caso della storia, curioso è che la traduzione di manicheo in arabo(zindiq) finì per significare “libero pensatore”


CONCLUSIONI


Giustiniano scrive in una sua novella”Sappiamo che nulla più compiace Iddio misericordioso dell’unanimità di credo da parte di tutti i cristiani in materia di fede”,questo pensiero impedì non solo la tolleranza verso i dissenzienti ma innescò anche le persecuzioni:sicuramente i tempi non erano facili ma anche un chierico rigido come Teodoro Studita proclamò che compito della chiesa era di istruire gli eretici, non di ucciderli. Lo stato, identificato con la chiesa, spesso pensava in maniera diversa.

autore: MIRKO RATTI

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Di Nicola

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