Premesse storiche 

Eraclio, dopo aver vinto definitivamente i Persiani e dopo aver riportato la vera Croce a Gerusalemme, subì l’invasione araba che porterà la conquista definitiva, a danno dell’impero, di tutte le province orientali (Egitto, Siria, Palestina, Mesopotamia). Dopo la battaglia sullo Yarmuk, l’Oriente bizantino cadde definitivamente in mano araba e l’Italia continuerà la sua lenta emancipazione da un impero sempre più attento ai propri confini orientali, che alle terre della lontana Roma.
Il VII secolo dimostrò quanto effimera fosse stata la riconquista giustinianea. Tutti i territori appena riconquistati furono in gran parte persi. Caddero infatti la Spagna e l’Africa bizantina, così come gran parte dei territori italiani e la quasi totalità della penisola balcanica. Ci fu un tentativo da parte di Costante II che, alla testa di un corposo esercito di orientali, penetrò in Italia ma dopo le prime vittorie non riuscì ad imporsi contro i Longobardi. Grazie alla forza del re Grimoaldo, il popolo dai “capelli biondi”, come erano ricordati appunto i Longobardi dalla Strategikon, riuscì a sconfiggerlo più volte finché il Basileus dovette ripiegare prima su Napoli e poi su Roma. Nello stesso periodo il duca del Friuli Lupo attaccò l’Esarcato da Nord, costringendo l’Esarco ad un intervento militare di difesa di Grado. Nel 667 Grimoaldo distrusse definitivamente Oderzo dividendo il suo territorio tra i ducati circostanti.
Le fonti locali affermano che in quel periodo Venezia era governata da tribuni (ossia governatori mandati da Bisanzio) fino alla decisione di eleggere un proprio capo che, seguendo la terminologia bizantina, veniva identificato come il duca. Secondo il Dandolo questo avvenne nel 697 con l’elezione di Paulicio mentre secondo Giovanni Diacono il cambiamento avvenne tra il 713 e 715.
Grazie ai recenti studi, possiamo affermare con certezza, in barba ai sostenitori della “venezia mitica”, che Paulicio non fu il primo Doge. Il potere di Bisanzio era ancora troppo forte incarnato nella figura dell’esarco che governava ancora da Ravenna. Lo stesso può valere per il secondo Doge, conosciuto come Marcello, per gli stessi motivi sopraccitati. Il primo Duca che godeva di poteri maggiori fu probabilmente Orso, terzo in graduatoria, con il quale sembra che vi sia effettivamente la nascita di un Ducato venetico separato dall’Istria.

La nascita del Ducato Veneziano

Sembra quindi che il primo vero Duca (poi chiamato Doge), sia stato Orso, eletto nel momento del fermento politico e religioso legato alla lotta tra Roma e la Nuova Roma. Nel 726, dopo che il Basileus aveva giustamente richiesto il pagamento delle terre soggette alla Chiesa, il Vescovo di Roma reagì politicamente, cercando e riuscendovi, di inserirsi nelle dispute locali e nelle spinte autonomistiche dei Ducati in Italia. La situazione degenerò velocemente tanto che Gregorio II, Patriarca e Vescovo di Roma (non si può parlare di Papa in questo periodo), ricordava Leone III “come se fosse un nemico”. L’imperatore, l’esarco Paolo e tutti i filo-imperiali furono colpiti da anatema e in tutte le regioni controllate da Bisanzio scoppiarono delle rivolte che portarono a forme di indipendenza dal potere centrale.
A Venezia, quindi, seguendo quello che era il diffondersi dell’odio verso l’impero e il rafforzarsi delle spinte autonomistiche, venne eletto il primo Duca, ossia Orso. L’Impero però reagì con coscienza e con lungimiranza. Non tentò di sistemare le cose con la forza militare, preferì, invece, l’utilizzo della diplomazia e dell’influenza politica che ancora era in grado di dimostrare. Nel 726, ossia appena un anno dopo della turbolenza politica venetica, il ducato  ritornò all’obbedienza, Leone III e il figlio associato Costantino V emisero un privilegio a favore della chiesa di Grado riferendosi “alla provincia delle Venezie da Dio conservata”. Inoltre, il nuova Duca della Venezia marittima ricevette il titolo aulico di Ypatos, entrando così nella grande famiglia imperiale. Pochi anni dopo, lo stesso Orso, aiutò l’esarco a riconquistare Ravenna, momentaneamente soggetta al re longobardo Liutprando. La forza navale veneziana si dimostrò già a buon livello tanto che furono fatti prigionieri Ildeprando, nipote del re, e Peredeo, duca di Vicenza.
La situazione venetica dimostrò quanto i movimenti indipendentisti fossero solamente una copertura per la lotta politica locale al raggiungimento del potere. Le grandi famiglie, che governavano la piccola enclave bizantina, erano sempre in lotta tra loro e molti furono i morti e gli omicidi tra di esse. Lo stesso Doge fu ucciso in una congiura nel 737. L’impero reagì prontamente e re-introdusse la figura del Magister Militum, ossia un capo militare imperiale, con nomina annuale, cancellando così la presunta libertà della quale godeva la città lagunare. Il lungo braccio imperiale non riuscì a mantenere saldo il potere tra le riottose famiglie venetiche, venne così eletto un nuovo duca nella persona di Deusdedit nel 742.
Questo nuovo Doge, figlio di Orso, dimostrò una certa indipendenza decisionale spostando la capitale da Eraclea a Malamocco, approfittando del sempre più labile controllo imperiale da parte dell’Esarcato. Nel 751 il re longobardo Astolfo conquistò Ravenna, chiudendo definitivamente la parentesi esarcale e annettendosi i territori nel regno, ma nulla fece contro Venezia.
L’antica provincia della Venetia et Histria si riduceva così sempre di più, ma il controllo di Bisanzio, pur indebolito, non cessò mai di essere presente.
Intanto, a livello politico, la piccola comunità lagunare continuava a dimostrare una certa insofferenza alla pace sociale, e la lotta tra le più importanti famiglie era sempre più aspra. Il periodo che ne conseguì portò alla morte di ben tre Dogi: Deusdedit, Galla e Domenico Monegario. Una piccola ripresa della pace si avvertì tra il 774 e il 775 con la nascita dell’episcopato di Olivolo sedimentando, così, il nucleo abitativo sorto tra le isole di Rialto. Il legame politico con Bisanzio non si allentò, tanto che nel 775, allorché i Longobardi invasero l’Istria, truppe venetiche andarono in aiuto alle truppe regolari bizantine.
Nel 774 Carlo Magno mise fine al regno longobardo iniziando un nuovo percorso politico. Il suo potere politico trovò il suo acume nel giorno di Natale dell’800 quando venne incoronato imperatore dal Papa. Le dispute che nacquero con Bisanzio furono la diretta conseguenza dell’impossibilità oggettiva dell’esistenza di due imperi. Si diedero vita a delle trattative tra i due grandi centri di potere politico per arrivare ad un compromesso. Carlo, addirittura, propose di sposare l’imperatrice bizantina Irene ma tutto naufragò nel 802.
Cosa accadeva a Venezia? Stretta da le due morse imperiali stare nel mezzo risultava essere sempre più difficile e quindi si optò per seguire la politica di Maurizio Galbaio, fedele a Costantinopoli, che era riuscito ad imporsi sulle altre fazioni. Nel 804 le cose cambiarono nuovamente, salirono al potere due nuovi Duchi Obelario e Beato che imposero una nuova politica estera filo franca. Nel 805, una delegazione veneziana composta da Obelario, Beato, il duca e il vescovo di Zara si recarono ad Aquisgrana per rendere omaggio a Carlo Magno che confermò i loro possedimenti. Nel febbraio del 806 l’imperatore divise i vari regni tra i suoi figli e assegnò pure Venezia, che di fatto non faceva parte del regno italico, a suo figlio Pipino.
Bisanzio non reagì immediatamente, scegliendo di affidarsi ad una azione militare di sorpresa. Il patrizio Niceta, alla testa di una possente flotta, salpò da Costantinopoli e alla fine dello stesso anno, ossia nel 806, arrivò nell’alto Adriatico ristabilendo la supremazia imperiale in tutta la zona. Niceta non incontrò molta resistenza, la sua forza militare e la potenza politica imperiale, gli permisero di firmare un nell’agosto dell’807 un trattato con i Franchi  dove si gettarono le basi per la divisione delle rispettive sfere di influenza. Il patrizio rimase in laguna dove fece erigere un cappella dedicata ad un santo militare bizantino, Teodoro (oggi San Todaro), per poi ripartire portandosi a Costantinopoli tutto il partito filo franco venetico. Nel 808 una nuova flotta bizantina apparve in laguna, questa volta era comandata dallo Stratego di Cefalonia, che dopo aver ristabilito il potere bizantino sulla costa dalmata, si fermò a Venezia dove trascorse l’inverno. Non si hanno notizie certe sulla sua permanenza. Forse fu inviato per controllare che l’accordo appena siglato fosse rispettato, oppure, più plausibilmente, per mostrare ai Franchi che la città lagunare era sotto lo stretto controllo imperiale.
Appena l’ammiraglio tornò a Costantinopoli, Pipino, figlio di Carlo e re d’Italia, attaccò Venezia per portarla sotto il proprio controllo e così facendo l’avrebbe tolta al controllo bizantino. L’imperatore Costantino VII Porfirogenito qualche secolo dopo ci riporta :

… a Pipino che diceva
“Voi siete miei perché appartenete alle mie terre…”
(i Venetici n.d.a.) rispondevano
“Noi vogliamo essere sudditi dell’Imperatore dei Romani e non vostro 

Secondo la leggenda le truppe franche non riuscirono a conquistare Venezia per via della difficile accessibilità della laguna. Le grandi navi franche nulla potevano nelle poco profonde acque lagunari. Poi la marea fece il resto, in poco tempo gran parte della flotta si trovò incagliata tra le sabbie della laguna. Almeno così racconta la storia mitizzata. E’ più probabile, invece, che i Venetici abbiano pagato forte tributo per mantenersi liberi dal controllo franco che era, di fatto, molto più prossimo che quello bizantino. La morte di Pipino riportò la situazione alla normalità. Il plenipotenziario imperiale, lo spatario Arsafio, inviato dall’imperatore bizantino Niceforo I, arrivò ad Aquisgrana dove sottopose a Carlo un nuovo trattato. Venezia tornò nell’ambito bizantino mentre l’Istria andò nell’orbita franca. Arsafio fece tappa in laguna, dichiarò deposti Obelario e i suoi fratelli e insediò il duca lealista Agnello Partecipazio, portando con se quello che era rimasta della fazione filo-franca a Costantinopoli. Nel 812 vi furono le firme ufficiali. Carlo Magno ottenne l’ambito titolo di Imperatore (ma non quello di “Imperatore dei Romani”) confermando quello che era stato scelto nei trattati precedenti.
Questo fu l’ultimo tentativo di ribellione che Venezia tentò nei confronti di Bisanzio, almeno fino al periodo Comneno (XII secolo) e la città lagunare iniziò a guardare Costantinopoli come entità superiore e unico riferimento politico, sia per convinzione che per lealtà. Da parte bizantina riconobbero di fatto, anche se mai ufficialmente, l’indipendenza di Venezia, considerandola una lontana provincia dove il controllo imperiale non poteva essere completamente garantito e specialmente troppo invadente. Agnello spostò la capitale del ducato nell’isola di Rialto, gesto anche simbolico, che testimonia la rottura con il passato. Nell’828, ci fu il trasferimento delle reliquie di San Marco da Alessandria a Venezia. Questo fu un gesto di rottura, visto che al patrono precedente Teodoro, designato da Bisanzio, venne preferito San Marco, un Santo tutto “veneziano”. San Marco non fu una scelta casuale. L’evangelista aveva infatti diffuso la parola di Dio proprio nelle terre della Venetia et Histria. Ecco che la nascente Venezia voleva dimostrare che anch’essa poteva contare su di una sede “patriarcale” come lo era stato in passato Aquileia.
Nell’840 il Pactum Lotharii, sottoscritto dal duca Pietro Tradonico e dal carolingio Lotario, dimostrò la completa emancipazione di Venezia che soli pochi anni prima era stata costretta a delegare a Bisanzio.

Bibliografia essenziale

G. RAVEGNANIBisanzio e Venezia, Il Mulino, Bologna, 2006.
D. NICOLVenezia e Bisanzio, Rusconi, Milano, 1990.
Costantino PorfirogenitoDe Administrando Imperio, (traduzione a cura di R.J.H. Jenkins), Dumbarton Oaks, Washington, 1967

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Di Nicola

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