Kataphraktoi e Kabalarioi

Ho letto con vivo piacere ed interesse una discussione sui “Kataphraktoi” (questa l’esatta trasposizione nel ns. alfabeto del termine Greco in questione), su uno dei forum del Sito; vorrei però precisare qualcosa in più su questo interessante argomento.

Innanzi tutto bisogna tener presente l’enorme arco temporale lungo il quale si sviluppa la storia militare bizantina: gli eserciti dei Rhomaioi si svilupparono e si trasformarono in più di mille anni, cosicché i primi eserciti romani dell’est erano uguali ad un qualsiasi esercito romano del IV sec. d.C., mentre l’esercito che difese Costantinopoli nel 1453 era oramai un esercito di tipo rinascimentale.

Ciò premesso vi parrà sicuramente insignificante l’arco di tempo durante il quale i Rhomaioi usarono i Kataphraktoi propriamente detti: tra il regno di Niceforo Foca (963-969) e quello di Basilio II (976-1025), per circa un centinaio di anni, in uno degli apici della potenza militare imperiale.

Ma per spiegare meglio questa mia affermazione dobbiamo innanzi tutto definire il termine kataphraktos “catafratto”.
Esso è Greco, è attestato già in età ellenistica, e significa semplicemente “corazzato”; così abbiamo navi catafratte, fanti catafratti, cavalieri catafratti ecc.; il primo riferimento a cavalieri “kataphraktoi”, per quanto ne so, lo abbiamo in Polibio (II sec. a.C.).
Esso quindi non indica necessariamente un tipo particolare di soldato a cavallo, a meno che ciò non sia specificato nel contesto, né tanto meno indica il grado o il tipo di protezione portata; catafratti sono ad esempio i cavalieri dell’antichità classica protetti da un corsetto metallico, ma anche, nel medioevo bizantino, i cavalieri Occidentali ben protetti da armature a piastre e maglia.

Nell’accezione moderna del termine si intende invece per catafratto un cavaliere interamente (o quasi) corazzato, con lo stesso cavallo protetto da una bardatura.

I primi riferimenti a cavalieri catafratti (ovvero “corazzati”), nell’accezione moderna li troviamo in Senofonte, nell’Anabasi, quando ci descrive l’unità di “corazzieri” che accompagnava il persiano Ciro, anche se in questo caso la corazzatura e la bardatura non erano estese come, per esempio, nei successivi catafratti Parti.
Senofonte stesso propose più tardi l’adozione, da parte degli stati greci, di questo particolare tipo di cavalleria pesante.

Successivamente durante la campagna di Alessandro Magno contro l’Impero Persiano possono essere considerati catafratti, sempre nell’accezione moderna del termine, i cavalieri della Guardia del Re dei Re, o di alcuni Satrapi, nonché le cavallerie pesanti fornite ai Persiani dagli Armeni, dai Messageti e dai Battriani.
Quello che li faceva considerare “corazzati” agli occhi dei loro avversari Greci e Macedoni era la bardatura del cavallo e l’estensione della corazzatura del cavaliere; in realtà la cavalleria di elite macedone (gli eteri), meno protetta, ma più manovriera, meglio comandata e più addestrata a tattiche da shock ebbe la meglio su questi cavalieri.

Dunque i primi “catafratti” hanno un’origine orientale (Iranica per la precisione), ma furono ben presto copiati dai Successori di Alessandro, Selucidi in primis.
Si affermò così nell’area ellenistica, oltre che nell’area iranica e dell’Asia centrale, donde arrivò fino in Cina e Corea, questo tipo di cavalleria particolarmente protetta, e dotata di una pesante e lunga lancia, il kontos; in pratica i catafratti Parti o Seleucidi avevano cavallo e cavaliere integralmente protetti.

I Sarmati, popolazione di origine Iranica, portarono questo modello di cavalleria nell’area Est e Centro Europea; da notare che, come i loro predecessori Sciti, ed a differenza dei catafratti ellenistici o parti, i catafratti sarmati usavano non solo il kontos, ma anche l’arco, erano cioè armati in maniera duale.

Successivamente i Romani, che avevano incontrato i catafratti ellenistici, quelli Parti ed infine quelli Sarmati, attorno al II sec. d.C. introdussero nel loro ordinamento militare questo tipo di cavalleria, che chiamarono equites catafractarii.
Similmente ai catafratti Seleucidi e Parti quelli Romani erano completamente protetti, erano dotati di kontos e non usavano l’arco.
I catafractarii romani furono in uso fino al V sec., ma a loro sia affiancò, durante il III sec. o gli inizi del IV, un altro tipo di soldato a cavallo, il Clibanarius.

Il Clibanarius è sicuramente di origine Persiano sassanide, e nell’accezione originale del termine (inizio III sec. d.C., quando i Sassanidi subentrarono ai Parti) indicava un soldato a cavallo, ben protetto (anche se non come i catafractarii romani o i catafratti ellenistici o Parti), con la cavalcatura dotata di una bardatura, anche se parziale, e principalmente armato con un arco, che soppiantò in larga parte la precedente cavalleria catafratta partica.
Un qualcosa quindi più simile a precedenti esperienze Scite che a quelli che oggi denotiamo come catafratti.
Ancor oggi si discute dell’origine del termine Clibanarius, forse esso deriva dal persiano griv ban, che indica una gorgiera più che da un termine originariamente indicante il forno.

Sia come sia anche i Romani formarono unità di Clibanarii, anche se presso di essi non doveva esserci molta differenza, alla fin fine, tra Clibanarii e Catafractarii.

Queste esperienze precedenti, oltre che i contatti con gli Unni e (soprattutto) gli Avari, portarono, durante il VI sec., ma comunque prima dell’invasione araba, i Romani dell’est a sviluppare un loro proprio tipo di cavalleria, con il cavaliere abbastanza protetto (mancavano però le protezioni complete per gli arti, inferiori e superiori, tipiche dei catafractarii) e la cavalcatura dotata, almeno per i primi ranghi, di una parziale bardatura, armata di lancia ed arco (anche se è ancora da definire se questa dualità di armamento e di protezione si applicasse al singolo soldato o fosse ottenuta a livello di unità tattica o entrambe).
Questo nuovo tipo di cavalleria fu quella tipica per i Rhomaioi fino all’età dei Comneni, anche se non sempre l’Impero riuscì a mantenere gli standard di armamento ed addestramento stabiliti nei vari manuali quali lo Strategikon.
In particolar modo critico fu, nei secoli VIII e IX, l’addestramento delle truppe montate tematiche all’uso dell’arco da cavallo.

Tali cavalieri, che penso siano l’oggetto di questo thread, furono detti dai Rhomaioi stessi Kabalarioi, e non Kataphraktoi, nonostante quello che adesso comunemente si pensa.

Quelli che i Rhomaioi effettivamente chiamarono Kataphraktoi furono invece introdotti da Niceforo Foca, ed erano effettivamente dei catafratti, protetti com’erano dalla testa ai piedi, e con il cavallo completamente bardato da una protezione in tessuto.
Paradossalmente molti chiamano oggi questi Kataphraktoi …. Klibanophoroi, a seguito di una cattiva interpretazione moderna del testo dei Praecepta.

Il primo manuale che parla dei kataphraktoi sono i Praecepta militaria di Niceforo Foca; secondo questo testo essi dovevano essere schierati in un singolo tagma (vi sono pochi casi in cui se ne ricordano due) di 384 o 504 uomini in 12 file, in una formazione a cuneo ottimizzata per spezzare il centro dello schieramento nemico.

I soldati erano interamente protetti: i Praecepta affermano che i soli occhi dovevano rimanere scoperti, e così il corpo era protetto da una corazza lamellare chiamata klibanon, con protezioni in maglia (zabai) per la parte inferiore del corpo
Mankellia e chalkotuba (schinieri) fornivano protezione rispettivamente alle braccia ed alle gambe; il tutto era ricoperto da uno spesso indumento in cotone (epilorikion).
L’elmetti (kassidion) era completato da numerosi strati di zabai in maglia che coprivano faccia e nuca.
Il cavallo era anch’esso protetto integralmente, fatta eccezione per occhi, narici e la parte inferiore delle zampe, da una spessa bardatura in tessuto (kentukla) o da un’armatura in pelle di toro lavorata.
Infine i Kataphraktoi erano dotati di uno scudo circolare di circa 80 cm di diametro.
Secondo l’interpretazione per me più convincente l’armamento principale di questi cavalieri era una mazza in ferro (sidirorabdia); in effetti i primi 4 ranghi della formazione erano composti esclusivamente da mazzieri, mentre nei ranghi successivi vi erano, nelle file esterne soldati armati di una corta lancia (kontaria) o della mazza.
All’interno della formazione trovavano posto giavellottisti (akontistai) e arcieri (toxotai), questi ultimi protetti solo dal corsetto e dall’elemetto.

Sembra che i Kataphraktoi fossero radunati in unico Thema denominato Athanatoi (Immortali) da Giovanni Zimisce; certo di loro non si hanno più notizie (presumibilmente furono disciolti) dopo Basilio II.

Da notare che cavalleria simile fu usata anche dai mussulmani, mentre è da escludere qualsiasi connessione tra i Kataphraktoi (o i Kabalarioi) e la cavalleria pesante feudale europea, che allora si stava formando, che usava attrezzature e tattiche ben diverse.

Da tutto ciò si evince infine quanto questi Kataphraktoi fossero diversi, sotto il profilo tattico, dai Kabalarioi: orientati all’azione di sfondamento i primi, più flessibili dal punto di vista tattico, se addestrati ed equipaggiati al tiro secondo gli standard prescritti dai manuali, i secondi.

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Di Nicola

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