Siracusa capitale dell’Impero bizantino: diversa interpretazione nelle fonti occidentali e in quelle orientali

Nel 663 l’imperatore monotelita Costantino, detto Pogonatos per l’abitudine di portare una lunga barba, salì al trono prendendo il nome di Costante II. Dopo aver regnato per vent’anni a Costantinopoli, sbarcò a Taranto alla testa di un esercito orientale. In seguito a brevi e poco fortunati scontri con il duca longobardo di Benevento, il Basileus si recò a Roma per visitare i principali santuari della città, ma anche per depredarne i palazzi dagli ornamenti metallici, come le tegole di bronzo dorato del Pantheon e vari arredi sacri, da inviare a Costantinopoli per fonderli e farne armamenti, ripetendo la medesima azione compiuta, secoli prima, dai Romani con le statue di bronzo della Grecia.

Dopo neppure due settimane, si trasferì a Siracusa, dove ordinò che la moglie e i tre figli lo raggiungessero, ma questi furono trattenuti nella capitale, come informa lo storico Teofane e lo raggiunsero solo in un secondo tempo. Costante fece trasferire inoltre a Siracusa la corte, la zecca e gli uffici imperiali, trasportando, di fatto, la capitale dalle rive del Bosforo a quelle dello Ionio. In tale circostanza probabilmente istituì il Thema di Sikelia.

Sebbene sia stato il primo imperatore d’Oriente a recarsi in Italia, dopo la caduta dell’Impero d’Occidente, è impossibile pronunciarsi sui motivi della sua spedizione. È inverosimile che intendesse trasferirsi definitivamente: non avrebbe avuto giustificazione, infatti, inviare a Costantinopoli il metallo tolto ai monumenti di Roma. Sembra che non intendesse neppure liberare l’Italia dai Longobardi. Potrebbe essere verosimile che volesse controllare da vicino gli Arabi che si stavano espandendo verso Occidente. Oppure, nell’ipotesi di una caduta di Costantinopoli, prendeva in considerazione la possibilità di una migliore difesa restando in Sicilia e di ripartire da lì per riconquistare l’Italia.

Le fonti occidentali, fra cui la più importante è il Liber Pontificalis, invece, lo infangano per aver fatto imprigionare e torturare papa Martino I, esiliato a Cherson, provocandone la morte nel 656 e per aver vessato con gravissime imposte le province italiane. Al Liber pontificalis si rifà Paolo Diacono per la sua Historia Langobardorum: fra i due testi, infatti, ci sono poche differenze, fra cui l’aggiunta dell’affermazione, tramandata fino agli autori moderni, che l’imperatore partisse da Costantinopoli desideroso di liberare l’Italia dai Longobardi, evidentemente questa un’opinione personale dell’autore, Paolo, che era un nobile longobardo e quindi riportava i fatti secondo la prospettiva della sua gente.

Le fonti orientali, d’altro canto, accusano Costante dell’assassinio del fratello Teodosio e vedono nel suo viaggio in Occidente una vera e propria fuga dalle responsabilità. Capostipite di tutti i cronisti bizantini che si sono occupati della spedizione italiana di Costante è certamente Teofane Confessore, che narra la vicenda in due riprese. La prima volta ricorda che l’imperatore lasciò la capitale con l’intenzione di trasferire a Roma la sede del governo e che, giunto a Siracusa, mandò invano a chiamare la moglie e i figli, alla partenza dei quali i costantinopolitani si opposero. La seconda volta, invece, dopo aver riferito che Costante fu ucciso a tradimento nel bagno di Dafne, si sofferma a descrivere l’antefatto: l’imperatore aveva lasciato Costantinopoli per paura dell’odio dei concittadini, tentando di condurre con sé moglie e figli, ma due cortigiani si erano opposti. Teofane attinge molto probabilmente a fonti diverse, infatti nel primo brano l’opposizione alla partenza dei familiari dell’imperatore è attribuita al popolo, nel secondo ad alcuni cortigiani. In ogni caso le fonti orientali ignorano completamente la spedizione militare di Costante contro i Longobardi e la sua tappa a Roma. Sappiamo che Teofane è animato da sentimenti di avversione personale nei confronti dell’imperatore, eretico e persecutore della Chiesa, ed è in questa prospettiva che bisogna comprendere l’enfasi posta da lui sul fatto che Costante intendesse trasferire l’Impero in Occidente e, viceversa, il suo silenzio intorno al viaggio a Roma e allo scontro con i Longobardi. Da Teofane derivano, direttamente o indirettamente, tutte le altre fonti orientali. Molti altri cronisti bizantini considerano, inoltre, essenziale far notare che l’imperatore intendeva abbandonare definitivamente Costantinopoli per trasferire la capitale a Roma.

Tutti i documenti, occidentali e orientali, perciò offrono un quadro parziale e tendenzioso di questa vicenda e di certo un elemento ricorrente in ognuno è la matrice religiosa, che, in varia misura, condiziona sia la visione politica sia quella psicologica dei singoli autori.

Costante è stato, quindi, sempre considerato in primo luogo un eretico e un persecutore e in secondo luogo un vessatore di sudditi, a causa delle tassazioni da lui imposte alle popolazioni bizantine dell’Italia meridionale, compresi i possedimenti ecclesiastici e il principale contribuente dell’imperatore, in Sicilia come sul continente, era proprio il pontefice. Perciò non deve meravigliare il risalto negativo che è stato dato a questo basileus dalle fonti, né il silenzio sui successi da lui conseguiti. Solo di recente si è tentato di rivalutarlo, cercando spiegazioni logiche alle sue azioni. Si è giunti, così, a supporre, con un certo margine di attendibilità, che il piano strategico di Costante, poiché i pericoli più gravi per l’Oriente erano passati, prevedesse la ripresa della guerra contro gli Arabi come obiettivo primario, da attuarsi, però, solo dopo il contenimento preventivo dei Longobardi e la verifica dell’accordo col papato. D’altronde egli aveva già fornito prova di abilità tattica e coraggio durante la vittoriosa campagna contro gli Slavi nei Balcani, alcuni anni prima.

Fin quando visse Costante II, il pericolo arabo rimase lontano, anzi egli riuscì per un certo periodo a riconquistare una parte dei territori africani. L’elemento che favorì la congiura che portò al suo assassinio non poté essere costituito che dagli Arabi che, nella speranza di essere agevolati anche in questa circostanza dal malcontento popolare e dagli odi religiosi, tentarono in Sicilia ciò che era riuscito loro molte volte altrove: servirsi delle infiltrazioni e della propaganda clandestina per creare discordie e disordini nel campo avversario, come nel caso dell’alleanza con le colonie ebraiche nella Spagna visigota e probabilmente in Lucania; ed è lecito sostenere che perfino nelle ambizioni autonomistiche dell’esarca Olimpio l’elemento arabo abbia giocato un ruolo decisivo.

Il suo trasferimento è, in fondo, una chiara dimostrazione di quanto l’Impero bizantino tenesse ancora in quel periodo al mantenimento dei suoi possedimenti in Occidente. La scelta, in particolar modo, della Sicilia, quale propria sede, deve essere stata suggerita da almeno tre logiche motivazioni: innanzitutto l’esistenza, nell’area orientale dell’Isola, di una popolazione largamente ellenizzata; in secondo luogo, il vantaggio di una considerevole prosperità economica della regione; e, non ultima, la posizione geografica di eccezionale rilevanza che consentiva di controllare le principali rotte del Mediterraneo e intervenire militarmente nelle province più vicine – posizione intermedia fra l’Italia, minacciata dai Longobardi e l’Africa occupata dagli Arabi. Infine, le principali città dell’Isola sorgevano sulla costa orientale fin dai tempi della Sicilia greca; fra queste, Siracusa, sede del praetor e del dux, era considerata la capitale in età bizantina. Da ciò, sembra inevitabile che la scelta di Costante II ricadesse su questa città.

autrice: SUSANNA VALPREDA MICELLI

  • Corsi P., Costante II e Siracusa, Archivio Storico Siracusano, Società Siracusana di Storia Patria, Siracusa 1981
  • Kislinger E., Regionalgeschichte als Quellenproblem. Die Chronik von Monembasia und das sizilianische Demenna. Eine historisch – topographische Studie, Verlag der Österreichischen Akademie der Wissenschaften, Wien 2001
  • La spedizione italiana dell’imperatore Costante II, in «Siculorum Gymnasium», 28, 1975, pp. 140-168
  • Ostrogorsky G., Storia dell’Impero Bizantino, Einaudi, Torino 1968
  • Valpreda S., Sikelia 2. La Sicilia dei Bizantini. I Bizantini di Sicilia, Lithos, Castelvetrano 2020
  • Zapata Rodriguez R., Italia bizantina. Historia de la segunda dominación bizantina en Italia 867-1071, Asociación Cultural Hispanohelénica, Madrid, 2006
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Di Nicola

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