Il Basileus ERACLIO e la guerra contro i PERSIANI

Nel novembre del 602, un centurione, Fokas, scaccia l’imperatore Maurizio da Costantinopoli, occupando il trono imperiale. L’usurpazione provoca, per reazione, una guerra contro la Persia di Cosroe 2°, che non riconosce il nuovo imperatore. Le sconfitte bizantine si succedono in serie, con la perdita progressiva di diverse province dell’Asia Minore, fino a quando Eraclio (Herakleios) rovescia a sua volta Fokas nell’anno 610. La guerra con la Persia riprende con maggiore vigore e durerà una ventina di anni.

 Eraclio (Herakleios) il Giovane nasce intorno al 575 nell’ambito di una nobile famiglia dell’Armenia. Suo padre, conosciuto con il nome di Herakleios il Vecchio, fa parte della corte dell’imperatore Maurizio. Dopo aver esercitato importanti funzioni militari in Oriente ed in Armenia, Eraclio il vecchio si vede affidare l’importante incarico di Esarca di Cartagine. Nel 608, Eraclio, entrato in rivolta contro Fokas, invia, nel corso dell’anno 609, suo nipote Niketas a conquistare Alessandria ed il Basso Egitto. Questa operazione, coronata da successo, lo spinge a proclamarsi Console, insieme a suo figlio Herakleios il Giovane, anche se tale titolo non risultava più molto utilizzato sin dal regno di Giustiniano. Eraclio il Giovane, a quel punto, assume il comando di una flotta che lascia Cartagine nella primavera del 610 in direzione di Costantinopoli, dove rovescia Fokas nell’ottobre dello stesso anno. Eraclio il Vecchio, prima di morire, riuscirà ancora ad avere il tempo per venire a conoscenza che suo figlio è stato elevato alla dignità imperiale.

Eraclio approfitta dell’anarchia che regna della capitale e del sostegno del comandante della guardia imperiale, un vecchio ufficiale di Maurizio, per aver ragione di Fokas, già da tempo molto impopolare. Il primo compito del nuovo imperatore è quello di ristabilire la già molto compromessa situazione militare dell’esercito bizantino di fronte ai Persiani.

Il crollo dell’Oriente bizantino

Le guerre fra Romani e Persiani alimentano una lunga storia che dura ormai da diversi secoli. Alle disfatte di Crasso (-1° secolo) e di Valeriano (3° secolo) o di Giuliano (4° secolo) hanno risposto le brillante vittorie di Traiano (2° secolo) o di Diocleziano (3° secolo). Se i Romani hanno, più o meno per lungo tempo ed a più riprese, occupato la Mesopotamia ed hanno persino raggiunto il golfo Persico, essi non hanno mai assorbito il regno persiano nel loro impero, come invece lo avevano potuto fare Alessandro ed i suoi successori seleucidi. L’Armenia, a partire da Augusto, è stata sempre utilizzata come stato tampone fra i due imperi, passando, a seconda dei periodi, sotto l’influenza dell’uno o dell’altro dei suoi potenti vicini. Per quanto riguarda i Persiani, la loro ambizione di recuperare le loro frontiere dell’epoca di Ciro, Dario o Serse e di rimettere le mani sull’Egitto, la Siria o l’Asia Minore non si è mai potuta concretizzare.

Nel 6° secolo, Giustiniano ha contribuito a stabilizzare la frontiera persiano-romana a favore di Costantinopoli. L’Impero bizantino controlla, a quel tempo, l’Armenia e tutta l’alta Mesopotamia, con la città di Dara come avamposto. Agli inizi del 7° secolo, le cose cambiano radicalmente. Gli avvenimenti militari di questo secolo risultano conosciuti attraverso due cronache: quelle di Teofane e del patriarca Niceforo. All’avvento di Eraclio sul trono di Bisanzio: “il paese era economicamente e finanziariamente spossato. L’organizzazione militare basata sul reclutamento di mercenari non funziona più, a causa della carenza di risorse finanziarie ed anche perché le vecchie zone di reclutamento erano praticamente esaurite. Le province centrali del paese risultavano nelle mani del nemico: gli Avari e gli Slavi erano insediati nella penisola balcanica ed i Persiani erano ormai nel cuore dell’Asia Minore” (1).

Sul piano militare, la situazione è particolarmente disastrosa. Dall’inizio delle ostilità con l’Impero romano d’Oriente, gli eserciti sassanidi di re Cosroe 2° (2) sono avanzati, lentamente ma solidamente, attraverso la frontiera bizantina, sia a nord come a sud delle montagne del Tauro. A partire dall’inverno del 609-10, i generali persiani penetrano in profondità nel complesso sistema difensivo bizantino e raggiungono le rive dell’Eufrate. Essi penetrano in Siria nell’anno 610 ed avanzano profondamente nell’Anatolia nell’anno seguente. Dal 612 al 622, Eraclio tenta, con relativo successo, di riprendere in mano la situazione. Egli riesce, nel 612, a scacciare i Persiani dall’Asia Minore, ma viene vinto successivamente, in maniera decisiva, sotto le mura di Antiochia, nel 613, dove il suo esercito affronta le forze del generale persiano Shahin, il fratello di Cosroe 2°. Antiochia viene messa a sacco dai Persiani, che occupano rapidamente anche Tarso e quindi tutta la Cilicia.

Dopo questo nuovo disastro, i Sassanidi non incontrano più resistenza nelle province orientali dell’Impero bizantino. La Siria e la Palestina, tagliate da Costantinopoli ad eccezione della via di mare, passano rapidamente sotto il controllo dei Persiani nel corso degli anni seguenti. Le città di Damasco, Apamea ed Emesa vengono conquistate a partire dal 613. Gerusalemme cade ugualmente nelle mani dei Persiani nel 614, dopo un assedio di tre settimane e la portata simbolica di questo avvenimento risulta considerevole. I vincitori bruciano numerose chiese, fra le quali quella del Santo Sepolcro, costruita sotto Costantino il Grande, massacrano numerosi abitanti e riducono in schiavitù i sopravvissuti, fra i quali si trova Zaccaria, il Patriarca della Città Santa. La caduta di Gerusalemme ha un effetto disastroso a Costantinopoli e porta un colpo durissimo al morale di un Impero, che fra le altre cose si definiva come cristiano. La Vera Croce, la reliquia più preziosa di tutte, viene catturata dai Persiani e quindi trasportata a Ctesifonte, la loro capitale.

Nel 615, gli eserciti sassanidi conducono delle offensive particolarmente devastatrici nel cuore dell’Asia Minore. I Persiani raggiungono per la prima volta il Bosforo, mentre gli Avari e gli Slavi si avvicinano, a loro volta, a Costantinopoli da Ovest. L’Impero bizantino si trova allo stremo. Nel giugno del 617, Eraclio sfugge, per pura combinazione, ad un attentato a tradimento, nel corso di un incontro diplomatico con il Kagan degli Avari. Ma il peggio deve ancora venire. Cosroe 2° ammassa i suoi eserciti alle porte dell’Egitto e passa all’attacco: nel 618, il generale persiano Shahrbaraz penetra in Egitto e conquista Alessandria nel 619 e tutta la provincia passa sotto il controllo persiano nel corso del 621. Il generale bizantino Niketas, responsabile della difesa dell’Egitto, battuto si ritira a Cipro con il Patriarca di Alessandria.

La strategia persiana è ormai cambiata. Per Cosroe 2° non si tratta più di restaurare solamente le vecchie frontiere storiche degli Achemenidi, ma di abbattere definitivamente l’Impero bizantino. Questo cambiamento risale probabilmente all’inverno del 615-616. A questa data Cosroe 2° respinge, in effetti, le proposte di pace di Eraclio ed imprigiona gli ambasciatori della delegazione bizantina. La guerra da quel momento cambia di dimensione e per Costantinopoli si tratta ormai di una lotta per la sopravvivenza, pura e semplice, del secolare impero dei Romani.

Evoluzione degli eserciti

L’esercito bizantino si trova ormai in posizione di debolezza. A partire da Giustiniano il suo reclutamento è nuovamente cambiato. La cavalleria è sempre di più composta da truppe non romane. Una nuova unità d’elite, gli Optimates, è stata costituita sotto il regno di Maurizio (582-602) con cavalieri Goti, discendenti probabilmente da Goti greci sottomessi dai Romani in Anatolia alla fine del 4° secolo. Longobardi dell’Italia ed Armeni completano i contingenti mercenari, già considerate eccellenti. Soldati armeni vengono insediati in Tracia, sulla frontiera del Danubio ed a Cipro. Altri Armeni, gli Azatani, provenienti dalla aristocrazia intermedia, prestano servizio nelle unità locali, per difendere le loro province. In ogni caso, è in Siria che la situazione militare dell’Impero è indubbiamente la più deteriorata. Contingenti locali, arabi ed aramaici, sono stati integrati nelle poche unità bizantine poste in guarnigione in loco. Le forze principali sono delle truppe di frontiera, costituite principalmente da alleati o da ausiliari, reclutati fra le tribù nomadi insediate nelle frange del deserto. Alcuni veterani delle migliori unità dell’esercito bizantino, inquadrano anche i limitanei, unità di guardia alla frontiera dall’incerto valore.

Nell’esercito sassanide, la maggioranza della fanteria è composta di contadini. Come in Armenia, l’aristocrazia intermedia costituisce la maggioranza degli effettivi della cavalleria. La nobiltà più elevata risulta circondata di guardie ben addestrate e da soldati schiavi. L’esercito persiano fa ugualmente ricorso a mercenari, specialmente nelle unità basate sulle frontiere ed a numerosi contingenti alleati provenienti dal Caucaso, dal nord dell’Iran o dall’attuale Afghanistan. Le pianure dell’Irak attuale risultano popolate da pacifiche popolazioni aramaiche, nel cui ambito si è largamente sviluppato il Cristianesimo, al punto da suscitare la preoccupazione dei re persiani ed un debole tasso di reclutamento di soldati nel loro ambito. Per contro, Arabi e la più grande comunità ebraica dell’Antichità, che è insediata nell’impero sassanide, forniscono eccellenti ausiliari. La crescita di potenza dell’esercito trova la sua base sotto il regno di Cosroe 1°, il Giusto, nel 6° secolo. Egli tenta, effettivamente, di professionalizzare la nobiltà militare sassanide e di ricorrere sempre in maggior misura a contingenti mercenari ed alleati, a spese della leva di truppe iraniane. Vengono arruolati da quel tempo nomadi, Alani e Kazari, Abkhazi del Caucaso, Daylamiti delle montagne del Caspio e Turchi della Sogdiana o della Transossiana entrano, a loro volta, nell’esercito sassanide.

Offensiva dei Sassanidi e riorganizzazione di Bisanzio

Dopo diverse incursioni preliminari nel corso del 617, che portano, in particolare, alla cattura, da parte del generale Shahin, della città di Calcedonia, località della Bitinia vicina a Costantinopoli, i Persiani lanciano le loro grandi offensive in Asia Minore fra il 620 ed il 622 (3). Essi attaccano inizialmente a nord, utilizzando la strada romana che passa per Teodosiopolis. I Sassanidi raggiungono il nord ovest del’altipiano anatolico, isolando i contingenti bizantini in Bitinia. Eraclio riesce comunque ad aprirsi un varco verso Costantinopoli, in quanto è costretto simultaneamente fare fronte ad una nuova minaccia proveniente da ovest. L’imperatore, abbandonando il comando delle sue truppe in Asia Minore, rientra nella capitale, consente ai Persiani di conquistare Ancyra (Ankara), lasciando loro il controllo di tutta l’Anatolia centrale. Anche Rodi viene conquistata dai Sassanidi fra il 622 ed il 623. Cosroe 2°, disponendo di questa base strategica, può iniziare a pensare ad un’offensiva per mare in direzione di Costantinopoli. Per misurare l’ampiezza del disastro, basta ricordare per chi si proietta nell’universalismo cristiano, che 3 delle 4 città sedi di un patriarcato storico della Chiesa cristiana d’Oriente sono ormai cadute in mano ai Persiani: Antiochia, Alessandria e Gerusalemme sono state conquistate e solo Costantinopoli è rimasta sotto il controllo di Eraclio.

In una situazione così disperata, lo stesso imperatore pensa per un momento di persino di insediarsi a Cartagine per poter organizzare la difesa dell’Impero a partire da quella regione, fuori dalla portata dei Persiani e degli Avari. In ogni caso, Eraclio, cosciente delle ripercussioni morali di una tale scelta e di un tale esilio, rinuncia all’idea, proprio quando si potrebbe pensare che l’Impero bizantino si trovi ormai sul bordo dell’abisso. In ogni caso, egli riesce a mettere in opera le riforme necessarie per la ripresa dell’Impero. Eraclio mette in opera il sistema dei “Temi”. La chiave di volta di questa decisione consiste in una totale rottura con un sistema amministrativo che risale ancora al 4° secolo: Eraclio crea delle grandi circoscrizioni militari nella porzione dell’Asia Minore sotto il suo controllo. Allo stesso modo delle province lontane, che sono l’esarcato di Ravenna o di Cartagine, i Temi di Asia Minore diventano delle entità amministrative a vocazione essenzialmente militare. Alla testa di ogni Tema viene nominato uno Stratega, con una funzione paragonabile a quella degli esarchi d’Italia e d’Africa. Egli è affiancato da un proconsole, in carica per l’amministrazione civile. Nella parte centrale dell’impero vengono insediate delle truppe in maniera permanente, mentre in passato questa disposizione era applicata solamente per le regioni di frontiera. Funzioni militari vengono ugualmente attribuite, a titolo ereditario, in pegno di un servizio parimenti ereditario; “A tale riguardo, il regime dei Temi appare come una combinazione dell’istituzione dei limitaneii e dell’organizzazione degli esarcati: esso combina, con l’insediamento sul limes, la fissazione dei soldati sulla terra e con l’esarcato la militarizzazione dell’amministrazione”. (4).

Eraclio riesce a mettere rapidamente in opera questo nuovo sistema negli ultimi possedimenti imperiali dell’Asia Minore e nelle isole, con la creazione dei Temi degli Armeni, degli Anatolici, dell’Opsikion e della Flotta. Tutto l’Impero si trova ormai in posizione difensiva. Dal punto di vista degli effettivi, alcune parti della categoria dei contadini bizantini vengono provviste di beni militari e vengono, de facto, obbligati al servizio militare. Il governo imperiale trasferisce ugualmente numerosi Slavi in Asia Minore, installandoli nei Temi in qualità di “Stratiotes”. Questi nuovi contingenti apportano, in tal modo, un considerevole rinforzo all’esercito bizantino.

Arriva il momento della controffensiva

Il problema maggiore di Eraclio è quello di dover fronteggiare diversi nemici simultaneamente. I Bizantini non sono in condizione di concentrare tutte le loro forze in Oriente, a causa dell’avanzata fino in Tracia, nei Balcani, delle forze del temibile Khagan degli Avari. Quest’ultimo ha già battuto nel passato diversi eserciti bizantini e conquistato città saldamente fortificate. Nel 618 e nel 619, gli Avari invadono la Tracia ed arrivano alle porte di Costantinopoli. Eraclio è costretto ad acquistare a peso d’oro la loro partenza nel corso del 620, per evitare l’attacco alla capitale.

L’imperatore approfitta di questo momento di respiro per riunire le sue migliori unità e rinforzare quelle reclutate di recente. La cavalleria occupa un posto particolarmente importante e l’imperatore si preoccupa anche di disporre di un potente corpo di arcieri a cavallo, rapidi e armati alla leggera. Se l’addestramento delle truppe risulta la prima delle priorità, Eraclio cura anche con molto impegno il morale delle truppe. Egli attribuisce alla guerra contro i Persiani una connotazione nettamente religiosa: egli ricorda ai Bizantini i santuari saccheggiati, le chiese incendiate e le profanazioni perpetrate dai Sassanidi, contro i quali egli vuole eccitare il risentimento.

Eraclio fa passare il suo esercito dall’Europa all’Asia e lascia la capitale il lunedì di Pasqua del 622. Per la prima volta dopo tanti anni, i Bizantini riprendono l’iniziativa in Asia Minore, anche se l’imperatore rimane inizialmente prudente. Egli si preoccupa piuttosto di manovrare e di evitare uno scontro frontale, privilegiando, battaglie limitate e scaramucce. In tal modo, egli riporta numerosi piccoli successi nel sud est dell’Anatolia, ma, ancora una volta, la minaccia degli Avari costringe Eraclio a ritornare a Costantinopoli e ad acquistare nuovamente la loro partenza nel 623, dopo che quest’ultimi hanno comunque saccheggiato i sobborghi della capitale.

Una volta liberato dalla minacciosa presenza degli Avari, il basileus può finalmente pensare a riprendere l’offensiva contro i Sassanidi. Il 25 marzo del 624, egli si mette nuovamente in viaggio per l’Oriente per dare inizio alla sua prima vera controffensiva di rilievo contro le forze di Cosroe 2°. Eraclio, con i suoi limitati mezzi a disposizione, non può pensare di condurre una campagna metodica per respingere, per tappe successive, i Persiani dall’Asia Minore fino in Mesopotamia. Un’offensiva frontale, lunga e potente, avrebbe richiesto un esercito molto importante che il tesoro bizantino non sarebbe in grado di sostenere. Per di più, un’offensiva di questo tipo, con il suo ritmo forzatamente lento, lascerebbe senza dubbio ai Sassanidi il tempo di riunire le loro guarnigioni disperse, per contrastare e rallentare maggiormente il contrattacco di bizantino. Eraclio, alla fine dei conti, accetta di assumersi un rischio considerevole. Decide di abbandonare Costantinopoli a sé stessa (nel senso che dovrà difendersi con le sole proprie forze), per lanciare con la parte principale della sue forze, una lunga incursione strategica in profondità, attraverso tutta l’Armenia, per poi raggiungere il cuore dell’impero sassanide, nell’Iran attuale.

L’effetto sorpresa dell’azione bizantina risulta totale, avendo incontrato i Bizantini appena una debole resistenza persiana nei dintorni di Teodosiopolis e continuato successivamente la loro avanzata verso l’est. Nel punto finale della loro spedizione, le truppe di Eraclio raggiungono la regione della Media e si impadroniscono del gran tempio di Atur Gushnasp, il santuario dinastico dei Sassanidi, spegnendo, al passaggio, il “fuoco eterno” di Zoroastro. Questo atto costituisce una vendetta premeditata, come risposta all’incendio delle chiese di Gerusalemme e mira chiaramente a spingere Cosroe 2° ad una reazione frettolosa e quindi mal preparata. Diversi contingenti sassanidi marciano, effettivamente in maniera disordinata, all’inseguimento dei Bizantini, che hanno il tempo di battere separatamente e distruggerne uno, quello comandato dal generale Shahrbaraz. Dopo questa vittoria, i Bizantini ripiegano dietro l’Araxe nella Media, assumendo i quartieri invernali. L’imperatore prende contatto con le tribù cristiane del Caucaso e rinforza il suo esercito con Iberici, Lazi ed Asbagi.

Nel corso della successiva campagna, nel 625, Eraclio non riesce a penetrare direttamente in direzione della Persia e sceglie quindi di condurre il suo esercito verso il sud, attraverso le Porte della Cilicia. I Sassanidi lanciano Shahrbaraz e le sue truppe all’inseguimento di Eraclio, ma non riescono a raggiungere ed impegnare il molto mobile esercito dei Bizantini. Nonostante qualche ulteriore vittoria, Eraclio non ottiene successi decisivi ed è costretto nuovamente a ritirarsi nei quartieri invernali più a nord, nel Ponto.

In due anni di campagna risoluta, Eraclio è riuscito a riprendere in mano ed a contestare ai Sassanidi una vittoria che credevano consolidata. Nondimeno, la guerra non è ancora conclusa, né il suo esito sembra scontato, proprio perché nel corso del 626, una nuova offensiva degli Avari compromette i successi bizantini ottenuti in Oriente.

La svolta della guerra

Alla notizia del ritorno degli Avari in Tracia, i Persiani lanciano una vasta offensiva verso Costantinopoli. Shahrbaraz attraversa l’Asia Minore con un grande esercito ed occupa nuovamente la città di Calcedonia. Da parte sua, il Khagan degli Avari, alla testa di una numerosa massa di Slavi, Bulgari e Gepidi, oltre alle sue forze, arriva ad accamparsi sotto le mura di Costantinopoli il 27 luglio del 626. Per fortuna, la guarnigione della capitale riesce a far fronte coraggiosamente alla minaccia. Il Patriarca Sergio infiamma il morale della popolazione e dei soldati per mezzo di predicazioni e processioni. L’entusiasmo religioso che regna nella capitale fornisce ai soldati bizantini l’energia per respingere gli assalti degli Avari. Meglio ancora, la superiorità della flotta assicura ai Bizantini una vittoria eclatante. Le navi da guerra del khagan vengono annientate durante un’operazione condotta il 10 agosto 626. Gli Avari vengono successivamente respinti anche sul campo e sono costretti a battere in ritirata, nella massima confusione.

Davanti a questa eclatante vittoria bizantina, che dimostra la validità della scommessa strategica effettuata da Eraclio sulla capacità di autodifesa della capitale, i Persiani sono costretti a loro volta a ritirarsi. Shahrbaraz ripiega in Siria con le sue truppe. Per quanto concerne il secondo generale persiano, Shahin, egli viene raggiunto e battuto dal generale bizantino Teodoro. L’impero bizantino resiste ottimamente nel corso del 626 e da quel momento può avere inizio la sua grande guerra di riconquista.

Eraclio, in quel momento ancora nel Caucaso, dove riunisce intorno a sé dei nuovi alleati, specialmente i Kazari. Nell’autunno del 627, l’imperatore ed il suo esercito di campagna riprendono la loro marcia verso il sud, lasciando i Kazari a combattere i Persiani nel Caucaso ed in Armenia. Nel dicembre, i Bizantini si trovano davanti a Ninive, dove ha luogo una grande battaglia che viene vinta in maniera netta da Eraclio. La guerra, da quel momento, appare virtualmente vinta. Nel gennaio 628, i Bizantini avanzano profondamente in Mesopotamia, in direzione di Ctesifonte, una delle capitali dei Sassanidi e, quindi, conquistano Dastagard, la residenza favorita di Cosroe 2°. Il crollo persiano da quel momento diventa sempre più rapido, anche se esistono ancora numerose truppe sassanidi in condizioni di combattere. Nella primavera del 628, Cosroe 2° viene rovesciato ed assassinato ed il trono passa a suo figlio Kavadh, che conclude immediatamente la pace con Eraclio, al prezzo della restituzione da parte sassanide di tutti i territori già possedimento bizantino. Infatti, qualche mese più tardi l’Armenia, la Mesopotamia romana, la Siria, la Palestina e l’Egitto vengono restituite al basileus. Kavadh muore a sua volta nel 628 e designa Eraclio come tutore di suo figlio Ardachir. Il ribaltamento della situazione è totale: mentre Cosroe 2° considerava Eraclio appena un semplice schiavo, il basileus, invece, è ormai diventato persino il tutore di suo nipote !!!

Dopo 6 anni di assenza, Eraclio può finalmente ritornare a Costantinopoli, dove viene accolto da suo figlio Costantino, da patriarca Sergio, dal clero e dal Senato, come il glorioso vincitore dei nemici di Cristo. Nel 630, Eraclio inizia un viaggio trionfale nelle province orientali, progressivamente evacuate dai Persiani. Il punto culminante di questo viaggio imperiale è costituito dal soggiorno di Eraclio a Gerusalemme, nella primavera del 630. Il 21 marzo di quest’anno, l’imperatore fa nuovamente erigere la Vera Croce, che ha recuperato dai Persiani e sottolinea il carattere sacro che hanno avuto gli ultimi anni della guerra fra Bizantini e Sassanidi. Si potrebbe persino parlare di tale conflitto come la prima guerra santa nella storia di una regione, che, purtroppo, ne conoscerà numerose altre.

L’eredità di Eraclio

Gli ultimi decenni del 6° secolo ed il primi del 7° hanno presentato un esercito imperiale spossato, incapace per molto tempo di assicurare la difesa delle frontiere. Avari e Bulgari hanno forzato il Danubio ed è stato evidenziato quanto poco è mancato ai Sassanidi per annientare l’Oriente bizantino, penetrando in Siria, Palestina, in Egitto ed arrivando ad accamparsi presso le mura di Costantinopoli. La capitale, assediata sia dagli Avari che dai Persiani, sarebbe stata salvata, secondo la leggenda, dall’intervento miracoloso della Santa Vergine, la sua protettrice. Di fronte a questi pericoli, il regno di Eraclio è risultato pervaso da uno spirito di resistenza e quindi di riconquista: “L’imperatore Eraclio ha organizzato la reazione bizantina: egli ha mobilitato un grande esercito nazionale, ha respinto i Barbari del nord, proclamato la “crociata” contro i Persiani che occupavano i Luoghi Santi; è entrato in Gerusalemme, devastata dal nemico ed, infine, dopo essere penetrato nell’impero persiano e distrutto Ctesifonte, la sua capitale, nel corso del 630, egli ha riportato trionfalmente a Gerusalemme la Vera Croce. Fatto che ha significato la sua vittoria e la vittoria della Cristianità, guadagnandosi il diritto al titolo di Nuovo Costantino. Infine, la distruzione finale della potenza persiana da parte degli eserciti bizantini consentirà ad Eraclio di recuperare il titolo di Basileus, in precedenza portato dai sovrani sassanidi; egli figurerà, da quel momento in avanti, nella titolarità imperiale, a fianco di quello d’autocrate imperatore “ (5).

Da un punto di vista puramente militare, le campagne, condotte da Eraclio su vaste distanze, sono state particolarmente ambiziose e rischiose: “La manovra di teatro, la più profonda ed audace di Bisanzio è stata lanciata in circostanze disperate per salvare l’impero da una distruzione imminente. Essa si concluderà con sconfitta totale della Persia sassanide.” (6). Le vittorie di Eraclio contribuiscono a legittimare e ad affermare l’esistenza di un impero allo stesso tempo cristiano e romano in queste regioni.

In questo clima di gioia nazionale che segue il trionfo sui Persiani, l’agitazione di qualche tribù araba indocile sui confini orientali dell’Impero non sembra in condizioni di mettere in pericolo la potenza bizantina. Eppure, la sconfitta dell’esercito bizantino sullo Yarmuk nel 637, ancora sotto il regno di Eraclio, aprirà le porte alla conquista, da parte degli Arabi, di immensi territori appena riconquistati sui Sassanidi. In questo nuovo contesto, l’appoggio dimostrato nei confronti degli Arabi, da parte delle popolazioni bizantine di Siria o d’Egitto scatenerà uno sconvolgimento ideologico notevole nell’Impero bizantino. Bisanzio, posta di fronte alle tradizioni etniche ed alle aspirazioni spirituali specifiche che differenziano le popolazioni orientali dell’Impero da quelle del nucleo del mondo greco romano, è destinata, ben presto, a causa della sua spiccata tendenza al centralismo statale, a perdere a vantaggio di nemici esterni, durevolmente insediati sul suo territorio, proprio quelle stesse province orientali, focolaio permanente di controversie religiose. L’arrogante universalismo romano, difeso per tutta la durata del regno da parte di Eraclio, con un grande genio strategico, si muterà poi in un nazionalismo aggressivo, rappresentante dell’ortodossia e dell’ellenismo, che consentirà a Costantinopoli di trovare ancora le forze necessarie per resistere alla crescita di potenza dell’islam nel corso dei secoli seguenti.

Controffensive di Eraclio dal 624 al 628

Guerra fra Persiani e bizantini, fase iniziale dal 611 al 624

 autore: MASSIMO IACOPI

NOTE

(1) Ostrogorsky Georges, “Storia dello stato bizantino”, Payot, 1983;

(2) Cosroe viene denominato Chosroes nelle cronache greche;

(3) Le informazioni disponibili su queste operazioni provengono principalmente da un poema di Giorgio di Psidia;

(4) Ostrogorsky Georges, “Storia dello stato bizantino”, Payot, 1983;

(5) Ahrweiler Helene, “L’ideologia politica dell’Impero bizantino”, PUF, 1975;

(6) Luttwack Edward, “La grande strategia dell’impero”, Odile Jacob, 2010.

BIBLIOGRAFIA

Delbruck Hans, “The Barbarian Invasions: History of the Art of War”, vol 2. Bison Books, 1990;

Gibbon Edward, “Storia del declino e della caduta dell’impero romano”, tomo 2, Robert Laffont, 2000;

Howard-Johnston James, “Eraclius’ Persian Campaign and the Revival of the East Roman Empire, 622-630”, 1999;

Nicolle David, “Romano byzantine Armies, 4th – 9th Centuries”, Osprey Publishing, 1992;

Norwich John Julius, “Storia di Bisanzio”, Perrin, 2002.

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Di Nicola

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