Andronico II, figlio e successore di quel Michele VIII che aveva restituito all’Impero la sua Capitale, regnava ormai da quindici anni come autocrate quando, nel 1297, nacque dal figlio Michele IX, ormai coimperatore da tempo, e da Maria d’Armenia Andronico. Andronico II adorava questo suo nipote, probabilmente una delle poche soddisfazioni che aveva, visto che l’Impero non glie ne dava molte, e già nel 1316 lo promosse al rango di secondo coimperatore, al fianco di un padre ancor giovane ma invecchiato anzitempo dai troppi insuccessi. Ed in effetti Andronico era un giovane intelligente, capace, pieno di vigore ed energia, affascinante, seppur troppo volitivo ed instabile.

La guerra civile

La storiografia ufficiale attribuisce lo strappo con il nonno al carattere troppo estroso, frivolo e fuori dagli schemi del nipote, ed ad un episodio sconcertante che portò all’involontario assassinio del fratello Manuele, fatto uccidere per errore in una squallida faccenda di tradimenti. Episodio che condusse alla morte, per il doloroso colpo ricevuto, il padre, Michele IX. Fatto sta che, in quel fatale 1320, l’anziano Andronico II diseredò il nipote, escludendolo dalla successione, e provocandone la ribellione. Nella realtà il giovane Andronico non faceva altro che porsi a capo di un movimento teso a cavalcare l’onda di malcontento verso il potere centrale, dovuta alla fortissima crisi economica, al crollo del potere centrale, all’impotenza militare e, non ultimo, alle forti imposizioni fiscali necessarie a provvedere al pagamento dei debiti e dei tributi ed ai progetti imperiali per restituire all’Impero un esercito ed una flotta. Al giovane ribelle si affiancarono molti grandi latifondisti aristocratici della Macedonia e della Tracia, tra cui primeggiavano Giovanni Cantacuzeno, Sirgianni, Teodoro Sinadeno, Alessio Apocauco, ed insieme marciarono sulla Capitale, facendo leva sulla popolazione, in particolare sui contadini, con istanze populiste. Andronico II preferì cedere e prender tempo, così nella Pasqua del 1321 affidò al nipote la Tracia e la Macedonia, tenendo per sé il resto, e soprattutto Costantinopoli. Ovviamente questa mostruosità giuridica non poteva durare, e l’anno dopo il conflitto si riaprì, per richiudersi con la promessa da parte del vecchio Andronico II della corona imperiale, ed infatti nel febbraio del 1325 Andronico III veniva incoronato coimperatore. Poco dopo egli si sarebbe sposato con Anna, figlia del conte Amedeo V di Savoia.
Questa pace armata ovviamente non poteva far bene all’Impero diviso, preda di Genovesi, Veneziani, Serbi, Bulgari e Turchi. E proprio i Turchi Ottomani assestarono al collassato Impero un durissimo colpo entrando in Brussa, in Asia Minore, il 6 aprile del 1326, dopo quasi vent’anni di blocco. Episodi come questo e come la volontà di Tessalonica di darsi ai Serbi convinsero Andronico III, al quale era stato proibito dal nonno l’intervento in favore di Brussa, che il momento era giunto, e nella primavera del 1327 scoppiò nuovamente la guerra civile, questa volta allargata alle potenze straniere. Il giovane si accaparrò l’aiuto dei Serbi, il vecchio dei Bulgari, ma il sorgere di conflitti tra le potenze straniere stesse e l’appoggio dichiarato di Tessalonica, seconda città dell’Impero, al giovane coimperatore decisero il conflitto: già proclamatosi autocrate unico a Tessalonica, Andronico III il 24 maggio del 1328 entrò in una Costantinopoli affamata da un blocco navale veneziano contro i genovesi di Galata, costrinse il nonno ad abdicare e si fece incoronare Imperatore unico.

Imperatore unico

Nonostante i suoi timori, Andronico II poté vivere e un paio d’anni dopo, nel 1330, si ritirò a vita monastica con il nome di Antonio, per poi morire nel febbraio del 1332. Il nipote si trovò tra le mani la corona d’un territorio desolato e al collasso, ma aveva forza e costanza, e soprattutto un amico e collaboratore come Giovanni Cantacuzeno, nominato megas domestikos .
I due si misero subito all’opera. Utilizzando anche mezzi finanziari privati, tentarono la ricostruzione d’una flotta e l’approntamento d’un esercito, quindi misero mano ad una vera riforma delle istituzioni giudiziarie, resa necessaria dalla corruzione imperante, dall’inefficienza delle strutture e dal fatto che le istituzioni stesse risalivano ormai a Manuele Comneno. Già Andronico II aveva costituito un collegio di dodici giudici, ma Andronico III istituì un collegio supremo di quattro Giudici supremi dei Romani, itineranti, con giurisdizione sull’intero Impero e con il potere dell’inappellabilità. Due di essi erano laici e due erano ecclesiastici, e con il tempo, vista l’impossibilità di potersi riunire al completo, venne deciso che potesse essere vincolante il parere d’uno solo dei giudici. Più avanti ai quattro giudici vennero affiancati altri magistrati per la Morea, Tessalonica e Lemno. Ovviamente tale innovazione non fu sufficiente a risolvere i problemi della giustizia romea, ma il sistema durò fino alla fine dell’Impero e sancì la presenza ufficiale della Chiesa ortodossa nella amministrazione della giustizia, tanto che il primo Patriarca ortodosso della Costantinopoli turca fu proprio un Giudice supremo dei Romani, come nota André Guillou.

Nel contempo l’Imperatore affrontava i numerosi problemi alle frontiere. Con il preciso scopo di recare sollievo a Nicea, stretta in una morsa, e di intimorire il nemico, ad est attaccò i Turchi di Orkhan, dopo essersi assicurato le spalle con un trattato con i Bulgari in funzione anti-serba e con abboccamenti con i Turchi di Ghermian e con i Carasidi, ma ai primi di giugno del 1329 i duemila soldati pesantemente armati di Bisanzio vennero fermati a Pelecano dagli ottomila cavalieri di Orkhan, ed i Romei si ritirarono in disordine non appena giunta la notizia che Andronico era stato ferito. La sconfitta, reiterata il giorno dopo in un altro scontro presso Filocrene, a poca distanza, non fu disastrosa, ma sancì la fine dei tentativi di riscossa romea: un paio d’anni dopo, il 2 marzo del 1331, Nicea cadeva nelle mani dell’emiro ottomano per fame. Persa ogni illusione di bloccare l’avanzata ottomana via terra, l’imperatore ed il megas domestikos tentarono quantomeno di fermarla sul mare, tanto più che la pirateria ottomana era allarmante, e, rafforzata dall’alleanza con gli emirati selgiuchidi della costa dell’Asia Minore, in particolare con Umur, emiro di Aydin, la flotta romea s’impadronì nuovamente dell’Egeo. L’obiettivo era anche quello di liberarsi della soffocante presenza di Genova. Nel 1329 Bisanzio strappò alla famiglia genovese dei Zaccaria Chio, quindi Focea e liberò Lesbo dall’assedio d’una flotta genovese. Meno efficaci si rivelarono le operazioni d’appoggio romee alla Lega cristiana antiturca che, nel frattempo, papa Giovanni XXII da Avignone aveva promosso, e che prevedeva anche l’apporto dei Cavalieri di Rodi, di Cipro, della Francia e di Venezia, poiché tale crociata si sciolse ben presto.
I maggiori risultati comunque l’attivismo di Andronico III li conseguì in Europa che, al momento, offriva maggiori possibilità di espansione, rispetto all’Asia minore. Siglati accordi di pace nel 1334 con i Bulgari e con Stefano Dušan di Serbia, che precedentemente era penetrato in Macedonia giungendo fin sotto Tessalonica, il basileus occupò l’intera Tessaglia, approfittando dei disordini seguiti alla morte del suo governatore, Stefano Melisseno, e costrinse alla fedeltà le tribù albanesi dell’area. Quindi, nel 1337, rispondendo all’appello di Anna, vedova dell’appena ucciso despota Giovanni, e del figlio Niceforo II, Andronico ed il Cantacuzeno invasero l’Epiro e lo annessero all’Impero, insediando quale governatore il protostrator Sinadeno, invece degli ultimi dinasti: gli ultimi ricordi del 1204 sparivano, e pressoché l’intera penisola balcanica ritornava romana. Un tentativo di rivolta in Epiro, promossa dal pretendente Niceforo II e dagli Angioini venne repressa dal basileus in persona nel 1340: Sinadeno venne spostato a Tessalonica, ed in Epiro fu insediato Giovanni Angelo.
Il ritorno a Costantinopoli fu trionfale, e le prospettive parevano davvero notevoli: l’avanzata romea nella penisola balcanica aveva colpito molti, in particolar modo i residui signori franchi del Peloponneso, disposti a giurare fedeltà a Costantinopoli. Purtroppo la salute dell’Imperatore era ormai minata e, dopo breve malattia, nella notte tra il 15 ed il 16 di giugno del 1341 Andronico III spirò. L’erede era un bambino di poco più di nove anni: l’Impero entrava nel caos.

Il regno di Andronico III, può essere curioso ricordare, fu anche testimone d’una visita illustre, quella del celebre viaggiatore marocchino Ibn Battuta che nella sua Rihla racconta d’aver accompagnato a Costantinopoli, tra il 1332 ed il 1334, una figlia del basileus, sposata al Khan mongolo Ozbeg e chiamata con il suo nome mongolo di Bayalun, in visita al padre. Il narratore racconta con meraviglia della grandezza e delle bellezze della Città, e di come sia stato ricevuto da Andronico III stesso, che gli avrebbe chiesto dei santuari cristiani in Levante e gli avrebbe fatto dono d’una toga onorifica.

Bibliografia essenziale :

Guillou A., L’Impero bizantino, Torino, UTET
Dunn Ross E., Gli straordinari viaggi di Ibn Battuta, Milano, Garzanti

autore: SERGIO BERRUTI

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Di Nicola

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