Prologo, la battaglia di Manzikert

La battaglia di Manzikert avvenuta nel 1071 sancì la perdita della parte orientale dell’impero a favore dei Turchi Selgiuchidi. Quasi tutte le forze militari disponibili erano state utilizzate in quel frangente, tanto che due fonti coeve parlano di ben 300mila uomini, altre di 200mila, altre ancora di 400mila e 600mila. Matteo di Edessa afferma addirittura che fossero più di un 1milione di persone. Le fonti mussulmane, soprattutto Imad ad-Din, ricordano un esercito variegato formato da ogni etnia: infatti vi erano contingenti di russi, cazari alani, uzi, cumani etc. Gli indigeni, invece, sembra provenissero da molte province occidentali e da quasi tutte quelle orientali, soprattutto i temutissimi anatolici, formando così il nerbo dell’esercito imperiale. Inoltre vi era un contingente al seguito dell’imperatore composto da truppe variaghe e cavalleria del Tagmata.

Gran parte del seguito era formato da ingegneri, lavoratori, servi, aumentando così l’immensa mole di uomini in marcia e avvicinandosi verosimilmente alle cifre descritte sopra. E’ credibile che l’esercito effettivo potesse contare su meno di 100mila uomini, che per un esercito medievale, era comunque qualcosa di impressionante. Romano IV Diogene che guidò la spedizione contro l’invasione turca di Alp Arslan, perse la battaglia con quasi tutto l’esercito ed egli stesso finì prigioniero dei nemici. Michele Psello, storico dell’epoca, sebbene non scevro da critiche verso l’Imperatore, scrisse:

Si bardò dunque della completa armatura stratiotica snudò la spada contro i nemici; e, come ho udito dire da molti, di quanti gli si paravano dinnanzi parecchi uccise e gli altri costrinse alla ritirata. Ma poi, quando quelli che tiravano contro di lui riconobbero chi era, i loro colpi lo incalzarono tutt’intorno ed egli cadde da cavallo, colpito, e poi fu fato prigioniero, e l’imperatore dei Romani fu trascinato in ceppi al comando nemico e il nostro esercito si dissolse. E fu solo una minoranza a trovar scampo, mentre del grosso dei soldati parte vennero presi prigionieri e parte furono fatti carne da macello.

La riforma Comnena dopo il disastro

Alla fine di questa battaglia gran parte dell’esercito di Bisanzio si sgretolò e permise al sultano selgiuchide di conquistare quasi tutto l’oriente bizantino. Nicea divenne la capitale del nuovo regno mussulmano. Le lotte per il potere successivo a questa disfatta furono aspre e coinvolsero la aristocrazia militare capitanata dalla nascente famiglia dei Comneni, e quella burocratica, residente principalmente nella capitale, guidata dai Dukas. Si arrivò ad un compromesso nella figura di un giovane generale:

poiché l’Imperatore notò che Alessio era tenuto in alta reputazione da tutti nonostante fosse ancora quasi imberbe, lo nominò Generale in capo dell’Occidente e lo onorò al rango di Proedros

Una volta arrivato al potere Alessio dovette arginare questo problema ed intervenire energicamente sulla questione militare. Essendo egli stesso proveniente dalla famiglia aristocratica più abile nell’arte guerresca riorganizzò dal fondo la struttura dell’esercito, istituendo la pronoia. Questa nuova struttura si basava sulla concessione di parti di territorio di demanio imperiale agli ufficiali dell’esercito che ricevevano appezzamenti di terra al posto del compenso in denaro. Il contratto prevedeva che per tutta la durata della vita del nuovo signore i paroikoi dovessero essere a sua disposizione, e nel caso di guerra, sarebbero dovuti essere armati e addestrati a spese del Pronoiario. Questo permetteva una drastica riduzione delle spese militari, ora in carico ai signori dei Pronoia, e allo stesso tempo una ricostruzione dell’esercito su base indigena. La differenza rispetto al passato fu la base sociale, un tempo i soldati erano quasi tutti reclutati tra i contadini o tra i piccoli proprietari terrieri, ora il nobile si costruiva a proprie spese il suo esercito che poi sarebbe sceso in battaglia a fianco dell’Imperatore. Molti hanno pensato, tra cui il desueto Ostrogorsky, che l’istituzione della pronoia avesse portato l’Impero Romano nel sistema feudale tipico del mondo latino occidentale. Kazhdan ha dimostrato invece che fu l’evoluzione tipica del periodo e specialmente che permise all’Impero di vivere e prosperare anche per molto tempo.

Il pronoiaros doveva prestare servizio militare a cavallo, vestire armatura pesante, ed addestrare o assoldare un numero di soldati in proporzione all’ampiezza del proprio possedimento, avendo, secondo contratto, anche l’obbligo di inquadramento della popolazione. L’atto del pronoia avveniva tramite una concessione della cancelleria imperiale, direttamente per mano dello stesso Basileus, non era ereditario, non era alienabile, e tutte le possibili ulteriori concessioni, erano legate alla sola persona che riceveva questo dono. Con questa sistema l’esercito imperiale fu ricostruito nella sua ossatura, anche grazie a robusti inserimenti di mercenari occidentali e turchi. La forza militare che poté scatenare successivamente Alessio contro i Normanni, e suo figlio Giovanni contro i turchi in Asia Minore, dimostrò quanto questo sistema fosse utile. Nel periodo di Manuele, la riforma entrò a regime, tanto che supportò l’intera campagna militare in grande stile imposta dal giovane sovrano.

(continua)

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Di Nicola

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